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Il piano triennale di prevenzione della corruzione Roma Capitale tra adempimento formale e prevenzione sostanziale

di Andrea Renzi

17/0217

1. Il piano triennale di prevenzione della corruzione – 2. L’adozione da parte di Roma Capitale – 3. Conclusioni

1. Il piano triennale di prevenzione della corruzione
La prevenzione della corruzione si è qualificata come uno dei principali strumenti utilizzati dall’amministrazione al fine di impedire il mercimonio e la maladministration della funzione pubblica.
La regolamentazione è posta come cardine in ambito preventivo, disponendosi in una struttura “a cascata” e ponendo in capo all’ANAC la predisposizione di un Piano Nazionale, valido per tutte le amministrazioni, ed un piano di secondo livello da predisporre da parte del singolo ente. Questo può essere considerato come lo stadio speciale della regolamentazione, con la peculiarità e lo scopo di adattarsi alle specifiche necessità e alle richieste del corpo amministrativo da cui promana (1). Il Piano è il documento fondamentale per la definizione della strategia di prevenzione all’interno di ciascuna amministrazione e si struttura sostanzialmente come un documento di natura programmatica inglobante tutte le misure di prevenzione obbligatorie per legge e quelle ulteriori, coordinandone gli interventi (2) .
La previsione di tale strumento è contenuta direttamente nella L.190\2012 al comma 5 dell’art 1, dove vengono segnalate le due principali aree di intervento prescritte dalla legge: una maggiormente specifica, mappatura del rischio rispetto ai singoli uffici dell’amministrazione adottante e le misure per prevenire e ridurne la pericolosità.
Riguardo alla struttura ed al contenuto specifico del piano, le amministrazioni sono mantenute libere proprio per permettere una concreta valutazione delle necessità fattuali della singola amministrazione. E’ comunque previsto il rispetto della linea di indirizzo fornita dall’Autorità Nazionale Anticorruzione mediante il PNA. Infatti il Piano Nazionale prevede innanzitutto una qualificazione soggettiva delle amministrazioni tenute all’adozione di tale piano. Queste sono: a) le amministrazioni centrali, le agenzie, le università e le altre amministrazioni di cui all’art 1, comma 2, del d.lgs n.165 del 2001 diverse da quellisottoposti al controllo di regioni e enti locali b) amministrazioni delle regioni e delle provincie autonome di Trento e Bolzano e degli Enti locali (3). Così come prevede inoltre, che il documento debba indicare gli obiettivi da raggiungere, gli indicatori, le misure, i responsabili, la tempistica e le risorse. Ancora più specificamente stabilisce direttamente gli elementi che debbono essere contenuti all’interno del PTPC affinché possa risultare adeguato. Cioè: i soggetti coinvolti, i loro relativi compiti e responsabilità, le aree di rischio specifiche, frutto dell’apposita valutazione alla luce anche di quanto predisposto dalla legge e dal PNA. Inoltre deve prevedere le misure obbligatorie e ulteriori e i tempi e le modalità del riassetto. Anche il Piano triennale della trasparenza e dell’integrità è ora contenuto all’interno del PTPC e viene richiesto anche un coordinamento tra le disposizione anticorruzione e il ciclo delle performances (4).
Veniamo ora a vedere come tale piano viene predisposto ed applicato. L’adozione del PTPC è rimessa all’organo di indirizzo dell’amministrazione su iniziativa specifica del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Il piano deve essere comunicato ed inviato anche all’Autorità Nazionale Anticorruzione e la predisposizione tecnica non può in alcun modo essere rimessa ad un ente esterno (5). Da tale divieto deriva però un grave rischio, infatti l’adozione potrebbe essere affidata ad amministrazioni prive delle capacità per la predisposizione, con il conseguente utilizzo di piani standard, volti ad un adempimento meramente formalistico. Il PTPC, come anche il PNA, ha una durata triennale e si prevede la possibilità di un aggiornamento annuale a seguito del recepimento dei feedback sull’applicazione e le conseguenze del piano da parte dei singoli settori dell’amministrazione (6). Questo in un’ottica di sviluppo progressivo delle attività di prevenzione della corruzione. Si ritiene, inoltre, che il piano debba essere coerente e sinergico con quanto stabilito in via di obiettivo nei documenti di programmazione strategico-gestionali e nella misurazione e valutazione delle performance. L’adempimento e la responsabilità sull’applicazione di questo è posta in capo allo stesso organo preposto all’iniziativa sul PTPC, cioè il Responsabile per la prevenzione alla corruzione.
La sua validità ed efficacia è correlata all’aderenza con le necessità proprie della singola amministrazione. Questo obiettivo verra raggiunto però, nei limiti in cui i piani siano abbastanza concreti da consentirne il rispetto e da permettere, in caso di non ottemperanza, il riconoscimento dei responsabili. Ulteriore rischio è che il piano si ponga come una mera applicazione burocratica, con totale svuotamento della sua funzione (7).

2. L’adozione da parte di Roma Capitale
Con deliberazione di Giunta Capitolina n.10 del 31 gennaio 2017 il Comune di Roma Capitale ha adottato il Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza per il triennio 2017 – 2018 – 2019. Questo piano è stato adottato con il duplice scopo di: “definitivo superamento delle criticità e delle patologie che hanno segnato la macchina amministrativa nel recente passato, ricostruzione di un rapporto di fiducia e di proficuo scambio con i cittadini”(8).
Il Piano è strutturato in due sezioni: nella prima si analizzano le misure di prevenzione della corruzione, mentre nella seconda le misure sulla trasparenza. Questo prevede una enucleazione degli obblighi legislativi e di quelli contenuti nel Piano Nazionale Anticorruzione, con delle ulteriori previsioni necessarie all’attuazione efficace nella singola struttura. Per tale motivo nel Piano della Capitale si prevede la disposizione di “Referenti per l’attuazione del Piano Anticorruzione”, questo perché la complessità dell’organizzazione comunale non permette l’attribuzione dell’applicazione al solo Responsabile della prevenzione della corruzione. Il Piano attribuisce ai dirigenti di ogni singola struttura competenze in merito: alla attività informativa nei confronti del Responsabile, al monitoraggio sull’attività svolta anche con riferimento agli obblighi di rotazione del personale, alla ricezione delle segnalazioni di illecito e relativo inoltro al RPC, all’osservanza delle misure contenute nel P.T.P.C.T e al rispetto da parte del personale che gestisce. Inoltre lo stesso direttore della struttura può nominare a sua volta un dipendente in possesso di adeguata formazione professionale quale sub-referente per lo svolgimento delle attività connesse, con una sorta di distribuzione delle competenze progressiva, in modo da coprire ogni singolo settore dell’amministrazione comunale (9).
Di particolare interesse risulta la previsione contenuta nella definizione delle aree di rischio proprie dell’amministrazione della Capitale. Il Piano del Comune di Roma ha previsto la pericolosità, a seguito dell’analisi apposita effettuata negli scorsi anni, dei seguenti settori: provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari, siano questi privi o meno di effetti economici, contratti pubblici, acquisizione e progressione del personale, controlli, verifiche, ispezioni e sanzioni, gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio, affari legali e contenzioso, anagrafe e servizi elettorali, pianificazione urbanistica (10). Ritenendosi che in via generale siano queste le aree in cui maggiormente si annidino gli interessi volti ad ottenere illecitamente benefici dalla pubblica attività.
Nelle aree ritenute di rischio è inoltre prevista un’attività particolare di monitoraggio. Qui è posto in capo al Direttore/Dirigente competente la redazione di una check-list delle fasi procedimentali contenente: I riferimenti normativi (legislativi e regolamentari), i tempi di conclusione di ciascuna fase e ogni altra indicazione utile a standardizzare e a tracciare le procedure seguite; la tempistica dell’iter amministrativo seguito e l’indicazione del personale responsabile, in modo tale da permettere una osservazione specifica delle modalità di esecuzione in grado di permettere un controllo specifico ad opera del Responsabile (12). Inoltre è previsto un monitoraggio da parte del dirigente in merito ai tempi di conclusione dei procedimenti amministrativi, mediante la presentazione di un report da inviare al RPC. Quest’ultimo entro un mese dalla ricezione pubblicherà sul portale Istituzionale dell’Ente i risultati del monitoraggio effettuato, indicando le eventuali violazioni e le determinazioni assunte al riguardo (13). Quest’ultima previsione risulta fortemente preventiva, sapendo infatti che «Se il cittadino sa in quanto tempo ha diritto a un provvedimento ed è sicuro che l’amministrazione è pronta a sanzionare in modo efficace chi non rispetta i tempi, non è costretto a comprare l’efficienza dell’amministrazione» (14), il monitoraggio delle tempistiche risulta un elemento cardine nell’eliminazione del rischio di annegamento della corruzione.
In base alla legge 190/2012 è all’interno del Piano triennale stesso che devono essere previste le modalità attuative dell’obbligo di rotazione del personale. Rispetto all’attività ordinaria di rotazione, per quel che riguarda l’area generale, si prevede una sostanziale ripetizione degli obblighi di legge . Positiva è invece la settorializzazione rispetto ad alcune particolari aree dell’attività amministrativa comunale o a particolari tipi di lavoratori per cui sono previsti invece degli standard particolari di rotazione. In caso invece di lavoratore infungibile (15) la scelta delle modalità alternative è rimessa caso per caso al RPC, prevedendosi all’interno del piano soltanto una ripetizione dei criteri stabiliti dall’ANAC nel PNA riguardo ai criteri sostitutivi della rotazione.

3. Conclusioni
L’applicazione del Piano Triennale di Prevenzione della corruzione e per la Trasparenza del Comune di Roma denota sicuramente una propensione quantomeno formale dell’amministrazione agli adempimenti previsti dalla legge 120/2012 e alle altre norme in merito alla prevenzione e lotta alla corruzione. Contemporaneamente però l’adempimento formale non basta per un’effettiva validità del Piano, in quanto è fondamentale in merito l’aderenza dell’atto alle necessità del Comune.
E’ infatti possibile osservare da un’analisi condotta nel 2015 da l’ANAC, l’Università di Tor Vergata e il Formez (16) svolta sui PTPC di millenovecentounidici amministrazioni, come la maggioranza di queste abbia adempiuto formalmente agli obblighi, ma la qualità dei Piani risulti nella gran parte dei casi insoddisfacente (17).
Seppur numerose sono le mere ripetizioni di quanto contenuto in norme di legge o in atti dell’ANAC, il Piano della Capitale sembrerebbe comunque avere degli elementi di tipicità e una non strutturazione standard rispetto ad altri Piani di grandi città italiane. Il monitoraggio dei tempi dei procedimenti così come la qualificazione delle aree di rischio sulla base delle precedenti esperienze comunali sicuramente lascerebbero intendere una certa adeguatezza, almeno teorica, alle necessità dell’amministrazione.
La recente approvazione però richiederà, per una corretta analisi dell’efficacia, il monitoraggio sugli effetti di medio e lungo termine e sulle modalità di attuazione, verificazione e controllo del Piano stesso.

Note
(1) M. MACCHIA La corruzione e gli strumenti amministrativi a carattere preventivo – In F. MANGANARO, A. ROMANO TASSONE, F. SAITTA – Diritto Amministrativo e Criminalità, 2014, Giuffrè, Milano Op Cit p.107
(2) Piano nazionale anticorruzione 2013-2016, p. 24
(3) Tale previsione è stata adottata in relazione a quanto emerso dalle Linee di indirizzo del Comitato Interministeriale
(4) Piano Nazionale Anticorruzione, triennio 2013\2016, p.25
(5) Questo proprio al fine di impedire la creazione di un mercato parallelo su questa attività
(6) L. 190\2012, art 1, comma 8
(7) B. G. MATTARELLA, La prevenzione della corruzione in Italia, cit., p. 127
(8) Così come espresso dal sito istituzionale del Comune di Roma Capitale http://www.comune.roma.it/
(9) Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza (2017-2018-2019), Roma Capitale, par. 4.2, p. 46
(10) Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza par. 6.1, Op, cit p. 55-56
(11) Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza par. 7.2.2, Op, cit p. 74-76
(12) Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza par. 8.1, Op, cit p. 90
(13) Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza par. 8.2, Op, cit p. 91
(14) S.CASSESE, Idee per limitare la corruzione politica – Il Corriere Giuridico, fasc. 6,1992, p. 701
(15) Cioè di quel lavoratore che per capacità tecniche specifiche non possa essere sostituito nell’ambito della rotazione
(16) Formez PA – Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle P.A. è una Associazione riconosciuta di cui Il Dipartimento della Funzione Pubblica detiene la quota associativa maggioritaria. Possono associarsi alla Associazione Formez PA le Amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Provincie, i Comuni, le Unione di Comuni e le Comunità Montane. Disponibile sul sito http://www.formez.it/
(17) ANAC, Formez PA e Università di Roma Tor Vergata, Rapporto sullo stato di attuazione e la qualità dei piani triennali di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche 2015-2017

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