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D.L. SEMPLIFICAZIONI: ACCELERAZIONI PER LO SVILUPPO DELLA BANDA E LA COMPETENZA DEI COMUNI SULL’ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI

CHIARA SCIUTO

14 settembre 2020

Il Decreto legge 16 luglio 2020 n.76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, noto come “Decreto Semplificazioni”, introduce delle novità molto importanti, sia in tema di accelerazione nello sviluppo della banda ultra larga, sia in tema di esposizione ai campi elettromagnetici.

Anzitutto, l’art 38 comma 2 del decreto, integra l’art 82 del Decreto 17 marzo 2020 n.18 (Maxi Decreto Cura Italia), proponendo un iter standardizzato e semplificato per ottenere l’autorizzazione a effettuare interventi di installazione e manutenzione delle reti in fibra ottica.

D’altronde con il Maxi decreto Cura Italia era stata evidenziata la necessita di introdurre delle facilitazioni per permettere un’importante accelerazione nella attivazione, installazione e manutenzione di tutto ciò che gira intorno allo sviluppo delle reti a banda ultra larga nel nostro territorio, ma tali necessità avevano bisogno di interventi concreti e integrativi.

In particolare, viene aggiunto il comma 2 bis all’art 82 del Decreto Cura Italia, il quale cita testualmente che “al fine di dare esecuzione agli obiettivi di cui al comma 2 […] è consentito effettuare gli interventi di scavo, installazione e manutenzione di reti di comunicazione in fibra ottica mediante la presentazione di segnalazione certificata di inizio attività all’amministrazione locale competente e agli organismi competenti […] La segnalazione così presentata ha valore di istanza unica effettuata per tutti i profili connessi alla realizzazione delle infrastrutture oggetto dell’istanza medesima.”

Il Decreto Semplificazioni, in secondo luogo, all’art 38 comma 6, sostituisce il comma 6 dell’art 8 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, ossia la legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici, con la seguente disposizione: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4.”

Il Decreto si schiera dunque a fianco degli operatori nella battaglia contro i “Comuni No 5G”. I comuni non potranno dire, sostanzialmente, che le antenne non possono essere installate in un determinato spazio. In aggiunta, i regolamenti emanati non potranno discriminare le installazioni sulla base della specifica tecnologia di rete mobile adottata, né modificare o incidere in via diretta sui limiti massimi di emissioni elettromagnetiche concessi. La definizione dei limiti elettromagnetici rimane ancora assoluta competenza dello Stato, e non dei singoli comuni.

Nessuna modifica è stata fatta invece alla regolamentazione che stabilisce i limiti di esposizione elettromagnetica, che vengono quindi confermati pur essendo estremamente conservativi rispetto a quanto stabilito in sede Europea.

Sembra essere stata accolta la richiesta inserita nel piano Colao di limitare la possibilità di STOP 5G da parte dei comuni (il piano presentato dalla task force istituita dal Governo e guidata da Vittorio Colao: tale piano intende “escludere l’opponibilità locale se i protocolli nazionali sono rispettati“). Ciò significa che i sindaci non potrebbero più opporsi all’installazione delle antenne 5G. La proposta di Vittorio Colao è semplicemente l’unica alternativa per il non proliferarsi del numero di antenne, ossia quella di accettare limiti di campo elettromagnetico un po’ più alti, e comunque ben inferiori ai limiti europei e a quelli in vigore negli altri Paesi. 

L’Autorità Antitrust è intervenuta per segnalare la presenza di tali restrizioni in grado di incidere in misura notevole sui livelli di concorrenzialità dei mercati delle telecomunicazioni, e di determinare ricadute negative rilevanti sui servizi erogati ai consumatori e alle imprese, nonché sulla competitività dell’Italia nei confronti di altri Paesi.

Afferma per questo, nel suo bollettino periodico (n. 33 del 17 agosto 2020), nella parte denominata “criticità riscontrate nell’azione amministrativa dei Comuni”, che “gli atti volti a ostacolare o impedire le attività di installazione ed esercizio di impianti di telecomunicazione in tecnologia 5G, sono idonee a creare una barriera all’entrata e all’espansione nei mercati di telecomunicazioni mobili e fisse, con rilevanti effetti sulla concorrenza in tali mercati e sui livelli di qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese” e inoltre “le restrizioni in esame rischiano di impedire il corretto dispiegarsi di un efficace processo competitivo basato sulla concorrenza dinamica tra gli operatori presenti sul mercato e tra di essi e i nuovi entranti che intendano avvalersi delle nuove tecnologie di comunicazione”. Siffatti ostacoli rischiano di compromettere seriamente e in modo ingiustificato il processo di innovazione tecnologica, con ricadute concorrenziali sia sui mercati delle telecomunicazioni che su diversi comparti del sistema produttivo locale che non potranno giovarsi degli opportuni strumenti tecnologici che saranno abilitati dalle tecnologie 5G.

Secondo l’AGCM, alla luce dell’importanza degli effetti sull’intero sistema economico che le tecnologie di telecomunicazione 5G avranno nei prossimi anni in Italia, è quanto mai prioritaria “l’eliminazione degli ostacoli ingiustificati e non proporzionati all’intervento infrastrutturale mediante la definizione di un’azione amministrativa efficace ed efficiente e che bilanci i diversi interessi pubblici rilevanti nel caso di specie, nel rispetto dei principi giurisprudenziali, da ultimo recepiti nella nuova formulazione della disposizione normativa di cui all’art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001″.

Non sarebbe infine corretto, secondo l’Antitrust, invocare il principio di precauzione che “può essere invocato solo nell’ipotesi di un rischio potenziale, e ‘non può in nessun caso giustificare una presa di decisione arbitraria’” visto che “nell’ordinamento nazionale esiste un assetto regolamentare volto a disciplinare e limitare i livelli di esposizione elettromagnetica che include le tecnologie 5G” e che “come sottolineato nel rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, le ARPA (agenzia regionale per la protezione ambientale) adottano già un approccio cautelativo nella valutazione delle emissioni elettromagnetiche degli impianti in tecnologia 5G che permettono ‘di assicurare il rispetto dei limiti in qualsiasi condizione di esposizione’”.

È vero che centinaia di scienziati in tutto il mondo hanno espresso molta preoccupazione per l’introduzione della nuova rete, invocando il principio di precauzione, e in effetti con il 5G assisteremo a una vera e propria escalation dell’elettrosmog, perché tra pochi anni quasi tutti i prodotti in commercio avranno una loro versione smart collegata alla rete. Ma dall’altra parte, altri scienziati favorevoli al 5G, ritengono invece che i timori siano completamente privi di fondamento, perché l’elettrosmog prodotto verrà comunque contenuto entro i valori massimi previsti dalla legge.C’è un dibattito piuttosto controverso e non possiamo certamente sapere ad oggi quale categoria di scienziati avrà ragione nel lungo termine, ciò di cui possiamo essere certi è che tali preoccupazioni non arresteranno la messa in campo della nuova tecnologia 5G.

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