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The Washminster system: Checks and Balances in Australia

C’est une expérience éternelle que tout homme qui a du pouvoir est porté à en abuser : il va jusqu’à ce qu’il trouve des limites […]. Pour qu’on ne puisse abuser du pouvoir, il faut que, par la disposition des choses, le pouvoir arrête le pouvoir“.

L’esprit des lois – Montesquieu

 

 

È con Montesquieu che il fondamentale principio della separazione dei poteri trova compiuta teorizzazione.

Ma per risalire alle radici di tale principio-cardine dello Stato di Diritto dobbiamo spingerci indietro nel tempo, fino ad un’età molto più risalente, poiché già nell’antica Grecia Platone ed Aristotele iniziarono timidamente a sostenere che l’unico modo per arginare e contrastare abusi da parte dei potenti è proprio “separare il potere”. Si trattò chiaramente di un tentativo, se pur “avanguardistico”, sicuramente meno elaborato e strutturato rispetto a quelli compiuti successivamente.

Solo alla fine del 1600 Locke dona al principio in esame una conformazione simile all’attuale. È infatti il primo a fare un importante salto di qualità: non è sufficiente separare il potere. È altresì necessario che ad ogni organo dello Stato venga affidata una funzione differente.

La domanda può sorgere spontanea: perché allora il nostro principio viene fatto risalire a Montesquieu? Perché è proprio lui che apre la strada alla politica moderna, perfezionando le “intuizioni” di Locke e dei suoi predecessori, ma soprattutto spingendosi oltre : “Le pouvoir arrête le pouvoir“. È forse proprio questa la frase (o comunque il concetto) motivo dell’attribuzione del principio a Montesquieu.

Ma cosa sta a significare? Semplicemente che i tre poteri fondamentali dello Stato (legislativo, esecutivo, giudiziario) non solo devono essere separati. Non solo a ciascuno di essi deve essere attribuita una funzione diversa. Essi devono altresì controllarsi l’un l’altro onde evitare abusi. Forse la mia introduzione potrebbe sembrare ai più come poco attuale (e forse poco consona) ad un articolo intitolato “Checks and Balances“. Ma d’altronde come possiamo analizzare e studiare esaurientemente in che modo tale principio è stato concretizzato e reso operante senza partire dalle origini?

Per entrare nel vivo del discorso partiamo da una questione preliminare: come tradurre la frase “Checks and Balances”? Forse la traduzione che più mantiene vivo il significato di tali termini  inglesi è “Controlli e contrappesi”. Essa sta ad indicare genericamente quell’insieme di meccanismi politico-istituzionali finalizzati a mantenere l’equilibrio tra i vari poteri dello stato, ed è stato teorizzato con lo scopo principale di evitare l’assolutismo. In tal modo si salvaguardano indirettamente anche le libertà e i diritti degli individui.

Quando si parla di Checks and Balances la nostra mente ci porta istintivamente negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Ma avete mai pensato a come tale sistema è utilizzato nella remota Australia? Probabilmente no.

Ed è a mio avviso molto interessante capire se ed in che modo esso operi nell’ ordinamento australiano in quanto, nonostante le inevitabili somiglianze con i paesi suddetti, possiamo evidenziare anche delle peculiarità alquanto singolari. Si tratta infatti di un sistema che può essere definito ibrido: “A hybrid form of government. It contains parliamentary government derived from British parliamentary institutions with a federal system modelled largely on the United States“.

Addirittura il Commonwealth australiano è spesso chiamato “The Washminster system“, perché combina elementi caratterizzanti il sistema di governo di Washington (US) con elementi che invece sono tipici di quello di Westminster (UK).

In particolare i principali elementi in comune con gli Stati Uniti sono:

  • il sistema federale con poteri suddivisi tra governi centrali e statali;
  • una Court per risolvere le controversie su questioni riguardanti la giurisdizione;
  • a struttura bicamerale del Congress: una House of Representatives (che rappresenta il popolo) ed un Senate (che rappresenta gli Stati);

Dal Regno Unito è stato invece estrapolato il responsible government: i ministri sono membri del Parlamento e devono ottenere l’appoggio della maggioranza dei componenti della lower House. La separazione non è totale poiché l’Esecutivo è scelto dal Legislativo, e conseguentemente è responsabile del suo operato davanti ad esso.

Ciononostante il sistema funziona, almeno a grandi linee, come anticipato da Montesquieu: ogni potere controlla l’operato dell’altro e si controbilancia con esso.

In particolare l’operato dei ministri è sottoposto al costante controllo dei membri del parlamento, i quali possono contrastare con un’Opposition eventuali azioni governative illegittime (o indesiderate…). Da parte sua invece l’Esecutivo non necessariamente controlla entrambe le Houses of Parliament: a causa del sistema di voto utilizzato, infatti, non sempre il governo riesce ad ottenere la maggioranza necessaria a supportarlo all’interno del Senate.

Inoltre le decisioni prese da parte del governo possono essere controllate e bloccate. Ad esempio la High Court può decidere se gli atti emanati dal parlamento sono coerenti con la Costituzione. Allo stesso tempo l’Esecutivo nomina i giudici della High Court e il Parlamento fornisce le risorse necessarie per farlo funzionare.

Se vogliamo essere più precisi e puntuali, c’e un’ultima importante precisazione da fare: la upper House può respingere i progetti di legge approvati dalla lower House, se pur entro certi limiti, solo e soltanto nei sistemi bicamerali. Ciò implica che non può esercitare tale tipologia di potere né nel Queensland né in altri due territori self-governing, poiché si tratta di sistemi monocamerali.

Infine non possiamo non ricordare un ultimo ma non meno importante tipo di check: quello esercitabile dal Governatore. Esso, infatti, può sciogliere il Parlamento. Si tratta di una “valvola di sicurezza” cui si può far ricorso solo in situazioni del tutto eccezionali.

È evidente che in questo modo i poteri dello Stato si controllino l’un l’altro: “le pouvoir arrête le pouvoir“. Incredibile quanto una frase scritta nel 1748 possa ancora oggi essere così attuale e carica di significato!

Prima di concludere vorrei segnalare due recenti accordi internazionali, il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) e il TPP (Trans Pacific Partnership), di cui sono venuta a conoscenza per la prima volta durante la IRPA lecture tenuta dal prof. Eyal Benvenisti. È utile segnalarli perché  essi apriranno nuovi scenari anche sul fronte dei Checks and Balances: il TPP, infatti, comprende anche Australia e Nuova Zelanda. Per citare una significativa frase del prof. Benvenisti, “[t]hese agreements will provide to effective check and balances”.

In conclusione, è davvero fondamentale saperne qualcosa in più sugli ordinamenti del resto del mondo. Perché solo confrontandoci con quanto è “estraneo” da noi e dalla nostra cultura politico-istituzionale possiamo capire quali sono le problematiche del nostro ordinamento, e magari  allargando i nostri orizzonti possiamo anche elaborare possibili soluzioni per risolvere o comunque migliorare ciò che da noi non funziona. Chissà se perfino la “selvaggia” Australia potrà darci qualche spunto di riflessione per migliorarci? D’altronde, oltre ai canguri ed ai koala, c’è molto di più da scoprire.

 

 

Laura Trotta

 

 

 

The Constitution of Australia, 2003. C. Saunders

It’s Your Constitution: Governing Australia Today, 2011 di C. Saunders

Parliamentary Democracy : Checks and Balances, 2004 di A. Asche

 

http://www.aph.gov.au

http://www1.curriculum.edu.au/ddunits/index.htm

http://australianpolitics.com http://www.caf.gov.au/default.aspx

http://www.checksandbalances.nl

 

 

 

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