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L’ultima parola sulla legge vaccini: “legittima nel contesto attuale”

di IRENE MORTINI

 

12/01/2018

 

Con comunicato del 22 novembre 2017, la Corte costituzionale ha reso noto l’esito della discussione, avvenuta nell’udienza del 21 novembre 2017, sulle numerose questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Veneto in merito al D.lg. n. 73/2017 convertito in l. n. 119/2017, relativo all’obbligo di vaccinazione per i minori fino a 16 anni di età.

Come noto, nel presente giudizio la Regione lamentava il contrasto della presente legge con la Costituzione e la violazione dell’autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale

Il presente ricorso rilevava in primo luogo le criticità collegate all’obbligatorietà delle vaccinazioni previste dalla presente legge, ed inoltre la possibilità, riconosciuta al ministro della salute, di decidere l’interruzione dell’obbligo per alcuni vaccini, in seguito alla verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse, delle coperture vaccinali raggiunte, nonché’ degli eventuali eventi  avversi  segnalati  dalla  Commissione  per il monitoraggio dell’attuazione dei nuovi LEA, istituita con decreto ministeriale del 19 gennaio 2017.

Non era nelle intenzioni della Regione mettere in discussione la validità dei programmi di vaccinazione: il Veneto ha infatti richiamato nella propria legislazione l’opportunità di perseguirli (legge Regione Veneto n.7 del 2007) ed altresì dimostrato il raggiungimento di elevati livelli di copertura, attraverso un modello basato sul consenso informato e sull’alleanza terapeutica ai fini di un’adesione consapevole, come avviene nella maggior parte dei Paesi europei.

Quello che la parte contestava era un intervento statale attuato con lo strumento della decretazione d’urgenza e senza l’indicazione specifica degli obblighi europei ed internazionali ai quali la legislazione nazionale si sarebbe in tal modo uniformata, citati in maniera piuttosto generale nel testo della legge.

Si notava inoltre l’assenza di precedenti storici a livello internazionale, non rintracciabili nemmeno in periodi bellici o post bellici, e come le dieci vaccinazioni obbligatorie (il decreto-legge ne prevedeva inizialmente dodici) rendessero l’Italia il paese con il maggior numero di vaccinazioni obbligatorie in Europa e probabilmente nel mondo.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale poteva fondarsi, a detta dei ricorrenti, sull’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 77, comma 2, Cost., che ammette la decretazione d’urgenza all’esclusivo fine di fronteggiare casi straordinari di necessità ed urgenza.

Sotto esame anche la soglia fissata al 95% per la copertura vaccinale di tutte le patologie indicate nel comma 1 e 1bis del decreto-legge così come convertito, ritenuta arbitraria in quanto priva di qualsiasi giustificazione scientifica e normativa (facendo così cadere, a detta del ricorrente, i presupposti di necessità ed urgenza).

La Regione Veneto metteva l’accento sui livelli raggiunti dalle coperture vaccinali all’interno del proprio territorio, attestate negli ultimi anni al di sopra del 90% per la maggior parte delle patologie indicate all’art. 1, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo, e in ogni caso al di sopra della soglia critica per tutte le altre, non sussistendo quindi i presupposti per una decretazione d’urgenza. Solo in riferimento alla situazione morbillo si attestava una copertura solo dell’87,26%, ma non si trattava, a detta della Regione, di una situazione d’allarme; inoltre le norme impugnate non sarebbero comunque state idonee a rispondere in maniera rapida all’epidemia in corso.

Il ricorso confrontava poi l’art. 3, comma 3, e la disposizione dell’art.3-bis, comma 5, riscontrando come la decadenza dall’iscrizione fosse prevista solo a partire dall’anno scolastico 2019/2020, mentre per gli anni 2017/2018 e 2018/2019 la presentazione della documentazione vaccinale entro la data prevista costituisse un mero requisito d’accesso: la mancata presentazione della stessa costituiva una semplice irregolarità, non determinando la decadenza dall’iscrizione. Attraverso il pagamento della sanzione prevista ci si poteva di fatto esonerare dall’obbligo della vaccinazione, risultando quindi vanificato l’obiettivo dichiarato di ottenere un aumento rapido delle coperture vaccinali e nuovamente privi di significato i requisiti di necessità ed urgenza.

Altro elemento di doglianza era l’asserita lesione, lamentata dall’ente, delle competenze legislative ed amministrative regionali in materia di «tutela della salute» e di «istruzione», con violazione degli articoli 117, comma 3 e 4, e 118, comma 1, della Costituzione.

Al vaglio della Corte anche gli adempimenti vaccinali a carico di genitori e tutori e le conseguenti sanzioni in caso di inadempimento. La legge prevedeva infatti obblighi diversi per asili nido e scuole dell’infanzia: per i primi la messa in regola con il calendario vaccinale costituiva prerequisito obbligatorio per l’ammissione, mentre per quanto riguardava la scuola dell’infanzia, l’inosservanza comportava l’attivazione di una procedura di richiamo, con conseguenti colloqui con i genitori e multe fino a 500 euro.

Infine la Regione richiamava la violazione: i) del diritto alla salute e del diritto allo studio (articoli 2, 32 e 34 della Costituzione); ii) dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità (art.3 della Costituzione); iii) del principio di buon andamento dell’amministrazione (art.97della Costituzione); iv) del principio pluralista di cui all’art. 5 della Costituzione.

La Corte ha dichiarato non fondate tutte le questioni poste nel ricorso. È compito del legislatore nazionale adottare le scelte più adeguate in materia di vaccinazioni obbligatorie. «Questa scelta non è irragionevole, poiché volta a tutelare la salute individuale e collettiva e fondata sul dovere di solidarietà nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie».

Si sottolinea come tutte le vaccinazioni indicate come obbligatorie dalla legge siano già previste e raccomandate nei piani nazionali di vaccinazione e finanziate dallo stato nell’ambito dei Lea. Il passaggio da una strategia basata sulla persuasione ad un sistema di obbligatorietà trova giustificazione, come rileva la corte, nel progressivo calo delle coperture vaccinali.

La Consulta pone inoltre l’accento su come la legge di conversione abbia modificato il decreto Vaccini, riducendo in misura significativa le sanzioni amministrative pecuniarie e prevedendo inoltre che, in ogni caso, debbano essere precedute dall’incontro delle famiglie con le autorità sanitarie, in modo da favorire un’adesione consapevole ed informata al programma vaccinale.

Si conclude con un richiamo alla tutela del diritto all’istruzione e alla sua salvaguardia previsa dalla legge, in quanto «la mancata vaccinazione non comporta l’esclusione dalla scuola dell’obbligo dei minori, che saranno di norma inseriti in classi in cui gli altri alunni sono vaccinati».

La Corte non rileva quindi la violazione dei principi costituzionali richiamati dal ricorrente, considerando legittimo il bilanciamento degli interessi operato dal legislatore. Non vengono riscontrate nemmeno le criticità sollevate in merito all’impossibilità di giustificare la decretazione d’urgenza, rilevandone invece le basi sulla sussistenza di una situazione fortemente critica, quale quella rappresentata dal calo delle coperture vaccinali.

 

L’avversità della Regione Veneto alla legge Vaccini non si rileva solo nel ricorso alla Consulta, qui oggetto di analisi: in merito alle indicazioni operative delle disposizioni del decreto Vaccini era già stata richiesta una pronuncia del Consiglio di Stato.

Il ricorso aveva ad oggetto le circolari adottate in data 16 agosto 2017 dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dal Ministero della salute. In seguito, con circolare congiunta del 1°settembre 2018, sono state diramate ulteriori indicazioni operative, con particolare riferimento all’anno scolastico 2017/2018: presentazione entro il 10 settembre della documentazione comprovante l’effettuazione di 10 vaccini (poliomielite, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Haemophilus influenzae B, morbillo, rosolia, parotite e varicella) oppure la richiesta di appuntamento per eseguire i mancanti, ai fini dell’ammissione a scuola dei bambini tra 0 e 6 anni. Il successivo 4 settembre, il Veneto ha adottato il decreto n 111, con oggetto: “Regime transitorio di applicazione della legge 119/2017 in attesa dell’esito della richiesta di sospensione contenuta nel ricorso alla Corte Costituzionale”, introducendo una moratoria fino all’anno scolastico 2019/2020 per la presentazione dei documenti richiesti, per evitare così la decadenza dall’iscrizione negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia già a partire dall’anno scolastico in corso. Al decreto ha fatto seguito una lettera a firma congiunta adottata dalle Ministre della salute e dell’istruzione, indirizzata al presidente della regione Veneto: si sollecitava un riesame, da parte della Regione, del contenuto del predetto decreto, data l’assenza di opacità precettiva della legge e la diramazione della circolare del 1° settembre. In virtù del principio di leale collaborazione, la Regione aveva così sospeso l’esecuzione delle misure temporanee previste dal decreto, provvedendo poi a sottoporre all’attenzione del Consiglio di Stato un quesito relativo ai tempi di applicazione della legge Vaccini.

Il Consiglio di Stato aveva ribadito la vigenza della norma già a partire dall’anno scolastico in corso, sottolineando come «la copertura vaccinale può non essere oggetto dell’interesse di un singolo individuo, ma sicuramente è d’interesse primario della collettività. La sua obbligatorietà può essere imposta ai cittadini dalla legge, con sanzioni proporzionate e forme di coazione indiretta variamente configurate». Quindi, porre ostacoli ai vaccini accreditati dalla scienza medico-legale e dalle autorità pubbliche «vulnera immediatamente l’interesse collettivo, giacché rischia di ledere, talora irreparabilmente, la salute di altri soggetti deboli».

 

Le succitate sentenze pongono quindi fine alle riserve della regione Veneto sulla legge Vaccini, sancendone definitivamente la legittimità. Si porranno sicuramente ulteriori questioni relative alla nuova riforma del sistema di vaccinazione obbligatoria, data anche la diversità delle posizioni espresse dall’opinione pubblica negli ultimi mesi, ma la pronuncia della Consulta detta l’ultima parola sulla sua validità alla luce del contesto attuale: il legislatore è chiamato a prendere atto degli allarmanti dati sulle coperture vaccinali e sulla rapida diffusione di alcune epidemie, contemperando gli interessi costituzionali in gioco. La scelta di compromesso adottata rende effettivo il diritto all’istruzione e tutela la salute delle categorie più deboli, quale quella dei bambini.

 

 

 

 

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