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DPCM 179/2020 E 180/2020: IL GOVERNO DEFINISCE IL PERIMETRO OGGETTIVO DEL GOLDEN POWER

Tommaso Di Prospero

18/01/2021

Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale (n. 322 del 30 dicembre) dei Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 179 del 18 dicembre 2020 e n. 180 del 23 dicembre 2020, il Governo individua con più precisione l’ambito di applicazione della normativa in materia di poteri speciali (la normativa Golden power). Rispettivamente, i decreti contengono il «regolamento per l’individuazione dei beni e dei rapporti di interesse nazionale» e «l’individuazione degli attivi di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni». Entrambi i Dpcm entrano pienamente in vigore dal 14 gennaio 2021. 

Da un punto di vista sistematico, l’esigenza di provvedimenti individuativi di specifici rapporti e attivi per l’applicazione della normativa golden power era sentita da tempo, visto l’ampliamento oggettivo contenuto nel Regolamento UE 452/2019 (il “Regolamento”). Già la Commissione europea, nella comunicazione resa il 26 marzo 2020, aveva invitato gli Stati membri ad «avvalersi appieno, sin da ora, dei meccanismi di controllo degli Investimenti Esteri Diretti per tenere conto di tutti i rischi per le infrastrutture sanitarie critiche, per l’approvvigionamento di fattori produttivi critici e per altri settori critici, come previsto nel quadro giuridico dell’UE». La più recente disposizione in tal senso poteva essere individuata nel decreto Liquidità, che nella situazione di totale emergenza legata alla pandemia da Sars-Cov-2, aveva compiuto un generico rinvio all’art. 4 del Regolamento, per abbracciarne i settori di interesse. Di fatto, questo si traduceva in una situazione di incertezza sul possibile raggio d’azione del governo e negli obblighi per gli investitori che operassero in settori senza una specifica delimitazione normativa in materia, il tutto potenzialmente in violazione del principio di trasparenza che dovrebbe guidare la disciplina, anche alla luce del Regolamento. Con la decretazione in esame, l’esecutivo ha diramato numerosi dubbi introducendo una ricca e dettagliata elencazione dei beni, rapporti e attivi di rilevanza strategica rafforzando lo screening sugli investimenti diretti esteri. 

Esaminando il contenuto del primo Dpcm, il n. 179 del 18 dicembre 2020, esso individua infatti i «beni e rapporti» di rilevanza strategica per l’interesse nazionale a cui si applica il controllo sugli investimenti diretti esteri, suddividendoli nei settori di: energia; acqua; salute; trattamento, accesso e controllo di dati e informazioni sensibili; infrastrutture elettorali; settore finanziario, compreso quello creditizio, assicurativo e delle infrastrutture dei mercati finanziari; intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, cybersicurezza, nanotecnologie e biotecnologie; infrastrutture e tecnologie aerospaziali non militari; approvvigionamento di fattori produttivi critici in ambito siderurgico e del settore agroalimentare; prodotti a duplice uso (civile e militare). La struttura deputata allo scrutinio degli investimenti diretti esteri, ossia il Gruppo di coordinamento operante presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, viene integrato dai rappresentanti dei singoli Ministeri competenti in relazione alla specificità della materia o dell’operazione. 

Parallelamente, il Dpcm n. 180 del 23 dicembre 2020, si occupa dell’individuazione degli attivi di rilevanza strategica nei differenti settori. All’art. 1, il decreto segnala, per quanto riguarda settore energetico, che «gli attivi di rilevanza strategica nel sistema energetico nazionale sono individuati nelle reti energetiche di interesse nazionale, e nei relativi rapporti convenzionali» di cui fa riferimento il comma 1. Sono inclusi: a) rete nazionale di trasporto del gas naturale e relative stazioni di compressione e centri di dispacciamento […] nonché gli impianti di stoccaggio del gas; b) infrastrutture di approvvigionamento di energia elettrica e gas da altri Stati, compresi gli impianti di rigassificazione di GNL onshore e offshore; c) rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica e relativi impianti di controllo e dispacciamento; d) attività di gestione e immobili fondamentali connessi all’utilizzo delle reti e infrastrutture di cui alle precedenti lettere a), b) e c). All’art. 2 vengono previsti attivi e rapporti per il settore dei trasporti, individuati nelle «grandi reti e impianti di interesse nazionale, destinati anche a garantire i principali collegamenti transeuropei, e nei relativi rapporti convenzionali». L’art. 3, da ultimo, prevede la disciplina nel settore delle comunicazioni, in particolare individuando le «reti dedicate e nella rete di accesso pubblica agli utenti finali in connessione con le reti metropolitane, i router di servizio e le reti a lunga distanza, nonché negli impianti utilizzati per la fornitura dell’accesso agli utenti finali dei servizi rientranti negli obblighi del servizio universale e dei servizi a banda larga e ultralarga, e nei relativi rapporti convenzionali […]». 

Alla luce di tale disciplina, occorrono alcune chiose conclusive. Da un lato, una elencazione piuttosto esaustiva come quella in esame dovrebbe essere accolta con un certo favore, almeno rispetto al rinvio piuttosto ambiguo sotto il profilo della trasparenza operato lo scorso anno con il decreto Liquidità. Dall’altro lato, non si può fare a meno di notare come tale individuazione oggettiva sia così estesa da risultare potenzialmente dirompente e lesiva del principio di proporzionalità. Se è vero che l’incertezza del diritto possa essere motivo di allontanamento degli investitori esteri, lo stesso vale per un intervento così pervasivo da parte dello Stato nell’economia con inedite barriere agli investimenti. Alcuni osservatori hanno già notato come tale estensione oggettiva, in un certo senso incoraggiata dalla normativa introdotta con il Regolamento, potrebbe anche aprire la strada ad ingerenze da parte dei governi nazionali nell’applicazione dei controlli pubblici, soprattutto dove andasse a mancare un intervento bilanciato e basato sui principi dell’azione amministrativa. Evidenziamo in questa sede come alcuni settori, in particolare il settore finanziario e assicurativo, non abbiano goduto di una individuazione particolarmente limpida, ma anzi oltremodo estesa. Il Dpcm n. 179 del 18 dicembre 2020, infatti, poco si discosta dalla disciplina introdotta con il decreto Liquidità e che aveva già fatto sollevare alcuni dubbi. In particolare, il decreto Liquidità prevedeva che ricadessero nell’ambito della disciplina Golden Power le società che detengono beni e rapporti, tra l’altro, nel settore delle infrastrutture finanziarie. Lo stesso decreto Liquidità aveva poi precisato che rientrassero nel comparto finanziario anche i settori creditizio e assicurativo, di fatto spingendosi oltre l’impostazione del Regolamento. L’ambito letterale non indica, infatti, che per settore finanziario si fosse dovuto ricomprendere tutto il settore del mercato creditizio e tutto il settore assicurativo. Un’impostazione che abbraccia l’infrastruttura finanziaria fino a includere le generalità delle assicurazioni sembra effettivamente in contrasto con il principio di proporzionalità. Il Dpcm n. 179 del 18 dicembre 2020 conferma questa impostazione in un lungo elenco all’art. 8, che include «Beni e rapporti nel settore finanziario, ivi compreso quello creditizio e assicurativo, e delle infrastrutture dei mercati finanziari». Non resta che attendere i prossimi sviluppi normativi, che auspicabilmente armonizzeranno la disciplina europea anche nei procedimenti amministrativi di controllo e nella cooperazione con gli altri Stati membri.

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