Lab-IP

La chimera della semplificazione nella disciplina dei contratti pubblici

di Niccolò Macdonald

21/10/15
La semplificazione della disciplina dei contratti pubblici rappresenta un obbiettivo non solo primario ma obbligatorio del legislatore comunitario e nazionale. La regolamentazione di tale materia implica sicuramente un dato livello di complessità intrinseca; tuttavia, come dimostrato dalla maggior parte delle autorità di audit europee, spesso il quadro giuridico nei vari paesi è più complesso di quello necessario. In Italia un importante tentativo, che sicuramente ha semplificato la disciplina nazionale dei contratti pubblici, è stata l’adozione del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, denominato “Codice dei contratti pubblici relativo a lavori, servizi e forniture”: introdotto in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, ha rappresentato anche l’occasione per il legislatore italiano di una completa rivisitazione del quadro normativo dei lavori pubblici. Obbiettivo di semplificazione che si palesa già dalla stessa denominazione di “Codice”, che esprime la volontà del legislatore di raccogliere in esso tutta la normativa nazionale dei contratti pubblici: è infatti la prima volta che vengono raccolte in un unico testo le leggi emanate in tale materia sin dall’unità di Italia, dalla legge fondamentale del 1865, alla legge quadro del 1994 alla normativa sulle opere strategiche. A livello normativo è stata introdotta una semplificazione e uno snellimento delle procedure, con particolare riguardo alla tempistica, agli oneri pubblicitari e alla tipologia delle procedure, e la semplificazione delle procedure sotto soglia, come imposto dalla delega (mentre prima di allora non vi era alcuna disciplina di tali procedure). Tuttavia tale intento di un unico testo di riferimento che disciplinasse l’intera materia è ben presto diventata una mera chimera, in quanto è stato introdotto non solo il regolamento attuativo del 5 ottobre 2010 n.207, ma anche diverse discipline normative, esterne al Codice, che incidono sulla materia dei contratti pubblici, tra le quali a titolo esemplificativo si possono citare la disciplina in materia di rating di legalità, la disciplina delle c.d. white lists nella legislazione antimafia, le misure a favore delle piccole e medie imprese, e varie norme speciali di settore, quale ad esempio in materia di bonifiche. Regolamentazioni che pongono notevoli problemi di coordinamento e di individuazione della norma da applicare. Il sistema normativo è poi divenuto ancora più complesso e articolato a causa dei numerosi interventi di modifica del Codice: si possono contare ben 54 norme, a cui vanno aggiunti 19 leggi di conversione, che hanno modificato 597 volte gli articoli, mentre solo 114 articoli del codice non hanno subito alcuna modifica nel corso di questo decennio, per cui solo il 42% del totale degli articoli ha mantenuto il testo originario. Tali interventi, a volta estemporanei, hanno stravolto l’impianto originario del Codice dei contratti pubblici, rendendolo farraginoso e disarmonico.
In tale quadro normativo, sinteticamente tracciato, un nuovo impulso alla semplificazione è dato a livello comunitario dalle Direttive del 26 febbraio 2014, 2014/23/UE sui contratti di concessione, 2014/24/UE sugli appalti pubblici, e 2014/25/UE sui settori speciali, che si inseriscono nella c.d. “Europa 2020”, la politica comunitaria di obbiettivi strategici da raggiungere con una crescita “intelligente, sostenibile ed esclusiva”. Uno degli intenti centrali del nuovo intervento comunitario è rappresentato proprio dal voler attuare quella semplificazione fino ad ora disattesa dagli Stati membri, e ciò attraverso una serie di nuovi strumenti introdotti anche in relazione allo sviluppo tecnologico e informatico e la conseguente semplificazione delle procedure. Nel recepimento di tale “pacchetto direttive appalti e concessioni”, da attuarsi entro il 18 aprile 2016, si ha quindi una ulteriore possibilità di riordino della disciplina interna, dovendo interessare sicuramente il Codice dei contratti pubblici e il suo regolamento attuativo. Il disegno di legge per l’attuazione di tali direttive, varato dal Governo lo scorso 29 agosto e il 18 novembre 2014 e presentato in prima lettura al Senato, dove è ancora al vaglio, ha l’obbiettivo di emanare un unico testo normativo denominato “Codice dei contratti pubblici e delle concessioni”. Tuttavia tale disegno di legge pone qualche perplessità, che inducono a dubitare di una adeguata semplificazione. Un primo problema che sembra esser risolto dalla delega è quello del modo in cui introdurre tale nuovo Codice, se attraverso una revisione del Codice del 2006, oppure attraverso l’introduzione di un codice ex novo, che abroghi totalmente il precedente; la scelta, che sembra esser stata operata per tale seconda soluzione, è stata considerata una scelta coraggiosa, che però appare preferibile per modernizzare e razionalizzare la materia dei contratti pubblici e superare il complesso e articolato sistema attuale. Problematica invece può essere considerata la scelta di creare un unico Codice sia per gli appalti che per le concessioni, che rende difficile la realizzazione di un codice di facile consultazione ed applicazione. Pregevole invece è l’introduzione del divieto di c.d. gold plating, ossia il divieto di una regolamentazione ulteriore a quella necessaria al recepimento, per cui andrebbero abrogate le altre disposizioni in esubero; a tale divieto è legato l’utilizzo degli strumenti di soft law, anch’esso presente nel disegno di legge e da guardare con grande favore in quanto permettono di rinviare a regolamenti o ad altra fonte la definizione degli aspetti ritenuti non necessari. Tuttavia bisogna tener presente come la delega ha subito e sicuramente subirà modifiche, come dimostrato dal fatto che inizialmente in essa non vi era alcun riferimento né al divieto di gold plating né agli strumenti di soft law; inoltre se si tiene conto dell’esperienza del fallimento del Codice dei contratti pubblici, che aveva un simile intento di riordino, rimangono numerosi dubbi sulla realizzazione di un codice snello e semplice, capace di realizzare finalmente una effettiva semplificazione.

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