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Débat public: col nuovo codice degli Appalti e delle Concessioni l’istituto francese diventa obbligatorio per le grandi opere infrastrutturali

di Ilaria Madeo

14/03/16

Il Consiglio dei Ministri, riunitosi in data 3 Marzo 2016 ha approvato in esame preliminare un unico decreto legislativo che recepisce le tre direttive europee 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE e che ha dato vita al nuovo Codice degli Appalti e delle Concessioni che sembra essere molto più snello e semplice rispetto alla normativa attualmente in vigore.
Infatti, il Nuovo Codice, sarà composto da circa 217 articoli a fronte dei precedenti 660, nonostante esso disciplinerà non solo gli appalti ma anche, per la prima volta ed in maniera omogenea ed unitaria, le Concessioni ed il Partenariato Pubblico Privato.
Numerose saranno poi le innovazioni apportate. Tra di esse spicca l’introduzione di un dibattito pubblico sul modello francese (c.d. il débat public), che diventerà obbligatorio per le grandi opere infrastrutturali aventi impatto rilevante sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio e che saranno individuate per tipologia e soglie dimensionali con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Il parere al quale si giungerà non sarà vincolante ma dovrà essere valutato in fase di definizione del progetto definitivo.
Ma che cos’è il débat public? Si tratta di una procedura che in Francia esiste ormai da circa vent’anni e trae origine dalle proteste contro la linea ferroviaria ad alta velocità Lione-Marsiglia. Nel 1995 è stata così istituita un’apposita commissione, indipendente e terza rispetto agli interessi in gioco: la Commission Nationale du Débat Public.
In estrema sintesi il dibattito pubblico funziona così: il proponente redige un dossier che illustra il progetto in un linguaggio accessibile a tutti; la discussione è aperta a chiunque voglia partecipare ed è la commissione stessa a decidere se dare avvio o meno al dibattito e quindi, successivamente, a gestirlo. Nel débat public non si discute solo del “come”, ma anche del “se” e dell’opportunità dell’opera, inoltre deve svolgersi in una fase anticipata rispetto al progetto definitivo. La procedura dura circa quattro mesi, prorogabili fino a sei, al termine dei quali la commissione redige una relazione e la consegna al proponente che entro tre mesi deve esprimere pubblicamente la sua decisione in merito al proseguimento o meno dell’opera, motivandola.
La funzione del débat public è quella di evitare il fenomeno noto come la cd “sindrome di Nimby” (not back in my yard), cioè evitare l’opposizione delle popolazioni locali alla realizzazione di grandi infrastrutture che nella maggior parte dei casi, potrebbero rilevare notevoli impatti negativi sull’ambiente e sul territorio. L’opposizione della popolazione alla realizzazione di interventi sul territorio spesso determina inevitabili ritardi, specie nella fase di esecuzione dei lavori, con conseguenti lievitazione dei costi e del contenzioso.
Questi problemi in realtà, non solo riguardano la realizzazione di importanti infrastrutture ma, in molti altri casi, anche interventi limitati come, per esempio, la costruzione di un parcheggio. La consultazione preventiva può rappresentare un modo per ridurre i blocchi e i ritardi nell’esecuzione dei progetti. Inoltre potrebbe ridurre il rischio “politico”, rappresentato dai mutamenti che possono intervenire nel committente a seguito del cambio di maggioranza per nuove elezioni. La consultazione pubblica, infatti, può essere idonea a scindere il destino del singolo progetto da quello della maggioranza proponente, in quanto lo stesso è stato valutato ed approvato dai soggetti interessati.
La Francia non è l’unico Paese a prevedere forme di partecipazione pubblica alla costruzione di grandi opere. Esperienze analoghe esistono anche per esempio in Gran Bretagna e USA. In particolare nel Regno Unito, il sistema consultivo delle grandi opere, riformato nel 2008 con il cosiddetto “planning act”, viene spesso preceduto dal cosiddetto “White Paper”, un documento volto ad illustrare i motivi politici e gli obiettivi di una determinata scelta che il governo intende portare avanti. Tali documenti sono poi sottoposti ad una consultazione pubblica al fine di acquisire l’opinione dei cittadini. Negli USA invece il meccanismo è completamente diverso: il metodo più diffuso si chiama “Public consensus building” ed il confronto non è aperto a tutti ma solo agli stakeholder (n.d.r. portatori d’interessi), che sono in grado di sviluppare i principali punti di vista sul tema. Anche in questo sistema, come quello francese, esiste un mediatore indipendente ma l’obiettivo è quello di raggiungere sempre e comunque un risultato. Il débat public invece non deve per forza trovare una soluzione. È possibile infatti che si arrivi alla conclusione di non procedere con il progetto.
Tornando al nostro ordinamento ed alle più recenti novità, la norma che dovrebbe rendere obbligatorio il Dibattito Pubblico per le grandi opere infrastrutturali aventi impatto rilevante sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio è l’articolo 22 del Nuovo Codice degli Appalti e delle Concessioni (che, come già detto, per il momento è stato soltanto approvato in esame preliminare dal CdM).
Come già anticipato, tale norma, è fortemente ispirata all’istituto francese e prevede che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblichino, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi ai grandi progetti infrastrutturali di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, nonché gli esiti della consultazione pubblica comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti saranno pubblicati con i documenti predisposti dall’amministrazione e relativi agli stessi lavori.
La procedura inizia con la convocazione di una conferenza da parte dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore proponente ed a cui cui sono invitati gli enti e le amministrazioni interessati, nonché gli altri portatori di interessi, ivi compresi comitati di cittadini che abbiano già segnalato agli enti locali territoriali il loro interesse. Durante tale conferenza si definiscono le modalità del dibattito pubblico, che, in ogni caso, deve concludersi entro quattro mesi dalla predetta convocazione e deve comunque prevedere:
la pubblicazione sul sito Internet del proponente del progetto di fattibilità tecnica ed economica e di altri documenti relativi all’opera;
la raccolta di osservazioni inviate on-line ad un indirizzo di posta elettronica del proponente e da quest’ultimo costantemente presidiato;
lo svolgimento di dibattiti pubblici nel territorio interessato;
la pubblicazione, sul sito del soggetto proponente, dei risultati della consultazione e dei dibattiti, nonché delle osservazioni ricevute, anche per sintesi.
Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte saranno poi valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e successivamente discusse in sede di conferenze di servizi relative all’opera sottoposta al dibattito pubblico.

Dallo svolgimento del dibattito pubblico deriverebbero benefici sicuramente in termini di partecipazione e democraticità. Ma l’istituto in esame è realmente idoneo a migliorare la speditezza e l’efficacia dell’azione amministrativa e a far sì che essa non sia più perennemente condizionata da pressioni settoriali e localistiche?
Se in tanti son pronti ad accogliere con grande entusiasmo l’istituto di importazione francese, anche alla luce degli importanti risultati raggiunti dagli altri ordinamenti; altri guardano al débat public ancora con diffidenza temendo che esso possa rallentare ulteriormente le già complesse procedure.
Solo il tempo potrà rimuovere tali perplessità; a noi non resta altro che attendere fiduciosi.

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