
29 aprile 2025
a cura di Carlo Maria Fenucciu
Il recente panorama giurisprudenziale presenta novità di rilievo in tema di locazioni brevi con finalità turistiche, ravvivando il dibattito circa la titolarità di potestà legislativa in subiecta materia.
La materia si sgretola in effetti sotto plurime pretese legislative ed amministrative, muovendosi tra il turismo, di competenza esclusiva delle Regioni, la concorrenza e l’ordinamento civile, materie di competenza esclusiva dello Stato, incidendo altresì sul carico urbanistico, onde le pretese regolatorie da parte degli enti locali.
Tale frammentazione rende necessario, prima di addentrarsi nelle nuove, una breve ricostruzione della disciplina vigente.
La riforma del Titolo V, operata con l. cost. 3/2001, espungendo dal testo dell’art. 117 la materia del turismo, ne ha sancito, in via residuale, la competenza regionale esclusiva regionale. Eppure, come chiarito dalla Consulta sin dalla fondamentale sentenza 303/2003, le competenze esclusive delle Regioni devono sempre coordinarsi con le competenze statali che appaiano “trasversali”. Così, il turismo risulta attraversato dalla competenza statale esclusiva di cui all’art. 117, co. 2, lett. l), ossia l’ordinamento civile, ponendosi dunque il problema di identificare il displuvio tra le due. Un criterio di massima, benché di certo non idoneo a dirimere ogni situazione di conflitto, si rinviene nella giurisprudenza costituzionale, secondo cui la competenza statale copre, anche nei contratti turistici, la regolamentazione dell’attività negoziale e dei suoi effetti, potendo sempre le Regioni intervenire, invece, a regolare gli aspetti turistici delle attività (Corte Cost. 6 marzo 2019, n. 84).
Nondimeno, bisogna notare che la problematica si diversifica a seconda delle varie modalità in cui l’alloggio turistico può figurare, distinguendosi in approssimazione tra strutture ricettive alberghiere, strutture ricettive extra-alberghiere (case vacanze, affittacamere e simili) e locazioni di immobili ad uso abitativo per finalità turistiche.
Tale distinzione rileva in quanto la problematica posta dalle recenti vicende che si commenteranno è proprio la seguente: se le organizzazioni più elementari, quali case vacanze e locazioni svolte in maniera non imprenditoriale rientrino nella materia del turismo o siano solo attività negoziali. Incidentale, poi, è se vi sia altresì bisogno di un mutamento di destinazione per esercitare tali attività in forma non imprenditoriale o sia sufficiente la destinazione residenziale, tanto più che il recente d.l. 69/2024 (cd. salva casa), modificando l’articolo 23-ter del TUED ha rimosso il regime libero di mutamento di destinazione senza nuove opere, stabilendo la necessità della SCIA.
Tradizionalmente si è ritenuto che le locazioni di alloggi ad uso abitativo a fini turistici esulino dalla materia del turismo, tant’è che il legislatore statale ha per esse costruito nel tempo una disciplina uniforme a livello nazionale, chiarendo, prima di tutto, che esse sono regolate dal Codice civile e dunque sono escluse sia dal codice del turismo (art. 53 d. lgs. 79/2011) e dalla legge sulle locazioni abitative (art. 1, co. 2, lett. c) della l. 431/1998). Di più, l’eterogeneo corpus si compone del regime fiscale, di cui all’art. 4 del d.l. 50/2017 e del regime amministrativo di cui all’art. 13-ter del d.l. 145/2023, che estende alle locazioni in parola le normative di sicurezza, istituisce il Codice Identificativo Nazionale e chiarisce che la SCIA è necessaria solo per chi eserciti attività imprenditoriale (questa presumendosi al di sopra delle quattro unità immobiliari ai sensi dell’art. 1, co. 595 della l. 178/2020).
Proprio sulla possibile inclusione di attività non imprenditoriali all’interno della materia del turismo, di massima importanza è la recente presa di posizione del Consiglio di Stato nella sentenza 7 aprile 2025 n. 2928.
Il caso sub iudice riguarda il Comune di Sirmione, in Lombardia, la cui legge regionale sul turismo (25/2017) prevede che per le attività di casa vacanza e locazioni turistiche svolte in modalità non imprenditoriali non occorre la SCIA, ma solo una comunicazione di inizio attività (art. 38, co. 1 e 1-bis), dunque assimilando, sotto il profilo della disciplina, case vacanze e locazioni turistiche non imprenditoriali (così espressamente l’art. 3 del Regolamento Regionale 7/2016).
E proprio dinnanzi ad una CIA relativa all’attività di locazione turistica da parte della proprietaria di due immobili, il comune, per l’assenza di alcuni presupposti legittimanti l’esercizio dell’attività, adottava un provvedimento di irricevibilità della CIA con diffida dall’esercizio dell’attività.
La controversia appariva in realtà di semplice risoluzione, in quanto dinanzi ad una disciplina che prevede unicamente la CIA e non la SCIA il comune aveva, in sostanza, esercitato i poteri inibitori di cui all’art. 19 della l. 241/1990. Pertanto, il Consiglio di Stato ha disconosciuto una base legale per l’esercizio dei provvedimenti inibitori, annullandoli.
Eppure, benché non fosse essenziale alla ratio decidendi in quanto in Lombardia case vacanze e locazioni turistiche sono, come detto, espressamente accomunate, il consesso ha voluto precisare che gli immobili offerti in locazione turistica in forma non imprenditoriale non confluiscono nelle strutture ricettive, per cui, salvo una specifica assimilazione a determinati fini, non sono ricompresi nella disciplina delle case vacanze, affittacamere e simili. Si tratta di un’importante presa di posizione che tenderebbe dunque ad escludere che la disciplina delle locazioni turistiche rientri nella competenza regionale.
Tale affermazione deve però leggersi alla luce della già richiamata giurisprudenza costituzionale in subiecta materia. Segnatamente, la sentenza 84/2019, esprimendosi proprio sulla legge della regione Lombardia, ha chiarito che gli aspetti turistici anche delle locazioni turistiche ricadono nella competenza residuale delle Regioni, mentre appartiene all’ordinamento civile la regolamentazione dell’attività negoziale e dei suoi effetti. Dunque, non può dirsi che la disciplina delle locazioni turistiche, sol perché regolata prevalentemente dal diritto civile (secondo l’art. 53 cod. turismo già richiamato) ricada unicamente nella competenza esclusiva statale.
Rimane, pertanto, un problema aperto l’individuazione della frontiera tra la materia del turismo e la materia dell’ordinamento civile.
Un contributo prevedibilmente dirimente sarà dato alla questione dalla Consulta nel rispondere al ricorso proposto in via principale dal Governo avverso il cd. “Testo Unico del Turismo” della Regione Toscana, approvato con l.r. 31 dicembre 2024, n. 61. Il ricorso appare nella G.U. 1° Serie Speciale n. 14 del 2 aprile 2025.
La questione, per quanto qui d’interesse, nasce dagli articoli 41 ss. del Testo Unico, i quali hanno stabilito che le strutture ricettive extra-alberghiere con le caratteristiche della civile abitazione (affittacamere, B&B, case vacanze, residenze d’epoca) possano essere gestite unicamente in forma imprenditoriale e con destinazione turistico-ricettiva, al fine, dichiarato al paragrafo 8 del preambolo, di “qualificar[ne] l’offerta”. Tali disposizioni sono censurate in quanto comporterebbero una limitazione del tutto ingiustificata al diritto di proprietà garantito dall’art. 42 Cost nonché un’invasione delle competenze statali in tema di ordinamento civile. Le censure così riassunte partono dal presupposto che rientra tra le ordinarie modalità di godimento dei beni immobili anche il godimento indiretto tramite cessione ad altri: in tal guisa la prescrizione andrebbe altresì a regolare una materia afferente all’ordinamento civile.
Del Testo Unico toscano è stato inoltre impugnato l’art. 59 il quale, al fine di preservare il tessuto sociale e consentire una migliore fruizione turistica del patrimonio culturale e storico, consente ai comuni a più alta densità abitativa di dotarsi di un regolamento che subordini l’attività di locazione breve al rilascio di un’autorizzazione, potendo altresì stabilire un limite massimo di autorizzazioni. La disposizione è impugnata, ancora una volta, in quanto lesiva delle attribuzioni dello Stato in materia di ordinamento civile, nonché nella materia esclusiva della tutela del patrimonio culturale (indicata come una delle finalità dell’intervento) e nella materia governo del territorio, dal momento che trattandosi di materia concorrente, la legge regionale dovrebbe attuare dei principi espressi da una legge statale di settore.
Invero l’art. 59 sulle locazioni turistiche brevi risulta ancor più problematica della precedente in materia di strutture ricettive extra-alberghiere. Le criticità sorgono ove si consideri che tale attività non comporta di regola servizi aggiuntivi rispetto al mero godimento dell’immobile, tant’è che essa è, come si è detto, regolata dalle norme del Codice civile (art. 53 cod. turismo, già richiamato).
Il tutto, a tacere dell’inedito regime di contingentamento amministrativo delle autorizzazioni alle locazioni turistiche. In merito, pare opportuno richiamare i precedenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea Cali Apartments, in C-724 e 727/2018, del 22 settembre 2020. In quella circostanza, la Corte ha stabilito che la direttiva 2006/123/ce (cd. direttiva servizi) non osta a che le locazioni turistiche siano assoggettate ad un regime autorizzatorio amministrativo al fine di garantire un’offerta sufficiente di alloggi destinati alla locazione a lungo termine, dal momento che tale obiettivo costituisce un motivo imperativo di interesse generale. Il richiamo alla giurisprudenza europea permette di sottolineare una circostanza che invero non è rappresentata nel ricorso del Governo, ossia che il regime amministrativo di cui all’art. 59 rientra pienamente nell’ambito di applicazione della direttiva servizi, ponendo un ostacolo alla concorrenza, la tutela della quale è riservata al legislatore nazionale ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. e).
Chiudendo la trattazione, risulta pertinente trattare delle recentissime pronunce 31 marzo 2025 n. 307 e 308 del T.a.r. Bologna.
In questa circostanza si controverte della deliberazione del Consiglio Comunale di Bologna con cui si introduce una modifica al regolamento edilizio ed una variante al Piano Urbanistico Generale, con l’effetto di creare, all’interno della categoria funzionale “turistico-ricettiva”, una sottocategoria ricomprendente le attività turistiche svolte in unità immobiliari, comprensiva sia delle strutture turistiche extra-alberghiere (case vacanze e simile) sia le locazioni turistiche di cui all’art. 53 cod. turismo. Per gli immobili adibiti a tale scopo, si prevede la superficie minima di 50 metri quadri, in perseguimento del dichiarato motivo di consentire l’accesso alla casa e difendere i caratteri della città storica.
I giudici felsinei ritengono che la scelta del comune non sia esorbitante rispetto ai compiti che gli sono attribuiti, in quanto legittima espressione dei poteri di pianificazione del territorio, dal momento che la repentina crescita delle locazioni turistiche a discapito di locazioni a lungo termine incide sul carico urbanistico e sui servizi necessari nelle zone interessate dal fenomeno. La soluzione potrebbe apparire non in linea con la giurisprudenza finora analizzata della Consulta e del Consiglio di Stato, dal momento che le prescrizioni contenute nel regolamento edilizio incidono direttamente sul regime dominicale e sull’autonomia negoziale, vietando ai proprietari di immobili di piccole dimensioni di locarli a fini turistici.
Tale prescrizione, si sottolinea, non sarebbe espressamente autorizzata né dalla legge statale né dalla legge regionale, dal momento che la l.r. 16/2004 consente ai Comuni di stabilire le caratteristiche strutturali di affittacamere e locali adibiti alla somministrazione saltuaria strutturale di vitto e alloggio (artt. 10 e 13), non attribuendo analogo potere in caso di case vacanze e locazioni turistiche (artt. 11 e 12).
Dalle vicende in questa sede riportate, emerge nitidamente che il frastagliato tema in oggetto è senz’altro al centro di vivace dibattito, a ciò contribuendo i recenti fatti di cronaca che hanno evidenziato un certo astio verso la diffusione smisurata di attività di locazione turistica, a discapito dell’offerta di locazioni a lungo termine: si attende pertanto, che la Corte costituzionale si pronunci illuminando l’incerta questione.