17 marzo 2025
Indice:
- La fusione Ita-Lufthansa va in porto: si scioglie il nodo su Linate a cura di Alessandro Nacci
- La programmazione e la progettazione delle infrastrutture strategiche dopo il correttivo al Codice dei contratti pubblici a cura di Michele Sangiovanni
- “AML package”: la vigilanza diretta e indiretta della nuova autorità indipendente a cura di Veronica Mazzillo
- La Commissione avvia le consultazioni sugli orientamenti previsti dal Regolamento FSR a cura di Riccardo Zinnai
- I termini dei procedimenti delle autorità indipendenti: le novità tra CGUE e contrasti giurisprudenziali a cura di Carlo Maria Fenucciu
- I primi sei mesi dell’amministrazione Trump a cura di Filippo Buzi
- L’intelligenza artificiale nell’esecuzione di un appalto. Un primo caso applicativo al vaglio del T.A.R. Lazio a cura di Linda Sanson
- La fusione Ita-Lufthansa va in porto: si scioglie il nodo su Linate a cura di Alessandro Nacci
Si è conclusa lo scorso 17 gennaio la lunga vicenda legata alla fusione tra ITA Airways e Lufthansa avente ad oggetto l’acquisizione da parte dell’aerolinea tedesca di una partecipazione di minoranza pari al 41% nella compagnia italiana, prima di proprietà esclusiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Nell’operazione di fusione, una delle principali obiezioni, indicate dalla Commissione UE nel suo Statement of objections riguardava l’eccessivo peso che le due compagnie avrebbero avuto nello scalo cittadino milanese, da sempre punto di riferimento per la clientela business in partenza e in arrivo nel capoluogo meneghino. La principale preoccupazione della Commissione era infatti quella che, a seguito della fusione tra i due vettori, si sarebbe creata una situazione di parziale monopolio nello scalo, con conseguenti aumenti dei prezzi e con un possibile peggioramento dei servizi offerti.
Da un punto di vista normativo l’operazione tra i due vettori può essere analizzata nell’ambito della disciplina delle concentrazioni di cui all’art. 101 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea e non è arduo ritenere che, senza adeguate misure correttive, come quelle richieste dalla Commissione, gli ulteriori risvolti avrebbero riguardato una situazione di vero e proprio abuso di posizione dominante da parte dei due vettori.
Ciò che è importante ricordare a riguardo è che, a differenza di altri aeroporti per i quali l’obiezione avrebbe potuto essere quella della possibilità di ulteriori voli da parte di altri operatori aerei, l’aeroporto di Milano-Linate “Enrico Forlanini” risulta attualmente saturo, non essendovi ulteriori slot disponibili per la movimentazione dei velivoli. Per “slot”, infatti, si intende la cd. “banda oraria” in cui ad un determinato vettore è concesso usufruire di tutti i servizi offerti dalle strutture aeroportuali, trattandosi sostanzialmente dei diritti di atterraggio e decollo.
Per scongiurare il pericolo prospettato dalla Commissione, il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva ottenuto la possibilità di fornire spiegazioni e soluzioni al problema entro lo scorso 26 aprile e – anche se a seguito di alcune frizioni con il futuro partner tedesco – ha inviato quanto necessario alla Commissione. A seguito di ulteriori trattative e attriti tra il management di ITA e Lufthansa e con la Direzione Generale per la Concorrenza presso la Commissione Europea, la fusione è stata definitivamente approvata lo scorso novembre.
Gli impegni sottoscritti dai due vettori e dal Mef al fine di ricevere l’approvazione da parte dell’Antitrust UE sono stati diversi e vengono enucleati in una decisione della Commissione adottata sulla base del Regolamento 139/2004 e datata al 03/07/2024, messo a disposizione del pubblico dalla Direzione Generale per la Concorrenza della Commissione attraverso il proprio sito web. A pagina 509 sonoevidenziati i cd. remedies sottoscritti dalle parti riguardo il problema degli slot dell’aeroporto di Linate. In particolare, è stato disposto il rilascio di circa 30 slot giornalieri per permettere a compagnie rivali di poter avviare connessioni capaci di competere con la nuova joint venture italo-tedesca. Successivamente al rilascio degli slot, la compagnia ritenuta idonea dalla Commissione a subentrare nel loro possesso è stata la britannica easyJet, la quale ha già confermato l’avvio del posizionamento di almeno 6 aeromobili nello scalo milanese, riservandosi però la possibilità di noleggiare da ITA 2 o 3 velivoli e il relativo personale (in cosiddetto wetlease) per almeno un anno.
È difficile ritenere che questa misura, se non accompagnata da più importanti azioni di tipo strutturale, sia in grado di stimolare una vera e duratura concorrenza nello scalo di Linate, tenendo conto soprattutto della particolare clientela che a quest’aeroporto si rivolge – quella business si intende – e del fatto che easyJet ha già la sua principale base operativa nell’Europa continentale presso l’aeroporto di Milano Malpensa. Tuttavia, sembra che la Commissione abbia considerato easyJet come più idonea a rilevare gli slot rispetto alla competitor Volotea per via delle sue dimensioni e della sua politica particolarmente aggressiva in tema di espansione del network, garantendo così una maggiore possibilità di attenuazione delle conseguenze derivanti dalla fusione ITA-Lufthansa.
2. La programmazione e la progettazione delle infrastrutture strategiche dopo il correttivo al Codice dei contratti pubblici a cura di Michele Sangiovanni
Trascorso più di un anno dalla data di entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, il Governo ha ritenuto di avvalersi della facoltà prevista dal comma 4 dell’articolo 1 della legge delega n.78/2022. In virtù di quest’ultima il Governo è stato autorizzato ad apportare – entro due anni dalla data in vigore del Codice – le correzioni e integrazioni resesi necessarie dalla pratica applicazione del medesimo, nel rispetto dei principi e criteri contenuti nella delega.
In tale ottica, il decreto legislativo n.209/2024 (c.d. correttivo) mira a perfezionare l’impianto normativo del Codice, con lo scopo di migliorarne l’omogeneità, la chiarezza e l’adeguatezza, così da promuovere efficacemente il principio del risultato e della fiducia tra pubbliche amministrazioni ed operatori economici. Il decreto, infatti, punta alla rimozione degli ostacoli registrati in sede di applicazione ed evidenziati dagli stakeholders, dalla Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e dalla giurisprudenza amministrativa.
In tema di programmazione e progettazione, l’art. 39 del Codice dei contratti pubblici disciplina le procedure di pianificazione, programmazione e progettazione delle infrastrutture strategiche la cui realizzazione riveste carattere di urgenza e di preminente interesse nazionale ai fini della modernizzazione e dello sviluppo della Nazione.
La questione è dirimente essendosi nel tempo susseguiti documenti e programmi che, con scarso successo, hanno tentato di individuare strumenti idonei di programmazione e progettazione, nonché di conciliare la semplificazione e l’accelerazione delle procedure amministrative con l’equilibrio finanziario. Un esempio è la legge 21 dicembre 2001, n.443 (la c.d. “Legge obiettivo”), inserita nel “Programma infrastrutture strategico” (PIS), che prevedeva una procedura di approvazione e attuazione accelerata per le opere in questione, oltre allo stanziamento di risorse pubbliche tramite delibera dell’allora Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Tuttavia, l’assenza di confini normativi della nozione di infrastruttura strategica e di criteri per valutare l’utilità del progetto ha portato l’ampliarsi incontrollato delle opere prioritarie, molte delle quali rimaste incompiute, con incremento della spesa pubblica.
Da ultimo, il nuovo Codice dei contratti pubblici ha cercato di superare tali ostacoli affidando tale compito al Documento di Economia e Finanza (DEF), sulla base del sistema dei Multi-criteri.
Il Governo qualifica una infrastruttura come strategica e di preminente interesse nazionale con delibera del Consiglio dei ministri, in considerazione di:
- rendimento infrastrutturale;
- costi;
- obiettivi;
- tempi di realizzazione dell’opera
La qualificazione avviene su proposta dei ministri competenti, sentite le regioni interessate, oppure su proposta delle regioni al Governo, sentiti i ministri competenti. L’elenco delle infrastrutture viene poi inserito nel Documento di Economia e Finanza, indicando i criteri stabiliti dall’art. 39 del suddetto Codice e utilizzati dall’esecutivo per qualificare un’infrastruttura come strategica.
L’allegato al Documento di Economia e Finanza 2024, presentato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, definisce la metodologia di selezione delle infrastrutture strategiche e specifica che il “rendimento atteso dell’opera” debba essere declinato seguendo i c.d. “Multi-criteri”:
1) Sviluppo infrastrutturale del Paese, valutato in termini di fattibilità, coerenza con le strategie nazionali, sinergia con altri progetti e investimenti, e potenziamento di infrastrutture esistenti;
2) Riequilibrio socio-economico tra le aree del territorio nazionale, con attenzione al bilanciamento tra domanda e offerta, riequilibro sociale e agli impatti generati sulla crescita economica locale e delle imprese;
3) Sostenibilità ambientale, con l’obiettivo di minimizzare l’impatto delle infrastrutture sull’ambiente e massimizzare al contempo i benefici;
4) Garanzia della sicurezza strategica in ottica della capacità dell’opera di contribuire ad una rete di trasporto sicura e performante anche sotto condizioni emergenziali e di uno schema idrico efficiente e resiliente anche in condizioni di crisi idriche;
5) Contenimento dei costi di approvvigionamento energetico, attraverso un’analisi dell’efficienza dell’approvvigionamento stesso;
6) Adeguamento della strategia nazionale a quella della rete europea delle infrastrutture, con particolare riferimento alla realizzazione delle TENT-T (Trans-European Network-Trasport) e all’allineamento con altre direttive europee.
La metodologia di selezione delle infrastrutture strategiche, basata sul modello dei Multi-Criteri, supera il classico approccio costi/benefici e consente di valutare l’allineamento di un progetto con un panorama diversificato di obiettivi, anche potenzialmente confliggenti.
Nella realtà, infatti, è difficile individuare progetti che consentano di massimizzare simultaneamente tutti gli obiettivi. Il metodo dei Multi-Criteri, pertanto, abbandona l’idea di individuare la soluzione migliore in termini assoluti e si concentra, al contrario, sulla ricerca della soluzione di miglior compromesso tra i diversi obiettivi, ossia quella più vicina possibile al valore ottimale. Differentemente dall’analisi costi/benefici, il metodo dei Multi-Criteri impone di stabilire preventivamente gli obiettivi che il decisore politico intende perseguire e i relativi criteri di valutazione. La soluzione progettuale sarà quella che meglio si avvicina all’ottimale.
Rispetto a tale quadro, il decreto correttivo ha modificato il co. 3 dell’art. 39, aggiornando la denominazione del precedente DEF in un nuovo documento di programmazione: il c.d. Documento di programmazione delle infrastrutture strategiche (DPIS). Quest’ultimo, in continuità con la previgente formulazione e nel rispetto delle ripartizioni di competenze, viene predisposto dal MIT e dalla Struttura Tecnica di Missione.
La competenza in questione è attribuita dai DPCM n. 186/2023 e n. 198/2023, che disciplinano l’organizzazione del MIT, confermando il ruolo centrale di quest’ultimo nella pianificazione e programmazione delle infrastrutture. La Struttura Tecnica di Missione all’interno del MIT si occupa, invece, dell’indirizzo strategico e dello sviluppo infrastrutturale.
Il decreto correttivo ha inoltre modificato il co. 9 e introdotto il co. 9-bis dell’art. 39.
Il co.9 affida l’attività di monitoraggio delle infrastrutture e la prevenzione delle infiltrazioni mafiose a un Comitato di coordinamento, presieduto da un Prefetto e istituito presso il Ministero dell’interno, secondo procedure approvate con delibera CIPESS, su proposta del medesimo Comitato di coordinamento. Si tratta del Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari (CCASIIP), istituito dall’art. 203, co.1, del d.lgs. n. 50/2016 e ora confluito nel nuovo articolo.
Il nuovo co. 9-bis attribuisce al Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della Giustizia e con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il compito di individuare con decreto le modalità di funzionamento e la composizione del Comitato. In attesa dell’adozione del decreto in questione, continuano ad applicarsi le disposizioni del decreto del Ministero dell’Interno del 21 marzo 2017. In base all’art. 3 di quest’ultimo, il CCASIIP è chiamato a svolgere le funzioni di:
- Promozione analisi dati e informazioni rilevanti per il monitoraggio delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari,
- Predisposizione delle linee guida per i controlli antimafia sui contratti pubblici relativi alle infrastrutture e agli insediamenti prioritari,
- Supporto consultivo e pareri tecnici, su richiesta del Ministero dell’Interno o di altre amministrazioni statali,
- Analizza le segnalazioni relative ad anomalie riscontrate durante il monitoraggio antimafia.
Lo sviluppo infrastrutturale ha costituito per il nostro Paese un fattore fondamentale e, come anticipato da Massimo Severo Giannini, esso ha oggi assunto dimensioni enormi in termini qualitativi e quantitativi. Per tali ragioni, la programmazione e la progettazione infrastrutturale si sono dimostrate cruciali per il rispetto dei tempi di realizzazione delle opere e per la sostenibilità della spesa pubblica. A ciò si aggiunga che gli obiettivi di sviluppo non possono essere ottenuti senza un corretto e pregnante monitoraggio pubblico e un coordinamento tra tutti gli attori in gioco. Il nuovo codice dei contratti pubblici, con le modifiche apportate dal decreto correttivo, cerca di rispondere a queste esigenze. Il nuovo documento di programmazione delle infrastrutture strategiche (DPIS) e il monitoraggio effettuato dal CCASIIP, in aggiunta alla metodologia di selezione delle opere disposta dall’allegato al DEF 2024, potrebbero infatti consentire di arginare i problemi relativi agli incrementi imprevisti della spesa pubblica discendenti da un ampliamento incontrollato della lista di opere prioritarie.
3. “AML package”: la vigilanza diretta e indiretta della nuova autorità indipendente a cura di Veronica Mazzillo
Il 30 maggio il Consiglio Europeo ha adottato un nuovo pacchetto normativo in tema di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo (“AML Package”) che rafforza, innova e coordina la precedente normativa, istituendo una nuova agenzia europea, l’Authority for anti-money laundering and countering the Financing of Terrorism (AMLA). Nel dettaglio, il c.d. AML Package si suddivide:
- La VI direttiva antiriciclaggio (Dir. UE 2024/1640), che determina le linee guida e i meccanismi che dovranno essere recepiti dai singoli stati membri al fine di ostacolare un uso improprio del sistema finanziario per scopi di riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo. La normativa modifica la precedente Direttiva UE 2019/1937 e abrogando contestualmente la Direttiva UE 2015/849.
- Il Reg. UE 2024/1624, c.d. “Single Rulebook”, che delinea un corpus unitario di norme in tema di contrasto al riciclaggio nel settore privato, con disposizioni direttamente applicabili in tema di due diligence sulla gestione della clientela, la trasparenza e l’utilizzo di strumenti anonimi, come i cripto-asset, nonché sulle piattaforme di crowdfunding.
- Il Reg. UE 2024/1620, che istituisce la nuova agenzia europea, con sede a Francoforte, che sarà attiva a partire dal 1° luglio 2025.
L’autorità è stata istituita allo scopo di rendere effettivi gli obbiettivi europei in tema di riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo, agendo quale supervisore e coordinatore delle autorità nazionali competenti (“Financial Intelligence Unit”), nonché avrà il compito di gestire l’impianto sanzionatorio nei confronti dei soggetti obbligati, potendo irrogare direttamente sanzioni o richiedendo indirettamente alle autorità di vigilanza direttamente responsabili di provvedervi. L’obiettivo europeo è quella di riuscire a costituire un sistema coordinato e cooperativo tra le varie autorità nazionali, diretto a incentivare le best practies in materia AML/CFT (“Anti Money Laundering/Counter Terrorism Financing”).
La proiezione della normativa europea 2024/1620 è dunque quella di porre le redini del coordinamento delle diverse FIU nazionali nelle mani della neoistituita agenzia, al fine di rendere cooperative tra loro le singole parti di un più ampio sistema di supervisione in materia di AML/CFT. AMLA dovrà quindi occuparsi di rendere effettiva la cooperazione tra gli enti nazionali, nonché garantire il funzionamento del sistema, senza sostituirsi ad essi, salvo per un numero determinato di operazioni finanziarie transfrontaliere ad alto rischio, in tema di riciclaggio e finanziamento al terrorismo, realizzate da categorie circoscritte di soggetti obbligati. In particolare, con riferimento alla citata normativa sezione 4 art.31, viene nel dettaglio scandito in quali termini debba svilupparsi l’attività di coordinamento e agevolazione del lavoro tra gli stati membri e AMLA. La normativa specifica che l’Autorità può:
a) istituire un collegio, se tale collegio non è stato istituito sebbene siano soddisfatte le condizioni pertinenti per la sua istituzione di cui all’articolo 49 della direttiva (UE) 2024/1640, e convocare e organizzare le riunioni di collegi;
b) fornire assistenza nell’organizzazione delle riunioni del collegio, se richiesto dai supervisori del settore finanziario competenti;
c) fornire assistenza nell’organizzazione di piani di supervisione congiunti e di ispezioni in loco o indagini extra loco congiunte;
d) raccogliere e condividere tutte le informazioni pertinenti in collaborazione con i supervisori del settore finanziario, in modo da facilitare i lavori del collegio e rendere tali informazioni accessibili alle autorità del collegio;
e) promuovere attività e prassi di supervisione effettive ed efficaci, ivi compresa la valutazione dei rischi ai quali i soggetti obbligati non selezionati sono o potrebbero essere esposti;
f) supervisionare, conformemente ai compiti e ai poteri specificati nel presente regolamento, i compiti svolti dai supervisori del settore finanziario
In collaborazione con le autorità di vigilanza, AMLA applicherà una metodologia in tema AML/CFT aggiornata e armonizzata che riproduca nel dettaglio un approccio basato sul controllo e sulla sorveglianza dei soggetti obbligati. Tale metodica richiederà alla stessa di realizzare orientamenti, raccomandazioni e pareri, applicando, a secondo dei casi, tutti gli strumenti più idonei a rendere effettivo l’obbiettivo di coordinamento e coerenza del sistema. L’intento principale è di costituire un efficace apparato di vigilanza integrato, che garantisca uno scambio trasparente di informazioni e di assistenza. Fondamentale a tal fine sarà l’istituzione di una banca dati centrale, gestita direttamente da AMLA, che si occuperà che raccoglierà informazioni relative, ad esempio, ad azioni e misure di vigilanza adottate, statistiche, nonché valutazioni di situazioni ad alto rischio di riciclaggio e/o finanziamento al terrorismo. Le informazioni saranno a disposizione di tutte le autorità locali, anche per quelle non direttamente instituite per realizzare un’attività di supervisione in materia. Le stesse potranno infatti, sul presupposto che vi sia un interesse specifico alla base della richiesta, poter avere informazioni raccolte dalla banca dati, relativamente a specifici enti.
Poteri di vigilanza diretta
Più nel dettaglio, con la finalità di elidere la frammentarietà del sistema finanziario europeo, la normativa europea ha dotato AMLA di poteri di vigilanza diretta su un numero individuato di soggetti obbligati che operano, con operazioni ad alto rischio, nel settore finanziario. La vigilanza diretta avverrà con tre diversi metodi applicativi:
- Il primo prevede che la stessa AMLA possa selezionare istituti finanziari attivi in almeno 6 paesi membri e inquadrabili quali soggetti qualificati, dovendo quindi occuparsi di sviluppare una metodologia armonizzata di individuazione di soggetti ad alto rischio in tema AML/CFT. L’elenco sarà aggiornato periodicamente. Il processo di selezione avrà avvio nel 2027 e i soggetti individuati saranno sotto la diretta vigilanza di AMLA entro il 2028. La prospettiva è di selezionare non più di 40 enti.
- Il secondo metodo prevede che la stessa AMLA possa richiedere alla Commissione di assoggettare un soggetto obbligato per un periodo di tempo limitato, indipendentemente dal ricorrere dei criteri di selezione oggettivi.
- Infine, al ricorrere di circostanze eccezionali, le stesse autorità nazionali potranno richiedere il trasferimento della vigilanza sotto il controllo diretto di AMLA. Spetta all’autorità indipendente europea assumere la vigilanza diretta del soggetto obbligato, a seguito della valutazione della richiesta.
L’attività di vigilanza diretta sarà esercitata da gruppi di vigilanza congiunti, guidati da un membro del personale di AMLA ed esperti appartenenti alle singole autorità locali. Potrà agire richiedendo documenti nonché tutte le informazioni necessarie relative a soggetti obbligati selezionati, persone fisiche, persone giuridiche e/o terzi, attraverso cui tali soggetti abbiano esternalizzato funzioni o attività. AMLA quindi sarà autorizzata a svolgere attività di indagine, potendo accedere ed esaminare registri, accedere a database o qualsiasi altro software o strumento elettronico di registrazione delle informazioni. Potrà ottenere l’accesso a documenti e informazioni relative ai processi decisionali, compresi quelli sviluppati attraverso algoritmi o processi digitali. Potrà richiedere spiegazioni orali o scritte nonché interrogare qualsiasi soggetto che acconsenta di essere sentito allo scopo di assumere informazioni. Non è esclusa la possibilità di svolgere ispezioni presso i locali commerciali delle persone fisiche o giuridiche interessate, dovendo preventivamente richiedere autorizzazione giudiziaria, se ciò è richiesto dalla legislazione dello stato membro di riferimento.
In caso di accertamento di una violazione delle norme dell’Unione europea in materia di riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo, da parte di un soggetto obbligato selezionato, ove l’autorità abbia sufficienti prove della violazione nonché nel caso in cui determini che le politiche o le procedure interne adottate dal soggetto non siano coerenti con la normativa europea, è ammessa l’adozione di misure amministrative, le quali comprendono:
- Il potere di ordinare la conformazione alla disciplina nonché l’adozione di misure correttive.
- Il potere di limitare determinate attività o operazioni realizzate dal soggetto.
- Il potere di richiedere modifiche della governance, compreso la rimozione di specifici soggetti.
Oltre all’adozione di misure amministrative, è ammessa la possibilità di erogare sanzioni pecuniare in caso di violazioni gravi, ripetute o sistematiche dei requisiti in materia AML/CFT da parte di soggetti obbligati. Le sanzioni possono arrivare fino a 2 milioni di euro o pari all’11% del fatturato annuo per violazioni gravi, adeguate e modulate in considerazione del sussistere di circostanze aggravanti o attenuanti. Il comitato esecutivo dell’AMLA avrà il potere di adottare sanzioni anche in caso di reiterazione di comportamenti violativi delle misure amministrative o degli obblighi di collaborazione.
La competenza giurisdizionale in merito ad eventuali ricorsi avversi le decisioni dell’autorità verranno vagliati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, la quale avrà il potere di annullare o modificare l’importo della sanzione o penalità di mora irrogata.
Poteri di vigilanza indiretta
Relativamente ai poteri indiretti, la vigilanza dei soggetti obbligati non selezionati rimane a livello nazionale, la responsabilità resta quindi rilegata alla vigilanza esercitata dalle autorità nazionali competenti. Il legislatore dell’UE ha conferito ad AMLA vari poteri di vigilanza indiretta al fine di garantire la coerenza dell’operazione di controllo su tutto il territorio europeo. Tali conferimenti comprendono l’effettuarsi di valutazioni periodiche delle attività, risorse e metodologie realizzate dalle autorità di vigilanza, con piena libertà di scelta circa la selezione degli strumenti adottati soggetti a valutazione. Le valutazioni dovranno essere cicliche, garantendo così la possibilità di sviluppare una metodologia uniforme che permetta un confronto coerente tra le autorità di vigilanza esaminate. AMLA potrà quindi esprimere raccomandazioni e orientamenti, anche individuali, rivolgendoli a singole autorità, le quali dovranno conformarsi. Si occuperà di risolvere eventuali contrasti tra le autorità nel merito delle misure da adottare, potendo esprimere pareri vincolanti, che comprendono anche la possibilità di imporre all’autorità locale di adottare sanzioni o altre misure coercitive nei confronti di un soggetto obbligato non selezionato. A seguito dell’informativa, entro 10 giorni dalla ricezione della notifica, l’autorità locale dovrà comunicare le misure che intende adottare al fine di soddisfare la richiesta dell’autorità indipendente. In caso di inadempimento, con riferimento all’art.32 del regolamento 2024/1620 viene instituito un vero e proprio potere di avocazione. Al punto 5 , se non è dato seguito alla richiesta di cui al paragrafo 2 o non sono fornite informazioni all’Autorità sulle misure adottate o che si intende adottare per soddisfare la richiesta entro dieci giorni lavorativi dalla data di notifica della richiesta, l’Autorità può chiedere alla Commissione di autorizzare il trasferimento temporaneo dei compiti e dei poteri pertinenti di cui all’articolo 5, paragrafo 2, e all’articolo 6, paragrafo 1, relativi alla supervisione diretta del soggetto obbligato non selezionato dal supervisore del settore finanziario interessato all’Autorità. Si accompagnano a questi poteri, la possibilità di avviare indagini in caso di carenze sistematiche della vigilanza o applicazione impropria della normativa europea in materia AML/CFT all’interno di enti di sorveglianza nazionali, potendo conseguentemente formulare raccomandazioni ed indicare azioni necessarie a cui esse dovranno conformarsi entro 30 giorni. Con riferimento all’art.37, entro dieci giorni lavorativi dal ricevimento della raccomandazione, il supervisore o l’autorità pubblica in questione informa l’Autorità delle misure adottate o che intende adottare per rimediare alla violazione. In caso di inadempienza, l’art.37 al punto 4 specifica che entro il termine di un mese dal ricevimento della raccomandazione dell’Autorità, quest’ultima emette un avvertimento che specifica la violazione e identifica le misure che i destinatari dell’avvertimento devono attuare per attenuarne gli effetti.
4.La Commissione avvia le consultazioni sugli orientamenti previsti dal Regolamento FSR a cura di Riccardo Zinnai
La Commissione europea ha avviato, a partire dal 5 marzo 2025, una procedura di consultazione volta ad ottenere riscontri in vista della pubblicazione degli orientamenti relativi a vari aspetti del Regolamento sulle sovvenzioni estere. Sono congiuntamente responsabili della consultazione la Direzione K della DG concorrenza e l’unità C.2 della DG per il mercato interno. Come previsto dall’art. 46 FSR, la pubblicazione definitiva degli orientamenti dovrà avvenire entro il 13 gennaio 2026, assicurando una maggiore certezza del diritto nonché la trasparente applicazione del Regolamento da parte della Commissione. Inoltre, come indicato nel considerando n. 73, gli orientamenti contribuiranno a rendere più prevedibile le modalità di applicazione del Regolamento da parte della Commissione.
La consultazione riguarderà diverse categorie di parti interessate e le attività saranno adeguatamente pubblicizzate anche sui social media e nel contesto di eventi selezionati. I riscontri saranno raccolti nell’ambito di procedure parallele. Da un lato, si prevede la possibilità di fornire il proprio contributo collegandosi al portale «Di’ la tua» entro il 2 aprile 2025. Contemporaneamente, la Commissione intende fornire uno specifico questionario agli Stati membri e ai portatori di interessi selezionati in modo da rappresentare i diversi settori. Infatti, nella seconda categoria si includono i professionisti giuridico-economici, le autorità pubbliche e le associazioni rappresentative dei professionisti o dei consumatori. Inoltre, verranno raccolti i punti di vista degli esponenti del mondo accademico. La Commissione è particolarmente interessata ai lavori di ricerca in cui si riassumono le attuali conoscenze sulle sovvenzioni e la loro regolamentazione. Sulla base dei riscontri ricevuti, la Commissione potrà anche ampliare il novero dei soggetti coinvolti nelle consultazioni mirate.
È poi prevista una seconda consultazione dalla durata di otto settimane sugli orientamenti proposti dalla Commissione che si terrà nel terzo trimestre dell’anno corrente. A tale scopo, verrà pubblicato un avviso sulle pagine web della DG per la concorrenza e della DG per il mercato interno.
La procedura si concluderà con la pubblicazione degli orientamenti nella forma di una comunicazione della Commissione. Inoltre, i risultati delle attività consultive saranno riportati all’interno di una relazione allegata al documento di lavoro che sarà predisposto dai servizi della Commissione a supporto del testo finale.
Più specificamente, la consultazione avrà ad oggetto quattro tematiche principali che sono connesse ai “concetti tecnici” introdotti dal Regolamento FSR e che costituiscono l’elenco di cui al par. 2 dell’art. 46 FSR.
In primis, si tratterà della determinazione dell’esistenza di una distorsione nel mercato interno. Si intende fornire dei chiarimenti sui criteri e sugli indicatori da utilizzare per valutare se vi sia un miglioramento nella posizione concorrenziale di un’impresa nel mercato interno con un’incidenza negativa, effettiva o potenziale, sulla concorrenza nel mercato europeo. Pertanto, gli orientamenti specificheranno le modalità di valutazione dell’effetto distorsivo ai sensi dell’art. 4 FSR.
Il secondo tema riguarda la valutazione comparata prevista dall’art. 6 FSR. Il Regolamento prevede, infatti, che la Commissione possa effettuare un bilanciamento tra gli effetti negativi in termini di distorsione della concorrenza e gli effetti positivi relativi allo sviluppo dell’attività economica sovvenzionata e ad altri pertinenti obiettivi politici. Con la pubblicazione degli orientamenti, la Commissione intende rendere noti quali siano gli effetti positivi di cui potrà tenere conto nonché l’approccio che adotterà nell’effettuare questa operazione di bilanciamento.
La terza tematica concerne la possibilità per la Commissione di richiedere una notifica preventiva anche nei casi al di sotto delle soglie previste dal Regolamento. La Commissione può utilizzare tale potere sia relativamente alle concentrazioni sia agli appalti pubblici, come rispettivamente previsto nel par. 5 dell’art. 21 e nel par. 8 dell’art. 29. Verranno fornite indicazioni distinte relativamente a ciascuno dei due moduli previsti per il controllo preventivo delle sovvenzioni estere.
L’ultimo argomento della consultazione è relativo alle distorsioni che possono verificarsi nelle procedure di appalto pubblico. Infatti, ai sensi dell’art. 27, negli appalti l’effetto distorsivo si concretizza mediante la presentazione di un’offerta indebitamente vantaggiosa in relazione ai lavori, alle forniture o ai servizi in questione. Nel documento con cui si stimola la presentazione di osservazioni viene ricordato anche che un effetto distorsivo può dirsi presente solo qualora siano cumulativamente presenti sia l’offerta indebitamente vantaggiosa sia un nesso tra tale offerta e la sovvenzione estera. L’obiettivo degli orientamenti sarà quello di fornire ulteriori indicazioni in merito a questi due requisiti.
La Commissione ritiene che l’esito delle consultazioni avrà un probabile impatto positivo capace di contribuire ad una maggiore trasparenza e prevedibilità applicativa. Ad ogni modo, i lavori non potranno dirsi conclusi definitivamente con la pubblicazione del testo finale. Infatti, come anche previsto dall’art. 46 FSR, gli orientamenti andranno successivamente aggiornati con regolarità. Pertanto, l’applicazione delle prime indicazioni fornirà ulteriori spunti per successive modifiche o integrazioni.
La Commissione dovrà anche riferire al Parlamento europeo e al Consiglio, ai sensi dell’art. 52, par. 1, sull’applicazione e l’attuazione del Regolamento. A tal proposito, si sta valutando la possibilità di far uso di indicatori per monitorare efficacemente anche l’applicazione degli orientamenti.
Con l’avvio delle consultazioni, i commissari Teresa Ribera Rodríguez e Stéphane Séjourné hanno rilasciato delle dichiarazioni alla stampa, rimarcando entrambi l’importanza del controllo sulle sovvenzioni estere per garantire una concorrenza leale tra le imprese. È così possibile evitare le disparità di trattamento derivanti dalla normativa europea sugli aiuti di Stato a fronte della precedente assenza di una normativa sulle sovvenzioni estere. Il commissario Séjourné si è ulteriormente soffermato sulla centralità degli appalti pubblici nel mercato europeo e della conseguente necessità di proteggere tale settore dalle distorsioni di mercato. I commissari sono concordi anche nel valutare positivamente gli effetti che deriveranno dalla pubblicazione degli orientamenti in termini di maggiore certezza giuridica ed efficacia applicativa del Regolamento.
L’avvio della procedura consultiva può essere indubbiamente considerato una risposta della Commissione alle criticità sollevate dalle imprese, nonché, più recentemente, dal Ministero del Commercio cinese nel report del 9 gennaio 2025. Sebbene alcuni chiarimenti iniziali fossero già stati forniti il 26 luglio 2024, la limitata esperienza applicativa non aveva consentito alla Commissione di fornire informazioni esaustive. Ciò era particolarmente evidente, ad esempio, in relazione alla valutazione comparata poiché non era ancora stata mai effettuata.
Gli orientamenti contribuiranno a definire meglio il quadro giuridico in cui operano le imprese, in aggiunta alle indicazioni ricavabili per analogia da altri settori dell’ordinamento. Infatti, come riportato anche il considerando n. 9 prevede che il Regolamento sia da interpretarsi alla luce della normativa europea pertinente, inclusa quella relativa agli aiuti di Stato, alle fusioni e agli appalti pubblici. Tuttavia, la combinazione di elementi sostanziali e procedimentali ricavati da diverse branche dell’ordinamento europeo rende necessari degli orientamenti specifici sul tema delle sovvenzioni estere. Inoltre, si può segnalare in chiave critica la mancanza di uno specifico riferimento alle normative in materia di politica commerciale, come il regolamento (UE) 2016/1037, e all’Accordo OMC sulle sovvenzioni e le misure compensative che hanno ispirato parti significative del Regolamento FSR, come ad esempio la definizione di “sovvenzione” o la valutazione comparata. La stessa Commissione europea, nell’ambito della procedura di selezione COMP/COM/2025/299 volta all’assunzione di un agente temporaneo da destinare alla sopraccitata Direzione K, ha riconosciuto che il Regolamento si ponga nell’intersezione tra la disciplina della concorrenza e la politica commerciale. Inoltre, ha ritenuto che la novità della disciplina comporti la necessità di adottare un approccio che sia contemporaneamente pragmatico e creativo.
In conclusione, le consultazioni dovrebbero essere valutate positivamente sia dalla prospettiva della maggiore certezza che si produrrà alla loro conclusione sia dal punto di vista procedimentale poiché consentiranno ai vari portatori di interessi di fornire il proprio contributo e manifestare eventuali osservazioni critiche.
5. I termini dei procedimenti delle autorità indipendenti: le novità tra CGUE e contrasti giurisprudenziali a cura di Carlo Maria Fenucciu
Il recente panorama giurisprudenziale presenta alcune novità in materia di termini procedimentali presso le autorità amministrative indipendenti, evidenziando una tensione tra la tutela della certezza dei tempi e le esigenze di flessibilità. In particolare, meritano di essere affrontate due questioni, inerenti rispettivamente ai termini della fase pre-istruttoria e a quelli della fase istruttoria.
In merito alla prima, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata il 30 gennaio 2025 sulla causa C-511/2023, dichiarando inapplicabile alla fase pre-istruttoria dei procedimenti antitrust il termine di 90 giorni di cui alla legge 689/1981. La decisione della Corte eurounitaria risponde all’ordinanza 12962 del 1° agosto 2023 con cui il T.A.R. Lazio ha sollevato una questione pregiudiziale interpretativa ai sensi dell’art. 267 TFUE, nell’ambito del giudizio d’impugnazione del provvedimento emesso dall’AGCM ai danni di Caronte & Tourist s.p.a. La società aveva, secondo l’istruttoria, abusato della propria posizione dominante, imponendo prezzi iniqui per il servizio di traghettamento di veicoli nello stretto di Messina, violando l’art. 3, co. 1, lett. a) della legge antitrust, che attua l’art. 102 TFUE. Analogo quesito, peraltro, era stato già sollecitato da due ulteriori ordinanze (T.A.R. Lazio 2 agosto 2023, n. 13016 e Consiglio di Stato 9 luglio 2024, n. 6057), nell’ambito di due procedimenti per pratiche commerciali scorrette e intese restrittive della concorrenza, ma la Corte non ha riunito i tre giudizi.
Ai fini dell’analisi della pronuncia della CGUE, pare opportuno muovere dal quadro normativo.
Innanzitutto, si deve rammentare che le sanzioni antitrust del tipo impugnato sono formalmente amministrative ma sostanzialmente penali, come riconosciuto prima dalla Corte EDU in ossequio i noti criteri “Engel”, e in seguito dalla Corte costituzionale. Pertanto, sebbene non s’intenda soffermarsi su tale aspetto, per effetto della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale vengono in rilievo le medesime garanzie procedimentali e sostanziali che ispirano il diritto penale, ancorché modellate su di un procedimento che presuppone un successivo controllo giurisdizionale.
Inoltre, la Corte costituzionale, seppur nel quadro di una pronuncia di inammissibilità, ha sottolineato che nel peculiare settore del diritto amministrativo sanzionatorio è fondamentale l’esigenza di certezza dei tempi del procedimento (Corte cost., 12 luglio 2021, n. 151). Egualmente, la CGUE ha a più riprese richiesto che i procedimenti presso le autorità antitrust si svolgano in tempi ragionevoli, pregiudicandosi altrimenti la certezza del diritto, nonché il diritto di difesa delle imprese interessate.
Muovendo dunque verso la questione sub iudice, si deve rammentare che il procedimento presso l’AGCM – come i procedimenti sanzionatori in generale – è scandito in due fasi: la prima – pre-istruttoria – è deputata all’accertamento della violazione e si conclude con la sua contestazione al trasgressore; la seconda – istruttoria – è finalizzata alla decisione dell’autorità competente, contempla l’esercizio del diritto di difesa dell’interessato (mediante presentazione di scritti difensivi e documenti nonché audizione, se richiesta) e si conclude con l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione oppure con un provvedimento motivato di archiviazione.
La questione sub iudice riguarda la fase pre-istruttoria in relazione alla quale né la legge antitrust né il regolamento di attuazione di cui al d.p.R. 30 aprile 1998, n. 217 fissano un termine tra l’accertamento di un illecito e la notifica della fase istruttoria. L’assenza di termini è colmata tramite il rinvio fissato dall’art. 31, l. 287/1990 alla legge generale in materia di sanzioni amministrative, ossia la l. 689/1981, che, all’art. 14, co. 2 fissa, per la contestazione della violazione al trasgressore, un termine di 90 giorni dall’accertamento.
Così, dal momento in cui l’Autorità entra in possesso delle informazioni necessarie a muovere l’addebito, si può dire che l’illecito sia stato “accertato” ed iniziano a decorrere i 90 giorni previsti dall’art. 14, co. 2, l. 689/1981.
Risulta dunque una nozione “sostanziale” e non meramente formale di accertamento, sicché il dies a quo non è individuabile ex ante in maniera inequivocabile, essendo sempre dipendente dalla completezza degli elementi indicati nella segnalazione, ovvero dagli atti acquisiti immediatamente dopo. Ne consegue che l’esatta decorrenza del termine può essere oggetto di controllo da parte del giudice amministrativo, il quale può “retrodatarlo” quando risulta che l’Autorità fosse già da tempo in possesso di tutte le informazioni necessarie a contestare l’illecito (Cons. St. 21 gennaio 2020, n. 512). Peraltro, è interessante rilevare che analoga problematica si è riscontrata anche in materia penale, dove pure parte della giurisprudenza giunse ad affermare, muovendo dal valore garantistico dei tempi massimi per la conclusione delle indagini, che il giudice può verificare, alla stregua di criteri di tipo sostanziale, il vero dies a quo delle indagini preliminari a carico dell’imputato, a prescindere dalla formale iscrizione della notizia di reato nel registro. La questione è stata risolta definitivamente con l’introduzione dell’art. 335-quater c.p.p., che disciplina un procedimento per ottenere la retrodatazione dell’iscrizione nel registro degli indagati.
Dalla violazione del termine di 90 giorni per la contestazione dell’illecito scaturiscono, poi, conseguenze di non poco conto: la legittimità del provvedimento eventualmente adottato è definitivamente compromessa; indagini ulteriori sono precluse per effetto del ne bis in idem sancito all’art 50 CDFUE – che, si ricorda, ha lo stesso valore giuridico dei trattati ai sensi dell’art. 6 TUE, per come modificato dai Trattati di Lisbona.
Chiarito il quadro nazionale, il tribunale amministrativo chiede alla CGUE se il termine di 90 giorni risulti compatibile con il diritto eurounitario (che, si ripete, richiede che il termine sia semplicemente “ragionevole”) oppure comprima eccessivamente le possibilità di condurre indagini complesse.
La Corte di Giustizia, come anticipato, conclude per l’incompatibilità eurounitaria del termine. In particolare, si muove dalla constatazione che l’assenza di una disciplina unica per i termini dei procedimenti antitrust comporta l’applicazione delle discipline nazionali. Cionondimeno, l’autonomia procedurale deve essere esercitata, come è noto, nel rispetto del principio di effettività, per cui gli Stati non possono rendere impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del 101 e 102 TFUE. A questo punto, la Corte evidenzia due ordini di circostanze che determinano l’eccessiva esiguità del termine.
Innanzitutto, in materia di diritto della concorrenza le analisi da espletare sono di speciale complessità, pertanto il termine deve essere sufficiente a garantirne il corretto svolgimento, pur non giustificandosi in alcun caso la perdurante e immotivata inattività da parte dell’autorità.
Inoltre, è necessario che l’autorità abbia il potere di fissare le proprie priorità e dunque l’ordine con cui trattare le questioni, senza essere costretta ad avviare la fase istruttoria in contraddittorio a pena di decadenza; esigenza, questa, discendente dagli artt. 101 ss. TFUE, ma cristallizzata altresì all’art. 4, co. 5 della direttiva (UE) 2019/1. La direttiva poi, definisce la “rete europea della concorrenza”, nell’ambito della quale è incoraggiata la cooperazione ai fini dell’attuazione degli artt. 101 e 102 TFUE. In tale quadro, un termine breve e improrogabile potrebbe inibire un’effettiva ed efficiente collaborazione tra autorità che seguono procedure collegate ma non del tutto contemporaneamente.
I giudici di Lussemburgo su queste basi motivano l’insufficienza del termine di 90 giorni rispetto agli obiettivi posti dagli artt. 101 e 102 TFUE. La pronuncia, tuttavia, lascia aperte tutte le problematiche conseguenti alla disapplicazione del termine e merita di essere commentata su alcuni profili.
Segnatamente, non pare del tutto lineare il frammento di motivazione inerente alla tutela del diritto di difesa degli indagati. In effetti, la Corte in un primo momento indica che il pregiudizio derivante dal protrarsi delle indagini senza un formale avvio dell’istruttoria consiste nella possibile sopravvenuta difficoltà di recuperare o irreperibilità di documenti che risalgono ad un periodo lontano nel tempo (par. 64). Eppure, in seguito, nella decisione si smentisce il vulnus al diritto di difesa, sulla base della conduzione della fase istruttoria in contraddittorio (par. 72). A ben vedere, suddetta argomentazione non è coerente con l’obiezione, in quanto non si era mai dubitato dell’assunzione dei mezzi di prova in contraddittorio, ma solo del vantaggio strategico derivante dalla prolungata espletazione d’indagini all’insaputa dell’impresa.
Pertanto, sembra che nei fatti a tale obiezione non si sia trovata risposta, reputando semplicemente il diritto di difesa soccombente in parte qua rispetto all’interesse pubblico alla repressione degli illeciti anticoncorrenziali. Ne segue, dunque, una situazione d’incertezza dovuta alla reviviscenza del semplice canone del “termine ragionevole”. Peraltro, non sembra inutile rammentare che la pronuncia della Corte costituzionale 63/2019 ha definitivamente esteso anche alla materia del diritto amministrativo sanzionatorio il principio di irretroattività in pejus. E la pronuncia della Corte di Giustizia produce invero un mutamento in pejus del quadro normativo, per cui può per lo meno porsi il dubbio circa la conformità costituzionale della sua applicazione retroattiva. E non basterebbe, a liquidare sic et simpliciter la questione, la constatazione che la decadenza è un istituto processuale, a differenza della prescrizione, che sarebbe un istituto sostanziale (tant’è che, come noto, la Consulta vi ha opposto i controlimiti nella famosa vicenda Taricco), dal momento che anche a istituti di diritto processuale è stato applicato il principio dell’irretroattività in pejus (Corte Cost., 26 febbraio 2020, n. 32).
Si potrebbe dire che il d.lgs. 185/2021, che attua la direttiva (UE) 2019/1 ha perso un’importante occasione per definire meglio i poteri dell’AGCM che le consentano realmente di definire le priorità da seguire. In effetti, l’art. 4, co. 5 della direttiva, di cui si è già detto, è stato attuato semplicemente trasfondendo il testo della disposizione all’art. 12, co. 1-ter, senza definire concretamente modalità adeguate ad istituire tali priorità. Una possibile soluzione, nel caso in cui l’autorità intenda posporre la compiuta investigazione di un determinato illecito che le è stato segnalato, potrebbe essere un sistema analogo a quello descritto dall’art. 406 c.p.p., che consente la proroga delle indagini preliminari, ma impone che questa sia notificata d’ufficio all’indagato. Prima della sentenza in oggetto, non pareva possibile per l’AGCM disciplinare un analogo meccanismo nell’ambito della propria autonomia regolatoria, dal momento che si sarebbe scontrata con il disposto dell’art. 14, co. 2, l. 689, che veniva comunemente ritenuto applicabile. Ora, però, che è stata accertata l’incompatibilità eurounitaria di tale termine, l’Autorità potrebbe, proprio in attuazione del nuovo art. 12, co. 1-ter, l. 287/1990, disporre un simile sistema che consente di contemperare discrezionalità dell’autorità e diritto di difesa.
Ad ogni modo, la disamina della presente sentenza impone di evidenziare ulteriori contrasti giurisprudenziali e questioni di pregiudizialità recentemente sollevate.
Ancora, pare rilevante dipanare, come anticipato, ulteriori questioni che si sono presentate nella recente giurisprudenza in merito alla successiva fase dei procedimenti antitrust, ossia la fase istruttoria che si conclude con l’emanazione dell’ordinanza-ingiunzione. Per tale fase, neanche la legge 689 prevede in via generale un termine massimo, tant’è che l’art. 6, co. 3 del d.p.R. 217/1998 impone all’AGCM di indicare di volta in volta nella contestazione dell’illecito (che apre, come detto, la fase istruttoria) il termine di conclusione del procedimento. In merito, la giurisprudenza largamente maggioritaria ritiene che il termine indicato sia perentorio (Cons St., ord. 26 agosto 2024, n. 7243, nonché, per l’ARERA, Cons. St., 19 aprile 2023, n. 3977 e per l’AGCOM Cons. St. 17 novembre 2020, n. 7150).
Eppure, sono sorti due contrasti interpretativi che meritano di essere menzionati.
In primo luogo, l’ordinanza del Consiglio di Stato 26 agosto 2024, n. 7243 ha sollevato una questione pregiudiziale interpretativa ai sensi dell’art. 267 TFUE circa la possibilità, per l’AGCM, di prorogare unilateralmente il termine di conclusione del procedimento originariamente indicato al di fuori di casi espressamente individuati nei propri regolamenti o nella legge ordinaria. Il ricorrente nella causa sub iudice, che ha promosso il rinvio, reputava che tale strumento mettesse a rischio la tutela d’interessi di rango eurounitario, e segnatamente il diritto ad una buona amministrazione di cui all’art. 41 CDFUE, il diritto ad un ricorso effettivo di cui all’art. 47 CDFUE nonché il diritto ad un equo processo di cui all’art. 6 CEDU. Il collegio, benché obbligato al rinvio ex art. 267, co. 3, TFUE, propende nettamente per la legittimità di tale pratica, che consente di tenere in debita considerazione sopravvenienze che impongano di allargare lo scopo dell’indagine anche ad altri soggetti senza dover moltiplicare i procedimenti. In effetti, tale possibilità sembra essenziale al razionale svolgimento delle indagini dell’AGCM, soprattutto alla luce della sentenza della Corte di Giustizia che è stata in questa sede commentata, la quale ha valorizzato l’importanza della discrezionalità dell’autorità antitrust.
Infine, un ultimo contrasto giurisprudenziale riguarda la possibilità di integrare le lacune della l. 689/1981 ad opera della legge generale sul procedimento amministrativo. Un orientamento consolidato ritiene che le disposizioni della l. 689 costituiscano un sistema organico e compiuto, ciò impedendo integrazioni esterne (orientamento definitivamente acclarato con la pronuncia delle SSUU 27 aprile 2006, n. 9591). Di conseguenza, non essendo previsto un termine per l’emanazione dell’ordinanza-ingiunzione, verrebbe unicamente in rilievo il termine quinquennale di prescrizione previsto all’art. 28 l. 689/1981.
Eppure, una recente pronuncia (Cons. St., 19 aprile 2023, n. 3977) si pone nettamente in contrasto con tale ricostruzione, muovendo da due ordini di premesse, entrambe tratte dalla già menzionata pronuncia della Corte costituzionale 12 luglio 2021, n. 151. In primo luogo, si dice, l’attività delle autorità indipendenti, pure quando sia sanzionatoria, resta comunque incardinata nel genus dell’attività amministrativa. In secondo luogo, nella specifica materia del diritto amministrativo sanzionatorio è estrema l’esigenza di certezza dei tempi del procedimento, essendo dunque inammissibile l’assenza di qualsivoglia indicazione in merito. Da queste premesse, il collegio trae la possibilità di applicare, in via residuale, il termine di 30 giorni previsto all’art. 2, co. 2, l. 241/1990 anche nei procedimenti dinanzi alle autorità indipendenti.
La pronuncia 3977/2023 da ultimo citata assume dunque una posizione oltremodo garantista ed innovativa, ma non risolve alcune criticità. In particolare, essa riguarda un procedimento dinanzi l’ARERA e si giustifica per la circostanza che detta autorità non ha adempiuto all’obbligo di disciplinare in via generale e preventiva il termine di conclusione dei propri procedimenti sanzionatori con regolamento, obbligo che si desume dal combinato disposto dell’art. 2, co. 5, l. 241/1990 e 45, co. 6, d.l.gs 93/2011. Si tratta, dunque, di un quadro normativo differente da quello che emerge per l’AGCM (che, come visto, è tenuta ad indicare ad ogni apertura di istruttoria il termine di conclusione), e che dunque giustifica l’appello all’integrazione ad opera della legge generale del procedimento. Eppure, l’ARERA, non avendo fissato un termine in via generale con regolamento, procede, come l’AGCM, ad indicare di volta in volta un termine di conclusione del procedimento – da considerarsi senz’altro perentorio. E nel caso analizzato dalla sentenza 3977 il provvedimento risultava assunto tardivamente anche rispetto al termine fissato dall’ARERA, per cui non si chiarisce quale sia la vera ratio decidendi, se la scadenza del termine fissato dall’autorità per il singolo caso o la scadenza del termine di trenta giorni previsto in via residuale dalla legge 241. Tale incertezza risulta invero di massima importanza perché laddove la ratio decidendi fosse la seconda essa implicherebbe l’illegittimità della quasi totalità dei provvedimenti dell’ARERA; laddove la ratio decidendi fosse invece la prima non si comprenderebbe bene il motivo dell’obiter dictum sull’integrazione della l. 689 ad opera della legge 241.
Ad ogni modo, risulta evidente che l’ultima giurisprudenza amministrativa oscilla tra la tutela garantista del privato, che vorrebbe vedere la propria posizione cristallizzarsi decorsi termini certi, e la tutela dell’interesse pubblico, che sarebbe meglio curato mediante termini flessibili. Appare indubbio che non si tratta di valutazioni puramente giuridiche, bensì anche di politica giudiziaria, che ciclicamente tende verso l’uno o l’altro polo.
6. I primi sei mesi dell’amministrazione Trump a cura di Filippo Buzi
Il discorso di Donald Trump al Congresso lo scorso 4 marzo 2025 ha confermato che il principio guida della sua amministrazione è rappresentato dallo slogan ‘America First’. Le priorità del governo Trump riguardano il rilancio dell’economia americana, con un focus sul pareggio del bilancio e il rafforzamento della sicurezza nazionale.
Nell’ambito delle misure adottate per ridurre il debito pubblico, il Presidente ha sottolineato l’importanza del Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE), istituito il 20 gennaio 2025, con l’adozione dell’Ordine Esecutivo n. 14158. Sebbene denominato “dipartimento”, il DOGE non è un’agenzia federale, in quanto la sua istituzione non è stata approvata dal Congresso, ma rappresenta un organismo consultivo temporaneo, con mandato fino a luglio 2026. Lo scopo principale del DOGE è la digitalizzazione e modernizzazione della burocrazia pubblica, per massimizzare l’efficienza amministrativa, in collaborazione con l’United States Digital Services (USDS). A tale scopo si prevede la costituzione di un DOGE team in ogni agenzia federale, composto da un team leader, un ingegnere, uno specialista in risorse umane e un avvocato, con il compito di agevolare l’implementazione dell’agenda DOGE. Nel suo discorso, Trump ha fatto riferimento a Elon Musk come vertice del dipartimento, ma su ciò sorgono critiche e dubbi. Secondo alcune fonti, Musk sarebbe semplicemente un dipendente della Casa Bianca. Inoltre, il Presidente ha annunciato le prime azioni intraprese dal dipartimento per combattere l’inflazione e ridurre il deficit. Tra queste, ha evidenziato l’eliminazione di spese ritenute fraudolente, ammontanti a miliardi di dollari. Alcuni esempi includono 22 miliardi di dollari per alloggi e automobili per immigrati illegali, 45 milioni di dollari per borse di studio sulla diversità in Birmania, 40 milioni di dollari per l’inclusione economica di migranti sedentari, 8 milioni di dollari per diritti LGBTQI+ in Lesotho, 60 milioni di dollari per il sostegno a popolazioni indigene e afro-caraibiche in America Centrale, 32 milioni di dollari per propaganda politica in Moldavia, 10 milioni di dollari per circoncisione maschile in Mozambico, 101 milioni di dollari per contratti D.E.I. presso il Dipartimento dell’Istruzione ecc… Oltre al taglio di queste spese, Donald Trump ha annunciato una drastica riduzione nel numero di stipendi dei dipendenti federali, sulla base di indagini condotte dal DOGE nei primi due mesi dell’amministrazione Trump. Secondo Trump, DOGE avrebbe individuato frodi in ambito della Sicurezza Sociale, essendoci milioni di persone registrate dalle età improbabili, fino a oltre i 300 anni. Inoltre, durante il primo incontro del Cabinet, Musk ha denunciato l’esistenza di individui fittizi e stipendi versati a persone decedute. In risposta a tale problema, Musk ha implementato un sistema di verifica via email, che impone ai dipendenti federali di rispondere descrivendo il lavoro svolto nella settimana precedente. La mancata risposta comporterebbe la cessazione automatica del contratto. Di fronte alle resistenze delle agenzie federali per presunta ingerenza governativa, Musk ha chiarito che questa misura non incarna una valutazione delle prestazioni, ma un controllo per verificare la presenza di dipendenti effettivi. L’obiettivo dichiarato è eliminare sprechi e inefficienze, mantenendo solo coloro che svolgono un ruolo essenziale nel settore pubblico. Secondo le dichiarazioni dell’amministrazione, il DOGE avrebbe già annullato oltre 2.300 contratti fraudolenti, generando un risparmio di circa 8,9 miliardi di dollari, anche se la CNN ha segnalato la mancanza di evidenze sufficienti per confermare l’affidabilità di tali informazioni.
Un’altra iniziativa mirata alla riduzione del debito pubblico è la proposta della Gold Card, annunciata da Trump al Congresso come una versione più sofisticata della Green Card, disponibile per l’acquisto a 5 milioni di dollari. La Gold Card rappresenterebbe un nuovo tipo di visto, che garantirebbe ai suoi acquirenti lo status di residente permanente negli Stati Uniti e un percorso facilitato verso la cittadinanza. Il Presidente ha illustrato due scenari di utilizzo. Nel primo, le aziende potrebbero acquistare una Gold Card per attrarre talenti stranieri meritevoli, che frequentano università statunitensi di alto livello, ma che rischiano di perdere offerte di lavoro a causa di incertezze sul loro status di immigrazione e la corrispettiva possibilità di rimanere sul territorio nazionale. Nel secondo scenario, investitori stranieri facoltosi potrebbero acquistare la Gold Card, per stabilirsi negli Stati Uniti. Di conseguenza, tali individui contribuirebbero all’economia nazionale attraverso investimenti, pagamento delle tasse negli Stati Uniti e creazione di numerosi posti di lavoro. L’introduzione della Gold Card sarebbe affiancata dall’imposizione di tariffe sulle importazioni, spingendo gli investitori a trasferire la produzione direttamente negli Stati Uniti ed ad acquistare la nuova card. Questo progetto solleva un interrogativo: durante il primo incontro del Governo, il Ministro del Commercio Howard Lutnick ha evidenziato che la Gold Card andrebbe a modificare l’EB-5, il programma governativo di visto per investitori immigrati, istituito dal Congresso nel 1990. Poiché qualsiasi modifica a questo programma richiede un intervento legislativo, il Presidente non avrebbe l’autorità di creare un nuovo tipo di visto alterandone le disposizioni.
Altra misura menzionata da Trump al Congresso è l’imposizione di dazi sulle importazioni, con particolare attenzione a Cina, Canada e Messico. Il potere di Trump di introdurre queste tariffe attraverso ordini esecutivi deriva dalla dichiarazione di emergenza nazionale del 20 gennaio scorso, con la quale ha giustificato i dazi come strumento di protezione degli Stati Uniti dall’immigrazione illegale e dal traffico illecito di fentanyl. Tuttavia, queste misure hanno anche un evidente obbiettivo economico, mirato ad aumentare le entrate fiscali nazionali. Il 1° febbraio, Trump ha firmato un ordine esecutivo imponendo dazi del 10% su tutte le importazioni dalla Cina e del 25% su quelle provenienti da Canada e Messico. Il 3 febbraio, tuttavia, il Presidente ha sospeso temporaneamente l’imposizione di dazi verso Canada e Messico fino al 4 Marzo. A partire dal 4 febbraio, i dazi del 10% sulle importazioni cinesi sono entrati in vigore e, dal 4 marzo, l’aliquota è stata aumentata al 20%. Nello stesso giorno, sono diventate effettive i dazi del 25% sulle importazioni da Canada e Messico, con l’eccezione delle risorse energetiche e minerali canadesi, che sono soggette a un’imposta del 10%. Il 6 marzo, però, Trump ha annunciato la sospensione dei dazi su tutti i prodotti coperti dall’USMCA fino al 2 aprile. L’USMCA, accordo siglato tra Stati Uniti, Canada e Messico ed entrato in vigore il 1° luglio 2020, ha creato un’area di libero scambio tra i tre Paesi.
A livello globale, Trump ha annunciato ulteriori misure tariffarie. Il 12 febbraio ha disposto l’imposizione di dazi del 25% su tutte le importazioni di alluminio e acciaio, con decorrenza dal 12 marzo, e ha lasciato intendere un’alta probabilità di estendere lo stesso trattamento a rame e legname stranieri. Il 13 febbraio ha inoltre discusso l’eventualità di imporre dazi reciproci sulle importazioni, affermando nel suo discorso al Congresso il 4 Marzo: ‘In media, l’Unione Europea, la Cina, il Brasile, l’India, il Messico, il Canada e innumerevoli altre nazioni ci applicano dazi molto più elevati di quelli che noi applichiamo a loro… Questo sistema non è equo nei confronti degli USA, quindi il 2 aprile entreranno in vigore i dazi reciproci: qualunque tassa ci impongano gli altri Paesi, noi la imporremo a loro’. Durante lo stesso intervento, Trump ha anche annunciato l’introduzione di dazi sui prodotti agricoli in ingresso negli Stati Uniti, che entreranno in vigore il 2 aprile, prevedendo un breve periodo di adattamento.
L’obbiettivo finale di queste misure è incentivare la produzione interna, riducendo la dipendenza dagli approvvigionamenti esteri e, al contempo, favorendo gli investimenti diretti in territorio statunitense.
L’altra grande priorità dell’amministrazione Trump è la sicurezza nazionale, con particolare attenzione alla protezione dei confini. Il 20 gennaio 2025, Trump ha subito dichiarato lo Stato di Emergenza Nazionale al Confine con il Messico. Durante il discorso al Congresso, Trump ha denunciato l’ingresso di 21 milioni di persone durante la Presidenza Biden, a causa della c.d. open borders policy. Secondo Trump, tra di essi vi sarebbero assassini, trafficanti di essere umani e membri di gang criminali. Tra i casi che, secondo il Presidente, dimostrano l’urgenza di una politica migratoria più severa, spicca l’omicidio di Laken Riley, una studentessa di 22 anni assassinata da un membro della gang venezuelana ‘Tren de Aragua’. L’aggressore, ha sottolineato Trump, sarebbe entrato illegalmente negli Stati Uniti durante l’amministrazione Biden, approfittando della open border policy. In risposta a tale tipo di evento, il 29 gennaio Trump ha firmato il Laken Riley Act, che impone la detenzione di tutti i criminali clandestini pericolosi. Nell’ottica della sicurezza interna, l’amministrazione ha avviato la più vasta repressione dell’immigrazione clandestina nella storia degli Stati Uniti. Da fine gennaio, si contano: oltre 23 mila arresti e 18 mila deportazioni; in conseguenza degli insistenti raids dell’ICE, un picco di 872 arresti al giorno a fine gennaio, sceso poi a 600 al giorno a febbraio e 600 deportazioni al giorno per mano dell’ICE a metà febbraio. Il numero di detenuti sotto la custodia dell’ICE è in crescita esponenziale, raggiungendo a febbraio un picco di 44 mila persone. Inoltre, rispetto all’amministrazione Biden, il numero di detenuti rilasciati in libertà condizionale è drasticamente diminuito. Gli arresti superano le deportazioni, poiché, secondo Trump, i criminali più pericolosi vengono trattenuti negli Stati Uniti per evitare il rischio che possano rientrare illegalmente nel Paese in seguito a deportazione. Inoltre, Trump ha dichiarato l’intenzione di utilizzare la prigione di Guantánamo Bay (Cuba) come centro di detenzione per gli immigrati illegali pericolosi. Parallelamente all’operato dell’ICE, al confine con il Messico, continua l’attività del Border Patrol, che, oltre ad effettuare arresti, respinge direttamente numerosi individui che tentano di entrare illegalmente negli Stati Uniti, senza trasferirli alla custodia dell’ICE.
Trump ha concluso il suo discorso al Congresso annunciando di aver inviato una richiesta di finanziamento dettagliata, volta a rafforzare la sicurezza nazionale contro la minaccia rappresentata dai criminali clandestini e a realizzare la più vasta operazione di deportazione nella storia americana.
In conclusione, nei primi due mesi del suo mandato, Trump ha puntato su sicurezza, controllo dell’immigrazione e protezionismo economico. Le sue politiche mirano a rafforzare i confini, ridurre la burocrazia e rilanciare l’economia.
7. L’intelligenza artificiale nell’esecuzione di un appalto. Un primo caso applicativo al vaglio del T.A.R. Lazio a cura di Linda Sanson
Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 36/2023) promuovere la digitalizzazione dell’intero ciclo vita dei contratti pubblici, incentivando l’automazione delle attività amministrative delle stazioni appaltanti. Tra le disposizioni più significative in questo senso figura l’art.30 del codice, che disciplina la possibilità per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di provvedere all’automazione delle loro attività ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse quelle predisposte da applicazione di intelligenza artificiale (IA).
Pur essendo già stati avviati i primi progetti per l’impiego di tali tecnologie, la giurisprudenza amministrativa non si è ancora pronunciata sui limiti e le modalità di applicabilità di questa disposizione. Tuttavia, un primo caso relativo all’IA nel settore degli appalti pubblici, seppur non direttamente connesso all’attuazione dell’art. 30, è stato affrontato di recente. Si fa riferimento, in particolare, alla sentenza del TAR Lazio del 3 marzo 2025, n.4546.
Nel caso di specie, la società ricorrente, Romeo Gestioni s.p.a (Romeo), chiedeva l’annullamento dell’aggiudicazione della gara indetta da Consip s.p.a (Consip). La gara, avente ad oggetto i servizi di pulizia e di sanificazione per gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale nella Regione Umbria, era stata aggiudicata in favore di Dussmann Service s.r.l. (Dussmann), e Samsic Italia s.p.a (Samsic), rispettivamente prima e seconda classificata.
Con il ricorso, la società Romeo Gestioni ha dapprima lamentato una macroscopica anomalia delle offerte formulate dalle aggiudicatarie e una violazione della Lex specialis, per contrasto tra l’offerta tecnica di Dussmann e il Capitolato d’oneri. Il ricorrente ha in particolare contestato i singoli punteggi, ritenuti “molto elevati” e assegnati all’offerta di Dussmann. Secondo il ricorrente, tali punteggi sarebbero derivati dall’uso delle applicazioni tecnologiche di cui la società vincitrice ha dichiarato di volersi avvalere (“Chat GPT-4 e Open AI”) in relazione a taluni specifici criteri previsti nel capitolato d’oneri.
Nel dettaglio, riferendo di aver interrogato essa stessa Chat GPT, la società ricorrente sostiene che la tecnologia in questione ha fornito risposte incompatibili con l’utilizzo che Dussmann intenderebbe farne nell’esecuzione dell’appalto. Di conseguenza le tecnologie di intelligenza artificiale non sarebbero utilizzabili come prospettato. La ricorrente ha anche denunciato l’illogicità con cui la stazione appaltante ha accolto passivamente l’uso dell’IA senza svolgere un adeguato approfondimento istruttorio per accertarne il corretto impiego. In aggiunta, secondo il ricorrente, il contenuto dell’offerta rivelerebbe un carattere non tollerabile di indeterminatezza e genericità, perché “dietro l’uso di un linguaggio estremamente tecnico, talvolta persino criptico, si nasconde la descrizione di modelli astratti, la cui funzionalità in concreto è tutta da dimostrare”. In altre parole, la società ricorrente sostiene che la complessità lessicale dell’offerta serva in realtà a mascherarne la sua genericità e indeterminatezza, evitando di fornire una dimostrazione concreta dell’effettiva applicabilità dell’IA rispetto all’esecuzione del servizio oggetto dell’appalto. Al centro delle contestazioni mosse si trova quindi l’utilizzo di tecnologie di IA nell’offerta tecnica di gara come strumento a supporto dell’esecuzione di un appalto.
Il ricorso proposto, così come anche integrato dai motivi aggiunti, è disatteso dal Collegio in considerazione della manifesta infondatezza delle argomentazioni svolte nell’intento di dimostrare l’illegittimità dell’aggiudicazione della commessa in favore di Dussmann e Samsic. Nel motivare il rigetto delle contestazioni della ricorrente, il Collegio si è concentrato in particolare sulla questione della legittimità dell’uso di IA come ausilio all’esecuzione dell’appalto.
Innanzitutto, per quanto riguarda la contestata irragionevole attribuzione del punteggio elevato all’offerta tecnica di Dussmann, il Collegio nota che l’obiezione attiene solo ad una parte dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica previsti dal Capitolato d’Oneri. Per questi, inoltre, era prevista l’attribuzione, “sulla base del confronto a coppie, seguendo il metodo Analytic Hierarchy Process (AHP)”, di “punteggi discrezionali”, cioè di punteggi il cui coefficiente è attribuito in ragione dell’esercizio della discrezionalità spettante alla commissione giudicatrice. Ebbene, il Collegio ritiene tale doglianza oltre che infondata anche inammissibile, poiché la pretesa della ricorrente implicherebbe la necessità per il giudice di sostituire le proprie unilaterali valutazioni a quelle tecnico-discrezionali della Commissione. Infatti, come noto, per indirizzo unanime della giurisprudenza amministrativa, l’attribuzione dei punteggi rientra nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla Commissione giudicatrice, per cui sono inammissibili le censure che incidono nel loro merito (Consiglio di Stato, Sezione V, 16 giugno 2022, n. 4949). Questo vale tanto più quando, come nel caso di specie, si sia optato per un metodo di valutazione delle offerte tecniche del “confronto a coppie”, che è il risultato del confronto tra le varie offerte mediante l’attribuzione di coefficienti numerici. In tale fattispecie, perciò, una volta accertata la correttezza dell’applicazione del metodo, non resta spazio alcuno per un sindacato del giudice amministrativo nel merito dei singoli apprezzamenti effettuati, e in particolare, dei punteggi attribuiti. La conseguenza è che il sindacato giurisdizionale incontra forti limitazioni e non può sovrapporsi a valutazioni di merito spettanti all’amministrazione, salvo in casi di un uso distorto, logicamente incongruo e irrazionale, che però l’interessato non ha né allegato né dimostrato. La censura appare dunque priva di qualunque fondamento logico e giuridico, in quanto costruita solo sulla base di “interrogazioni” di Chat GPT eseguite dai suoi difensori in funzione della proposizione dei motivi di gravame, nonché basata su una lettura fuorviante, errata e parziale dell’offerta tecnica di Dussmann, dei criteri di valutazione previsti dalla lex specialis di gara. In primo luogo, dall’analisi dell’offerta tecnica di Dussmann emerge come tale aggiudicataria abbia proposto un impiego dell’IA diverso dall’utilizzo del modello generale descritto nell’atto di motivi aggiunti. In secondo luogo, i criteri su cui si basano le contestazioni riguardo ai punteggi attribuiti sono molto più complessi e dettagliati di quanto sostenuto dalla ricorrente. L’attribuzione del punteggio dipende da una serie di fattori di valutazione, che considerano anche numerosi altri aspetti previsti nel capitolato d’oneri.
Si comprende dunque come non sia rinvenibile nel caso di specie alcun aspetto di evidente criticità e/0 di inaffidabilità nell’utilizzo di tale strumento di ausilio.
In conclusione, alla luce di tutte le considerazioni svolte, il ricorso proposto da Romeo è respinto.
La sentenza rafforza l’apertura delle Pubbliche Amministrazioni all’utilizzo di nuove soluzioni tecnologiche, come quelle di Intelligenza Artificiale. In particolare, la decisione conferma la tendenza all’accogliere l’impiego di tali strumenti, nonché la spinta verso l’innovazione. Una dimostrazione di tale apertura alle nuove tecnologie emergenti si rinviene infatti proprio nel caso di specie, ove il Collegio non ha dichiarato tout court l’inidoneità dell’uso dell’Intelligenza Artificiale come strumento a supporto dell’esecuzione di un appalto, ma ha al contrario individuato gli strumenti con cui se ne può dimostrare l’adeguatezza. Le semplici interrogazioni dello strumento non costituiscono una prova sufficiente dell’inidoneità della soluzione IA proposta. Per contestare efficacemente l’utilizzo di quest’ultima, occorre infatti fornire prove concrete e dettagliate che riescano a sostenere l’effettiva inaffidabilità dello strumento.