Lab-IP

Il new public management in Nuova Zelanda

di Laura Trotta

25/10/15

Sempre più spesso sentiamo parlare di New public management. Ma di cosa si tratta esattamente? Con il termine New public management (NPM) si designa un modello di governance ed un insieme di tecniche di gestione delle amministrazioni pubbliche basati su pratiche provenienti soprattutto dal settore privato. L’idea base è quella di integrare il diritto amministrativo e le pratiche gestionali tradizionali che regolano il funzionamento di un ente pubblico (incentrate sulla coerenza tra norme ed adempimenti amministrativi) con metodi di gestione più orientati al risultato (garantendo maggiore economicità, efficienza ed efficacia nella gestione delle risorse e nella fornitura dei servizi). Inizia a diffondersi tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 nel Regno Unito (Tatcher) e negli U.S.A., dopodiché anche in Canada e in Nuova Zelanda. Il NPM nasce quindi nei paesi anglosassoni, per poi essere preso ad esempio anche da moltissimi altri paesi soprattutto nei processi di riforma sollecitati dalle crisi della finanza pubblica, ponendosi così come modello di good government da imitare.
Le principali caratteristiche di tale modello di governance sono le seguenti :

A) Decentramento organizzativo (es. Autonomia manageriale, responsabilizzazione dei dirigenti sui risultati…)

B) Introduzione di logiche competitive tra le diverse organizzazioni o agenzie pubbliche (affidamento di servizi ad imprese private, c.d. Contracting out, o ad altri enti pubblici, c.d. Contracting in; franchising di servizi…)

C) Adozione diffusa di tecniche manageriali e sistemi gestionali privatistici (razionalizzazione nell’utilizzo delle risorse; adozione di standard di risultati espliciti e misurabili, c.d. Cash limits e Cash planning; negoziazione tra i diversi centri di spesa e gli organi centrali…).

La Nuova Zelanda, come accennato sopra, ha fatto suo sin da subito questo innovativo modello di governance, meritandosi addirittura l’appellativo di “world leader” in tale ambito.
L’origine del termine New public management ed il suo utilizzo nella letteratura sono stati oggetto di molti dibattiti ad opera di studiosi. Barzelay definisce il NPM come un international trend, e ne dà un’ evocativa definizione che fu di ispirazione anche per Aucoin (1990) e Hood (1999). Esso considera l’NPM come una “shorthand expression used by scholars and professionals to refer to distinctive themes, styles and patterns of public service management that have come to the fore within the past two decades, notably in the United Kingdom, Australia and New Zealand” (Barzelay, 2001).
La Nuova Zelanda fu tra i primi paesi ad avviare un processo di riforme per far suo tale modello di governance; tali riforme possono essere suddivise in due fasi :

1) The Bolger-Shipley Years (1990-1999)

2) Labour-Led Governments (1999-2008)

The Bolger-Shipley Years (1990-1999)

Prima del 1984, in Nuova Zelanda, “The public sector was large” : ad ogni dipartimento spettavano moltissime competenze, il sector model era il modello predominante e ai vari dipartimenti spettavano funzioni sia commerciali che non commerciali. Inoltre vi erano anche altre organizzazioni ( non suddivise per dipartimenti ) cui spettavano le più svariate funzioni all’interno dell’organizzazione stessa. Il 1984 segna un punto di svolta dal momento che venne avviato un processo di riforme radicali, onnicomprensive ed estremamente significative nel settore pubblico. Ma quali sono le caratteristiche principali di tali riforme? Il New Zealand model è caratterizzato da cinque componenti fondamentali (Cook, 2004):

– Clarity of objectives
– Freedom to manage
– Accountability
– Effective assessment of performance
– Adequate information flows

Durante il 1990 il Governo ( al vertice del quale vi era Bolger, sostituito nel ’97 dalla Shipley) non modificò in modo radicale nè i principi alla base di tale modello di governance nè la legislazione più rilevante già esistente in tale ambito. Tuttavia il New Zealand model venne perfezionato con l’emanazione del Fiscal Responsibility Act (1994), il quale diede vita ad una struttura sviluppata attorno al fondamentale concetto di trasparenza sia nella preparazione che nella presentazione del bilancio pubblico. Ma è a partire dal 1996, grazie anche al contributo dello studioso Schick, che le riforme iniziarono a cambiare rotta e ad assumere carattere di estremo interesse anche a livello globale. Egli rilevò infatti che le riforme attinenti il NPM introdotte fino a quel momento in Nuova Zelanda avevano portato sì a notevoli risvolti positivi, ma avevano portato anche ad esiti talvolta paradossali, generati da un’applicazione troppo rigorosa e poco flessibile (e lungimirante…) di tale modello di governance.

The Labour-Led governments (1999-2008)

È alla fine del 1999 che inizia la seconda fase. Sale infatti al governo la coalizione c.d. Labour–Alliance, intenzionata a “restore the public’s trust in public services, rebuild capacity in the state sector, avoid any further plans for rapid or radical changes, improve funding in the state sector and make pragmatic refinements and adjustments, as necessary, rather than to seek a major overhaul or redesign”. Allo stesso tempo, però, si continua a seguire una linea conservativa riguardo alla politica fiscale.
La Labour–Alliance commissionò ben presto la fondamentale ‘Review of the Centre’ (2001), che si pose tre obiettivi da raggiungere prioritariamente rispetto agli altri :

1) Integrated service delivery ( erogazione di servizi meglio coordinata e che tenesse conto il più possibile dell’ interesse pubblico ) ;

2) Tackling fragmentation/improving alignment ( riduzione della frammentazione volta al miglioramento dei servizi pubblici) ;

3) People and culture (maggiore attenzione ai cittadini e al loro background culturale).

Tale review è volta proprio a risolvere (o comunque migliorare) i difetti delle precedenti riforme, sulla scia di quanto auspicato da Schick. Essa pose le basi per dar luogo a numerose modifiche da apportare sul New Zealand model, e si concluse con la seguente affermazione : “The public management system as it stands today provides a reasonable platform to work from, but some significant shifts in emphasis are needed to better respond to the needs of the future”. Ciò verrà fatto focalizzandosi su una cooperazione di tipo prevalentemente orizzontale, dando preferenza ad un sistema organizzativo in teams e networks piuttosto che strutturato gerarchicamente.
Il c.d. Management orizzontale può essere definito come “the coordination and management of a set of activities between two or more organizational units, where the units in question do not have hierarchical control over each other and where the aim is to generate outcomes that cannot be achieved by units working in isolation”. Vale a dire che i livelli gerarchici risultano notevolmente appiattiti rispetto ai sistemi di management verticale, fortemente gerarchizzati, e si preferisce dare più autonomia ai vari dipartimenti. Le decisioni non devono più ‘percorrere’ tutta la gerarchia per essere prese : ciò comporta vantaggi soprattutto in termini di flessibilità e rapidità.
Vorrei concludere la nota rispondendo ad una domanda. Cosa caratterizza davvero tale recente fase di riforma? Un sostanziale whole of government. Ma cosa racchiude questa curiosa espressione?
Il WOG è una nuovo concetto, da poco utilizzato in letteratura, connesso però alle tradizionali questioni e problematiche connesse alla specializzazione e alla conseguente necessità di coordinazione tra i vari livelli di governo. Esso può essere visto come una reazione ai problemi derivanti dal New public management, quale ad esempio la frammentazione da esso generata. L’obiettivo cardine che guida il governo neozelandese durante la fase del WOF è proprio questo: risolvere il problema della frammentazione amministrativa attraverso una sempre maggiore specializzazione nei vari settori a livello sia verticale che orizzontale, affinché si riesca ad avere una migliore organizzazione e cooperazione tra i vari livelli di governo.

 

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