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PROJECT FINANCING: IL TAR LAZIO ESCLUDE VINCOLI IN CAPO ALL’AMMINISTRAZIONE DOPO LA PRESENTAZIONE DELLA PROPOSTA SPONTANEA

Antonio Triglia

21 dicembre 2020

Una delle questioni più controverse in tema di project financing e della quale negli ultimi anni i Tribunali amministrativi si sono spesso occupati, dopo l’entrata in vigore del D.lgs 50/2016, è stata quella relativa alla presenza o meno di vincoli in capo all’amministrazione a seguito della presentazione della proposta spontanea. Tra le recenti pronunce sulla questione una delle più significative è sicuramente la sentenza n. 4975 del 2020 del Tar del Lazio, nella quale il Collegio, rigettando il ricorso, proposto dalle società RATP DEV ITALIA, CILIA ITALIA e ARCHITECNA ENGINEERING, avverso la delibera della Giunta Regionale del Lazio (n. 449 del 2019), recante “Valutazione di non fattibilità” di una proposta di progetto, relativa all’affidamento in concessione della  costruzione e gestione della linea ferroviaria Roma – Ostia Lido, ha anche fatto il punto su alcuni rilevanti aspetti del c.d. Project Financing a iniziativa privata.

Già in precedenza RATP DEV nel 2014 aveva presentato una proposta di project financing relativa alla stessa infrastruttura di trasporto, che la Regione Lazio aveva valutato “non fattibile” con la D.G.R. n. 437/2016. Impugnato quest’ultimo provvedimento, il TAR Lazio in tale occasione aveva accolto il ricorso (sent. 5702/2017), rilevando una sovrapposizione tra fasi procedimentali, alcune percorse sotto la vigenza dell’art. 153, D.lgs. 163/2006, altre sotto quella dell’art. 183, del D.lgs. 50/2016, non essendo stata garantita alla proponente una partecipazione consapevole in relazione alla fase del procedimento in corso di svolgimento” e non essendole state contestate le criticità sulla fattibilità mediante richieste di modifica”. Per tali ragioni veniva disposta la riattivazione del procedimento “al fine di consentire alla parte ricorrente di interloquire con la Regione sulle criticità esposte nel provvedimento “. 

Tuttavia, dopo l’intervento del Tar, entrava in vigore il D.L. n. 50 del 2017, il cui art. 47 prevede “Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.” come unico soggetto responsabile della realizzazione di interventi tecnologici sulle linee regionali e che ha imposto la stipula di una Intesa di programma tra Regione Lazio e Consiglio dei Ministri, in cui si individuavano i finanziamenti per l’ammodernamento della ferrovia Roma-Lido di Ostia. Inoltre in attuazione dell’art. 47 del D.L., è stata emanata la DGR n. 67 del 2019, con cui venivano fissati gli obiettivi strategici di migliorare la rete ferroviaria e di provvedere alla messa in sicurezza dell’infrastruttura. 

Nonostante la novità introdotte avessero profondamente influito sul servizio in concessione della linea ferroviaria, la Regione, al fine di consentire alla proponente la presentazione di una nuova proposta, coerente con il nuovo quadro normativo, le ha trasmesso la predetta D.G.R. n. 67/2019. Si giunge così alla proposta definitiva di cui trattasi, che veniva dichiarata dalla Giunta regionale “non fattibile” con la DGR 449/2019.

La suddetta delibera, impugnata e sottoposta al vaglio del Tar del Lazio, è stata ritenuta illegittima dalle società, in quanto decreterebbe la non fattibilità della proposta, senza aver verificato che il proponente non fosse nelle condizioni di adeguarsi alle indicazioni/modifiche, ritenute necessarie dall’amministrazione affinchè la Proposta divenisse fattibile. Inoltre secondo le ricorrenti, la Regione avrebbe concluso il procedimento con grande ritardo rispetto ai termini imposti, ( 2 anni dalla riapertura del procedimento , 5 anni della Proposta originaria) e avrebbe creato un “illogico iato” rispetto alla procedura di valutazione della proposta, lamentando la presenza di motivi ostativi differenti rispetto a quelli individuati dalla delibera del 2016.

Il Tar innanzi tutto cerca di sgombrare il campo dall’equivoco che la DGR n. 449/2019 costituisca il provvedimento conclusivo del procedimento riattivato in virtù della richiamata sentenza n. 5702/2017.  L’originario procedimento di valutazione della proposta, iniziato con la proposta di RATP DEV ITALIA nel 2014, infatti, deve ritenersi “interrotto” dall’entrata in vigore del D.L. n. 50/2017 e dalla stipula della richiamata Intesa. Nel contesto del nuovo quadro normativo non soltanto la Regione Lazio non poteva più essere unico ed esclusivo interlocutore istituzionale sulle valutazioni di interesse pubblico relative all’affidamento del servizio in questione, ma le stesse caratteristiche tecnico/economiche del progetto da realizzare sono risultate influenzate dalla nuova normativa.

Dal momento che la proposta di progetto è da considerarsi totalmente “nuova”, l’impugnata delibera (n. 449/2019) costituisce l’esito di un procedimento che ha richiesto la valutazione di elementi di fatto e di diritto ulteriori, in presenza dei quali la Regione ha del tutto legittimamente evidenziato ragioni ostative alla fattibilità prevalentemente nuove rispetto a quelle evidenziate nella precedente D.G.R. n. 437 del 2016. 

La tesi principale della ricorrente si basava sul fatto che, in considerazione del lunghissimo tempo trascorso per l’istruttoria della proposta di progetto, la Regione Lazio non avrebbe potuto sic et simpliciter dichiarare la non fattibilità dello stesso, ritenendola obbligata a richiedere e valutare ogni necessaria modifica progettuale al fine di portare il progetto ad approvazione. Tuttavia la suddetta tesi non è ritenuta dai giudici condivisibile, e questo poiché il ragionamento della ricorrente parte da una erronea lettura dell’istituto di cui all’art. 183, comma 15, D.lgs. n. 50/2016.

Così il Collegio, dopo aver richiamato testualmente la predetta disposizione, fa il punto sulla norma che regola il project financing a iniziativa privata, innanzitutto evidenziando che la disposizione ha ad oggetto interventi non (ancora) inseriti negli strumenti di  programmazione triennale dei lavori pubblici, pertanto la valutazione della proposta di progetto (come previsto anche dall’art. 14 del D.P.R. n. 207/2010 ancora in vigore) deve essere necessariamente integrata da elementi di valutazione che evidenzino non solo la necessità di realizzare l’opera in quanto conforme ad un’esigenza di pubblico interesse, ma anche la convenienza e l’efficacia del ricorso al partenariato pubblico privato rispetto all’appalto o ad altre tipologie di realizzazione dell’opera, e quindi presuppone, a monte, una valutazione dell’interesse dell’amministrazione ad includere tale progetto nella propria programmazione.

Pertanto, la presentazione di una proposta di progetto non pone in capo all’amministrazione l’obbligo né di “portarla ad approvazione” né, anche a seguito dell’eventuale approvazione, di avviare il successivo procedimento per la scelta dell’aggiudicatario. Anche dopo tale approvazione infatti l’amministrazione potrebbe benissimo decidere di non procedere alla gara per l’affidamento del progetto e intervenire in autotutela anche sulla dichiarazione di pubblico interesse, laddove riscontri “la sussistenza di motivi sopravvenuti, anche di natura economica in relazione al risparmio di spesa, anche a seguito di una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico originario (Consiglio di Stato, sez.V, 11 gennaio 2018, n. 111). In particolare, secondo l’interpretazione della disposizione fatta propria dal TAR, l’amministrazione non risulta vincolata a “portare ad approvazione” la proposta di progetto neppure quando la stessa sia tecnicamente adeguata e tale da non necessitare di alcuna modifica: ed invero, resta pur sempre in capo all’amministrazione il potere di decidere, attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili dal giudice, se l’approvazione del progetto assicuri il perseguimento dell’interesse pubblico, o sia invece più opportuno rinviare la sua realizzazione ovvero non procedere affatto (T.A.R. Molise Sez. I, 24/02/2020, n. 63)

Per cui l’art. 183 co. 15 non può interpretarsi nel senso che l’amministrazione, al cospetto di una proposta ritenuta a vario titolo “non fattibile”, debba ritenersi “obbligata” ad insistere nell’esortare, ad libitum, il proponente ad apportare modifiche al progetto fino a quando quest’ultimo non divenga “maturo” per essere portato ad approvazione. Del resto, il fatto che sia previsto  il termine perentorio di 3 mesi per la “valutazione” della fattibilità del progetto da parte dell’amministrazione, se da un lato implica che decorso tale temine la proposta del privato possa ritenersi decaduta, senza obblighi per il proponente (T.A.R. Piemonte Sez. I, 04/04/2019, n. 394), dall’altro non può vincolare neanche l’amministrazione all’infinito all’obbligo di proporre e valutare modifiche progettuali, tante volte quante sarebbero quelle necessarie perché si possa pervenire ad una approvazione del progetto. Tutto ciò è del resto in linea con la natura tipica della “finanza di progetto”, in riferimento alla quale nell’atto della presentazione della proposta vi è un’assunzione consapevole di rischio che quanto proposto, anche ove tecnicamente adeguato, non venga poi stimato, sotto vari profili, conforme all’interesse pubblico (T.A.R. Veneto 16/02/2018, n. 184), tanto da escludersi, in siffatte fattispecie, la sussistenza di un interesse qualificato che possa dar luogo a pretese risarcitorie.

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