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Recensione a D.A. Farber (2019), Regulatory Review in Anti-Regulatory Times, in «Chicago-Kent Law Review», 94(2), pp. 383-437.

2019

GIORGIO MOCAVINI

Le agenzie federali statunitensi sono tenute a rispettare una serie di canoni, regole e clausole funzionali a giustificare i provvedimenti generali di regolazione. Il duty to give reasons, dunque, costituisce un obbligo fondamentale per le agenzie, dal momento che grazie ad esso è resa possibile la verifica sulla ragionevolezza e sulla proporzionalità delle scelte regolatorie. In questa prospettiva, l’attività di regolazione delle agenzie è sottoposta a un triplice controllo che risponde a differenti esigenze[1].

Innanzitutto, un sindacato accurato sulla correttezza delle procedure seguite dalle agenzie per emanare una nuova regolamentazione è esercitato dal giudice. In particolare, questi verifica che l’agenzia abbia tenuto in adeguata considerazione tutte le questioni e gli interessi rilevanti emersi nel corso del procedimento di rulemaking.

Vi è poi un controllo di tipo parlamentare, il Congressional oversight, mediante il quale si assicura la political accountability delle agenzie nei confronti dei rappresentanti eletti dal popolo[2]

Infine, a partire dall’executive order 12.291 del 1981, adottato dal presidente Ronald Reagan, tutte le regolazioni che abbiano un rilevante impatto economico devono essere corredate da una cost-benefit analysis. Ogni analisi costi-benefici è sottoposta al controllo dell’Office of Information and Regulatory Affairs (Oira) nell’ambito dell’Office of Management and Budget (Omb), entrambi incardinati all’interno dell’Executive Office of the President. Di conseguenza, tramite il suddetto meccanismo, il presidente esercita poteri di controllo sulle agenzie federali, allo scopo di limitare gli oneri derivanti da regolamentazioni superflue che pongono vincoli troppo restrittivi agli operatori economici[3]

Tra tutti tipi di controlli sull’operato delle agenzie, quello del presidente è sicuramente caratterizzato dalle maggiori e più recenti innovazioni. Mentre con l’amministrazione Obama l’attività di regolazione delle agenzie era stata per lo più orientata verso l’impiego di tecniche di semplificazione della regolazione medesima[4], l’amministrazione Trump, al contrario, si è da subito impegnata a ridurre in maniera rilevante il raggio di azione delle agenzie.

Infatti, con l’executive order 13.771 del 30 gennaio 2017, intitolato Reducing Regulation and Controlling Regulatory Costs, si è previsto che qualunque agenzia amministrativa che intenda introdurre una nuova regolamentazione debba identificarne almeno due da abrogare. L’ordine esecutivo, inoltre, ha attribuito all’Omb il compito di stabilire un regulatory budget annuale per ciascuna agenzia federale[5].

Come cambia l’attività delle agenzie nell’epoca della deregulation

Il provvedimento presidenziale si pone in perfetta continuità con l’orientamento, seguito in passato anche da altri leader del partito repubblicano, che predica la necessità di ridurre gli oneri regolatori per cittadini e imprese, di limitare i vincoli amministrativi alle attività produttive e di verificare l’utilità di tutte le nuove regolamentazioni, sul presupposto che il mercato non vada gravato di troppe norme che soffochino l’iniziativa privata[6].

In questa prospettiva, se il presidente Trump ha impostato il proprio mandato all’insegna della deregulation,imponendo limiti stringenti all’approvazione di nuove regolamentazioni e fissando una serie di criteri per l’individuazione di regolamentazioni da rimuovere perché ormai datate, «ossificate» o costose, ci si deve domandare quanto e come sia mutata l’attività di regolazione delle agenzie federali americane, dal punto di vista sia qualitativo, sia quantitativo[7]. Questo è l’obiettivo dell’articolo di Daniel A. Farber, contenuto nel volume 94(2) della Chicago-Kent Law Review, in cui sono pubblicate le relazioni di un convegno, tenutosi al Chicago-Kent College of Law nel 2018, interamente dedicato all’analisi dell’impatto dell’attività della presidenza Trump sul diritto amministrativo statunitense.

In particolare, Farber concentra la propria attenzione su quattro aree di indagine. Innanzitutto, osserva quali siano i punti di forza e di debolezza dello strumento della cost-benefit analysisSuccessivamente, prende in considerazione il processo di regulatory review del Congresso fino al 2017. Esamina, poi, il nuovo ruolo dell’Oira risultante dalle trasformazioni del sistema regolatorio negli Stati Uniti. Infine, descrive le conseguenze del nuovo approccio anti-regolatorio sul concreto funzionamento della Environmental Protection Agency (Epa). 

L’analisi costi-benefici e il regulatory review process del Congresso

L’analisi costi-benefici richiede che vantaggi e svantaggi di una regolamentazione siano ridotti a una misura numerica, attraverso una complessa elaborazione di dati che permette di quantificare il possibile impatto della decisione amministrativa. L’uso di questo strumento solleva da sempre una serie di dubbi circa la sua idoneità a ponderare e bilanciare correttamente i diversi interessi in gioco[8]. In particolare, si è riscontrato che non sempre gli esperti sono concordi nell’identificazione di oneri e vantaggi e la misura dell’impatto di una regolamentazione può essere influenzata da pregiudizi errati e da falsi postulati[9] .

In particolare, Farber osserva che se i costi di una regolazione possono essere agevolmente individuati, molto più arduo è misurare l’entità dei benefici derivanti da una regolamentazione. In particolare, stimare i benefici è complesso per due ragioni. In primo luogo, è difficile attribuire un valore patrimoniale ai benefici di carattere ambientale e sociale: la protezione dell’ecosistema, la tutela della salute o la salvaguardia della vita umana sono beni difficilmente traducibili in termini monetari. In secondo luogo, mentre i costi di una regolamentazione si realizzano nel breve termine, i benefici, viceversa, tendono a prodursi sul lungo periodo (si pensi, per esempio, alle regolamentazioni ambientali, dove sono immediati i costi per adeguarsi a standard anti-inquinamento, mentre i benefici si apprezzano in futuro). Di conseguenza, è fondamentale che nell’analisi sia adeguatamente considerato il fattore temporale, dato che la preferenza dei singoli sarà sempre quella di posticipare i costi e ottenere benefici immediati. 

Il rischio che l’autore mette in evidenza è che, se l’amministrazione Trump non valorizzerà i benefici di natura non monetaria e non valuterà in una giusta prospettiva il fattore tempo, l’analisi costi-benefici potrebbe diventare uno strumento impiegato esclusivamente per impedire l’entrata in vigore di nuove regolamentazioni di una certa rilevanza economica, in cui sarebbero costantemente sopravvalutati gli oneri e sottovalutati i vantaggi.

Lo stesso rischio potrebbe materializzarsi in sede di approvazione delle regolamentazioni da parte del Congresso. In virtù del Congressional Review Act (Cra), infatti, il Congresso ha il potere di respingere le regolamentazioni delle agenzie federali entro un determinato termine. Inoltre, ai sensi della medesima legge, prima che le regolamentazioni di maggiore importanza diventino efficaci, le agenzie federali hanno l’obbligo di notificarle al Congresso. Quest’ultimo può adottare una joint resolution of disapproval in base alla quale il regolamento in questione può poi entrare in vigore solo con una ulteriore autorizzazione legislativa[10]

In realtà, l’autore osserva che, almeno nel 2017, il Congresso ha sottoposto a regulatory review process solo sette regolamentazioni, pari al quattordici per cento del totale dei regolamenti adottati dalle agenzie federali. Inoltre, il Congresso ha lasciato inalterate alcune delle regolamentazioni più costose, a dimostrazione del fatto che il suo intervento in materia di regolazione è spesso giustificato da ragioni più politiche che tecniche.

L’ordine esecutivo 13.771 del 2017 e il ruolo dell’Oira

Tanto la two-for-one rule, quanto il budget di regolazione previsti dall’ordine esecutivo 13.771 del 2017 pongono sfide per il funzionamento dell’Oira che devono essere attentamente valutate. Secondo Farber, infatti, la norma che impone di eliminare due regolamentazioni per ogni nuova normativa si basa sul falso presupposto che il «peso» della regolazione dipenda dal numero di norme esistenti e non dal loro contenuto. La nuova normativa, infatti, potrebbe presentare molti più vincoli delle due rimosse, perciò resta fondamentale l’approccio basato sull’analisi costi-benefici.

Il fatto che l’attuazione della regola del «due per uno» sia problematica è confermata dall’analisi in concreto dell’attività delle agenzie. L’autore osserva che nell’anno 2017 le agenzie hanno intrapreso 67 azioni di deregulation e hanno adottato solo 3 nuove regolamentazioni. Il rapporto è addirittura di 22 a 1. Nel 2018 le agenzie federali hanno intrapreso 32 azioni di deregolamentazione, adottando una sola nuova normativa regolatoria. Il problema è che le regolamentazioni abrogate avevano di solito impatti di per sé ridotti sul mercato, con la conseguenza che la metà delle azioni di deregulation non ha prodotto alcun risparmio. In questa prospettiva, allora, Farber sostiene che «the numerical two-for-one portion of the order seems to be more of a public relations gesture than a serious effort at deregulation» (p. 402) e che l’ordine esecutivo, da questo punto di vista, pare rivestire un significato eminentemente politico, che consiste nell’affermare che la deregulation sia una priorità per l’amministrazione Trump.

Il regulatory budget, al contrario, potrebbe avere conseguenze più rilevanti. Tale strumento rappresenta per le agenzie un incentivo istituzionale a tenere sotto controllo gli oneri delle proprie regolamentazioni e costituisce il mezzo principale di cui può avvalersi il presidente per esercitare una stretta vigilanza sull’attività di regolazione[11]. Secondo Farber, tuttavia, l’ordine esecutivo potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: nel tentativo di ridurre gli oneri di regolazione, le agenzie potrebbero perdere di vista l’obiettivo dell’efficienza delle regolamentazioni e del conseguimento di benefici di natura sociale. 

Tutte le novità introdotte dall’ordine esecutivo si riflettono necessariamente anche sull’operato dell’Oira. Quest’ultima, infatti, ha pubblicato delle linee guida per illustrare le modalità concrete di applicazione dell’executive order, ma sarà chiamata a vigilare in maniera molto accurata sull’attività delle agenzie per evitare di rendere effettive le innovazioni normative.

In particolare, Farber osserva che l’attività di vigilanza dell’Oira, che pure sembra essere potenziata per effetto dell’ordine esecutivo 13.771 del 2017, è risultata particolarmente problematica in relazione alle regolamentazioni adottate dalla Environmental Protection Agency. Tali regolamentazioni, infatti, avendo per oggetto beni di natura ambientale, sfuggono a una rigorosa analisi costi-benefici basata esclusivamente su valori aritmetici e, di conseguenza, si sottraggono più facilmente al review process dell’Oira.

Conclusioni

Le trasformazioni dell’analisi costi-benefici, l’uso del review process da parte del Congresso, le reazioni delle agenzie federali al nuovo orientamento anti-regolatorio seguito dall’amministrazione Trump, il ruolo che l’Oira è chiamata a rivestire e l’applicazione in concreto delle norme di deregulation nei confronti delle agenzie sono temi di importanza fondamentale per comprendere quali cambiamenti stia vivendo il modello di regolazione negli Stati Uniti. Mutamenti che, data il peso economico americano, avranno certamente effetti anche in altri ordinamenti, nonché a livello internazionale. 

In questa ottica, l’analisi compiuta da Farber è sicuramente stimolante, perché non soffre di quei pregiudizi ideologici che in alcune occasioni hanno accompagnato i commenti ai provvedimenti assunti dal presidente Trump. Sulla base di evidenze empiriche, l’autore dimostra come l’azione di deregulation, sbandierata dal presidente come la più importante della storia e considerata da molti come una sciagura, abbia avuto finora un impatto piuttosto modesto, perché calata in un contesto istituzionale e regolatorio molto sofisticato, in cui certe semplificazioni, come la regola del «due per uno», possono rivelarsi del tutto prive di effetti reali. 

Ad ogni modo, l’auspicio è che gli studiosi continuino a monitorare attentamente gli sviluppi del nuovo indirizzo anti-regolatorio statunitense per verificarne l’impatto sul modello di regolazione nel lungo periodo.


[1] Sui diversi attori che intervengono nel processo di regulatory review si rinvia a J.L. Mashaw (2018), Reasoned Administration and Democratic Legitimacy. How Administrative Law Supports Democratic Government, Cambridge, Cambridge University Press.

[2] Per approfondimenti su tale tipo di controllo si veda P.J. Larkin Jr. (2018), Reawakening the Congressional Review Act, in «Harvard Journal of Law & Public Policy», 41(1), pp. 187-252.

[3] Come osserva J.F. Blumstein (2017), Regulatory Review by the Executive Office of the President: An Overview and Policy Analysis of Current Issues, Vanderbilt Law Research Paper No. 17-37.  

[4] In tema si leggano C.R. Sunstein (2013), Simpler: The Future of Government, New York, Simon & Schuster (trad. it. (2014), Semplice. L’arte del governo nel terzo millennio, Milano, Feltrinelli) e Id. (2013), The Office of Information and Regulatory Affairs: Myths and Realities, in «Harvard Law Review», 126 (7), pp. 1838-1878.

[5] Per un primo commento critico a tale executive order si veda C. Cecot e M.A. Livermore (2017), The One-In, Two Out Executive Order Is a Zero, in «University of Pennsylvania Law Review Online», 166, pp. 1-16.

[6] In argomento si rinvia a P. Wallach (2016), The Administrative State’s Legitimacy Crisis, Brookings Institution, Center for Effective Public Management, disponibile online: https://www.brookings.edu/research/the-administrative-states-legitimacy-crisis/.

[7] Per un’analisi di settore, limitata alle regolamentazioni ambientali, si veda E.A.G. Geltman (2018), Environmental Health Regulation in the Trump Era: How President Trump’s Two-For-One Regulatory Plan Impacts Environmental Regulation, in «University of Michigan Journal of Law Reform», 51(4), pp. 669-714. 

[8] Per una rassegna dei problemi relativi all’applicazione dell’analisi costi-benefici si legga M. Abrescia e G. Napolitano (2009), Analisi economica del diritto pubblico, Bologna, il Mulino, p. 272.

[9] Si veda R.L. Revesz e M.J. Livermore (2008), Retaking Rationality. How Cost-Benefit Analysis Can Better Protect the Environment and Our Health, Oxford-New York, Oxford University Press.

[10] Sull’operatività del Congressional Review Act si rinvia a M. Rosenberg (2008), Congressional Review of Agency Rulemaking: An Update and Assessment of The Congressional Review Act after a Decade, Washington, D.C., Congressional Research Service.

[11] Sugli scopi del budget di regolazione si legga J.A. Rosen e B. Callanan (2014), The Regulatory Budget Revisited, in «Administrative Law Review», 66(4), pp. 835-860. 

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