
29 aprile 2025
a cura di Martina Rossi
Il TAR Lazio-Roma, sez. I, con la sentenza n. 3410/2025 si è pronunciato su un caso rientrante nell’ambito della tutela dei consumatori e delle pratiche commerciali ingannevoli, con riferimento alla pubblicità delle strutture termali e al loro utilizzo illecito dei termini “terme” e “spa (salus per aquam)”. In particolare, la controversia nasce dalla segnalazione presentata da Terme di Sirmione, con il successivo intervento ad adiuvandum di Federterme, all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), riguardante l’utilizzo di questi termini da parte di QC Terme. Il TAR Lazio ha accolto il ricorso presentato da Terme di Sirmione contro il provvedimento di archiviazione adottato dall’AGCM, evidenziando un difetto di istruttoria e motivazione da parte dell’Autorità.
La controversia ha avuto origine dalla segnalazione presentata da Terme e Grandi Alberghi di Sirmione s.p.a., la quale ha denunciato l’utilizzo improprio dei termini “terme” e “Spa” da parte del gruppo QC Terme in relazione a strutture prive di acque termali, ritenute dal ricorrente in grado di creare confusione e inganno nei consumatori. In particolare, le strutture “QC Termegarda”, “QC TermeRoma” e “QC Terme San Pellegrino” erano oggetto di contestazione, in quanto commercializzate con la denominazione “terme” nonostante non utilizzassero acque termali. Pertanto, secondo il ricorrente vi sarebbe un’attività che violerebbe le disposizioni di cui alla legge n. 323/2000 che disciplina la materia delle acque termali e della loro utilizzazione a fini terapeutici. In particolare, la segnalazione faceva riferimento all’uso del marchio “QC Terme” anche per strutture che non offrivano cure termali, ma semplici servizi di benessere. Nonostante un precedente intervento dell’AGCM (procedimento PS11554 del 2019), che aveva invitato QC Terme a rimuovere i profili di ingannevolezza, le pratiche contestate persistevano, sollevando nuovamente preoccupazioni da parte delle aziende termali.
Terme di Sirmione ha chiesto l’intervento dell’AGCM, ritenendo che l’utilizzo di tali termini da parte di QC Terme configurasse una pratica commerciale ingannevole in violazione dell’art. 20 del Codice del Consumo (d.lgs. n. 206/2005), che vieta la diffusione di pubblicità ingannevoli e pregiudizievoli per i consumatori. La segnalazione è stata successivamente integrata da Federterme, l’associazione nazionale delle aziende termali. Tuttavia, l’Autorità Garante ha deciso di archiviare la segnalazione, ritenendo che non fossero emersi elementi sufficienti per avviare un procedimento istruttorio.
Il provvedimento di archiviazione emesso dall’AGCM ha avuto come motivazione principale l’insufficienza di elementi idonei a giustificare l’avvio di un’istruttoria. In particolare, l’AGCM ha sottolineato che le strutture in questione fossero correttamente pubblicizzate nella sezione “centri benessere” del loro sito web, distinta e separata dalla sezione “centri termali”. Inolte nelle comunicazioni ufficiali non si faceva riferimento alla presenza di acque termali. Di conseguenza, l’Autorità ha ritenuto che non vi fosse ingannevolezza nella pubblicità di QC Terme, né danno per i consumatori. L’archiviazione è stata dunque motivata dalla mancanza di evidenti violazioni della normativa in materia di concorrenza e di tutela dei consumatori.
Nell’impugnare la decisione dell’AGCM, Terme di Sirmione ha proposto due motivi di ricorso. In primo luogo, è stata sollevata una censura sulla motivazione insufficiente del provvedimento di archiviazione, ritenendo che l’Autorità non avesse adeguatamente approfondito le implicazioni ingannevoli dell’utilizzo dei termini “terme” e “spa” da parte di QC Terme. In particolare, la ricorrente ha argomentato che il semplice uso della parola “terme” nelle denominazioni delle strutture avrebbe potuto indurre i consumatori a ritenere che tali centri offrissero trattamenti termali, creando confusione e lesione della concorrenza nel settore.
In secondo luogo, è stata formulata una censura relativa alla selezione parziale della struttura oggetto di analisi da parte dell’AGCM. La ricorrente ha sostenuto che l’Autorità avesse concentrato la sua indagine unicamente su “QC Termegarda”, senza considerare l’effetto cumulativo dell’utilizzo ingannevole del termine “terme” su tutte le strutture commercializzate dal gruppo QC Terme, incluse le altre che utilizzano la medesima terminologia, come nel caso di “QC Terme Roma”.
Il TAR Lazio, nell’esaminare il ricorso, ha accolto le censure formulate da Terme di Sirmione, annullando il provvedimento di archiviazione dell’AGCM. In particolare, il Tribunale ha evidenziato che l’Autorità non avesse esercitato correttamente il proprio potere discrezionale, non motivando adeguatamente la sua decisione di archiviare la segnalazione.
Il TAR ha rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’AGCM, l’utilizzo del termine “terme” nelle denominazioni delle strutture di QC Terme poteva effettivamente configurare una violazione del Codice del Consumo, in quanto suscettibile di indurre il pubblico in errore circa la natura e le caratteristiche dei servizi offerti. La sentenza ha sottolineato che l’inganno per i consumatori derivava non solo dal nome delle strutture, ma anche dalla percezione che queste ultime potessero essere centri termali, pur non utilizzando acque termali, ingenerando una convinzione oggettiva nel consumatore.
Inoltre, il Tribunale ha ricordato che la normativa in materia di acque termali, sancita dalla legge 323/2000, limita l’uso del termine “terme” esclusivamente agli stabilimenti che utilizzano acque termali per trattamenti terapeutici. L’uso del termine “terme” in un contesto commerciale che non rispecchia tale caratteristica può dunque risultare ingannevole.
Un punto cruciale della sentenza riguarda la scelta di avvio del procedimento istruttorio a seguito di una segnalazione. Come previsto dal Codice del Consumo e dalla normativa antitrust, l’AGCM ha ampi poteri discrezionali nel decidere se avviare un procedimento istruttorio. Questo potere discrezionale si distingue dall’indagine penale, in cui l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio in presenza di una notizia di reato. L’AGCM, infatti, non è vincolata a intraprendere un procedimento ogni volta che riceve una segnalazione, ma deve valutare, caso per caso, se le circostanze giustifichino un approfondimento.
In questo caso, tuttavia, il TAR ha giudicato che l’Autorità non abbia esercitato correttamente questo potere discrezionale, omettendo di avviare un’istruttoria adeguata alla luce delle evidenti implicazioni ingannevoli derivanti dall’uso dei termini “terme” e “spa” da parte di QC Terme. Il Tribunale ha pertanto annullato il provvedimento di archiviazione, ritenendo che l’Autorità avrebbe dovuto approfondire la questione, anche alla luce della normativa specifica che regolamenta l’uso del termine “terme”.
La decisione del TAR Lazio ribadisce l’importanza di una corretta applicazione delle normative in materia di concorrenza e protezione dei consumatori. La sentenza evidenzia, altresì, la necessità di un’istruttoria adeguata da parte dell’AGCM, il cui potere discrezionale nell’avviare i procedimenti deve essere esercitato con attenzione e giustificato adeguatamente, specialmente in presenza di potenziali violazioni che pregiudicano la corretta informazione e la concorrenza.
Inoltre, si segnala che la società QC Terme ha tempestivamente proposto appello avverso la sentenza del TAR del Lazio, iscritto al numero di registro generale (n.r.g.) 2025/02465. Pertanto, la questione risulta essere ancora pendente e sottoposta a revisione da parte del Consiglio di Stato, con la necessità di monitorare attentamente gli sviluppi processuali al fine di valutare l’esito definitivo della controversia, in considerazione delle eventuali implicazioni giuridiche che potrebbero derivare dalla pronuncia dell’organo superiore.