Lab-IP

CHIAMATA IN SUSSIDIARIETA’: L’INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE NECESSARIE AL CONTENIMENTO DEL COVID-19 SPETTA ALLO STATO. IL TAR BOCCIA L’ORDINANZA DELLA REGIONE CALABRIA.

25 maggio 2020

ROSARIA MORGANTE

Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria si è espresso con un’importante pronuncia in merito al ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’annullamento dell’ordinanza n. 37 del 2020 della Presidente della Regione Calabria, che consentiva la ripresa delle attività di ristorazione attraverso il servizio con i tavoli all’aperto. 

Sono tre i motivi di illegittimità lamentati dalla ricorrente Presidenza del Consiglio dei Ministri: a) violazione del decreto legge n. 19 del 2020 nella parte in cui il Governo, disponendo le misure per il contenimento dell’emergenza conseguenziale alla diffusione del virus Covid-19, ha previsto la sospensione delle attività di ristorazione sull’intero territorio nazionale; b) carenza di motivazione dell’ordinanza, oltre che mancanza di una valida istruttoria; c) violazione del principio di leale collaborazione in virtù della ancata interlocuzione con il Governo e conseguente eccesso di potere dell’ordinanza. 

La Regione Calabria, costituitasi in giudizio, si è difesa nel merito ritenendo che l’ordinanza del Presidente della Regione, troverebbe un sicuro fondamento nell’art. 32, comma 3 della legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, laddove è previsto che il Presidente della Regione può emanare ordinanze dal carattere contingibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica. 

Ad avviso della Regione l’ordinanza in oggetto sarebbe inoltre pienamente conforme a quanto dettato dall’art. 3, comma 1 del decreto legge n. 19 del 2020, il quale prevede che le Regioni possano introdurre ulteriori misure in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario. Tale ultima disposizione, consentirebbe infatti di adottare una normativa regionale di dettaglio in ragione delle situazioni emergenziali specifiche di ogni Regione. 

I giudici del Tribunale amministrativo della Calabria contestano però la tesi della Regione, evidenziando i tre presupposti che il decreto legge n. 19 del 2020 individua come necessari per l’intervento delle Regioni: in primo luogo è necessario che questo sia destinato ad operare nelle more dell’adozione di un nuovo d.P.C.M.; l’ordinanza regionale deve poi essere  giustificata da situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario proprio della Regione interessata; deve inoltre prevedere esclusivamente misure ancora più restrittive per il contenimento del contagio. È evidente come, nel caso di specie, non sussista alcuno dei menzionati presupposti. 

Inoltre, la circostanza che il decreto-legge preveda l’adozione delle misure in esso previsto tramite un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri non lo rende illegittimo per contrasto con l’art. 41 Cost., come invece sostenuto in giudizio dalla Regione. La Costituzione, infatti, non prevede una riserva di legge in ordine alle prescrizioni da imporre al fine di evitare che la libertà di iniziativa economia si svolga in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Inoltre, è lo stesso decreto legge a predeterminare il contenuto del successivo d.P.C.M., il quale quindi dovrà limitarsi a stabilire solo l’ampiezza delle limitazioni già stabilite nel decreto legge. 

I giudici del TA.R. Calabria sottolineano che la Costituzione attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di profilassi internazionale (art. 117, comma 2, lett. q) mentre rientrano nelle materie di competenza concorrente la protezione civile e la tutela della salute (art. 117, comma 3). Il principio di sussidiarietà rende però flessibile il meccanismo e impone che le funzioni amministrative siano attribuite allo Stato quando emerge l’esigenza di un esercizio unitario delle stesse (art. 118, comma 1).  

Nelle materie di competenza concorrente, l’avocazione delle funzioni amministrative in capo allo Stato deve necessariamente essere accompagnata dalla funzione legislativa. Il T.A.R. Calabria, al fine di legittimare l’avocazione allo Stato di una funzione legislativa, ha in proposito richiamato un principio espressione di una consolidata giurisprudenza costituzionale,  quello cioè della c.d. “chiamata in sussidiarietà”.

Il principio della “chiamata in sussidiarietà” è stato per la prima volta teorizzato dalla Corte Costituzionale nel 2003. Secondo i giudici della Consulta, l’avocazione delle funzioni amministrative in capo allo Stato rispetta il principio di legalità dell’azione amministrativa solo se a questa si accompagna l’avocazione delle funzioni legislative, purché sia comunque rispettato il principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

L’attrazione a livello statale della potestà legislativa è dunque giustificata dal fatto che l’esercizio di ogni funzione amministrativa necessita una previa disposizione legislativa che ne disciplini modalità, limiti e presupposti. In questo caso, la previsione legislativa deve chiaramente avere un’origine statale: sarebbe infatti illogico attribuire la disciplina dell’esercizio di una funzione amministrativa ad un livello di governo diverso da quello che la pone in essere. 

Quanto al rispetto del principio di leale collaborazione, nel caso di specie l’art. 2 del decreto–legge prevede che il Presidente del Consiglio nell’adottare i d.P.C.M. debba sentire i Presidenti delle Regioni interessate.

I giudici del T.A.R. Calabria sottolineano che nel caso di specie allo Stato sono attribuite anche le funzioni legislative proprio in ragione della chiamata in sussidiarietà. Per tale motivo, il caso di specie non costituisce un intervento sostitutivo dello Stato ai sensi dell’art. 120 della Costituzione. 

Inoltre, l’ordinanza è stata adottata in mancanza di previa consultazione con il Governo, in questo modo viziando l’ordinanza per un eccesso di potere. 

Anche il terzo motivo, ovvero quello relativo alla carenza di una valida istruttoria, risulta allo stato degli atti evidente: la Regione Calabria non ha infatti operato alcun tipo di approfondimento scientifico idoneo a rispettare il principio di precauzione. 

Risulta dunque chiara l’illegittimità dell’ordinanza della Regione Calabria: il potere di individuare le misure necessarie al contenimento del Covid-19 spetta allo Stato, mentre alle Regioni spetta il compito residuale di intervenire con l’introduzione di misure ulteriormente restrittive nell’esclusivo ambito di loro competenza, nel rispetto dei limiti di cui all’art. 3, comma 1 del decreto-legge n. 19 del 2020 che però nel caso di specie non risulta essere integrato. 

FacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmailFacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmail