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I criteri di selezione dei professionisti esperti ex art. 80 co. 4 e la loro posizione rispetto all’amministrazione penitenziaria

MATTEO PULCINI

 

 

21/02/2019

 

 

 

  1. La disciplina relativa alla selezione dei professionisti esperti ex art. 80, co. 4

L’ordinamento penitenziario, all’art. 80, co. 4, prevede la collaborazione, per lo svolgimento dell’attività di osservazione e trattamento, di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria, criminologia clinica, mediazione culturale e servizio di interpreti. Queste figure professionali forniscono, all’interno della cosiddetta equipe (il gruppo ristretto che cura la prima fase di osservazione del detenuto) le loro competenze specialistiche ai fini dell’elaborazione del documento di sintesi in base al quale il magistrato di sorveglianza approva il programma di trattamento. A tali soggetti può essere essere richiesto, poi, di prestare consulenza alla commissione per la redazione del regolamento interno in base all’art. 16, d. P. R. 230/2000. Ulteriore attività di consulenza può essere svolta nei confronti del personale sanitario in base all’allegato A del d. P. c. d. m. 1 aprile 2008.

Di diritto partecipano alle riunioni del consiglio di disciplina chiamato a disporre il regime sorveglianza particolare ex art. 14-bis, l. n. 354/1975. Figure imprescindibili nella regolare dialettica penitenziaria, vengono selezionati, secondo quanto stabilito dall’art. 132, d. P. R. 230/2000, in base ad un elenco stilato dal provveditore regionale che accerta la loro idoneità mediante colloquio, anche avvalendosi del contributo di docenti universitari delle relative discipline. Gli incarichi, poi, sono assegnati dalle direzioni dei singoli istituti, su autorizzazione del provveditore.

La scarna normativa primaria è completata dalla circolare Dap 12 giugno 2013, n. 3645/6095, che ha definito con maggior precisione la posizione dei professionisti esperti, che alcuna giurisprudenza aveva qualificato come lavoratori dipendenti, vista la collaborazione decennale con gli istituti. La circolare ribadisce il carattere di collaboratori dei professionisti nonostante appaia «assolutamente riduttivo considerar[li] alla stregua di consulenti: trattasi di collaborazione capillare soprattutto nel front-office istituzionale che si connota quale sostegno o verifica costante del comportamento dei detenuti o internati». La circolare assegna la determinazione del monte ore del singolo contratto individuale ai provveditori, prevede il rinnovamento degli elenchi ed il loro aggiornamento periodico (periodo individuato in quattro anni).

In base alla circolare i provveditori hanno emanato degli avvisi di selezione in cui si specificano i titoli necessari e quelli valutabili. In particolare, tra questi ultimi sono inseriti stage presso qualsiasi pubblica amministrazione e tirocini post-lauream presso istituti penitenziari od uffici di esecuzione penale esterna, oltre a dottorati, scuole di specializzazione e master di primo e secondo livello.

 

 

  1. Profili critici della circolare dap 12 giugno 2013, n. 3645/6095

Dal punto di vista strettamente funzionale, rileva la posizione dei professionisti inseriti nel precedente elenco, ritrovatisi improvvisamente fuori dal circuito lavorativo cui hanno partecipato, per stessa ammissione dell’amministrazione, per molti anni. Il ruolo riservato agli stessi dall’ordinamento penitenziario è senza dubbio di primo piano, risultando le competenze in campo psicologico, criminologico e sociologico di fondamentale importanza durante tutto l’arco della storia penitenziaria del detenuto, all’interno ed all’esterno dell’istituto.  Occorre evidenziare, inoltre, che le condizioni di accesso ai rapporti con la pubblica amministrazione devono essere ispirate al principio di parità ex art. 51 Cost. Il precedente meccanismo creava probabilmente una situazione di fatto privilegiata per chi già collaborava con l’amministrazione penitenziaria. Infine è rilevante il profilo relativo all’ampiezza dello spettro di discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria nel caratterizzare la procedura di iscrizione all’elenco tramite una fonte non legislativa quale la lettera circolare.

 

  1. Le controversie nate a seguito degli avvisi di selezione emanati dai Provveditorati

Immediatamente dopo la pubblicazione degli avvisi di selezione per esperti criminologi e psicologi ci sono state numerose impugnazioni da parte dei professionisti interessati dalla variazione degli elenchi. I ricorrenti chiedevano l’annullamento della circolare e degli avvisi di selezione per violazione e falsa applicazione degli articoli 80, l. 354/1975 e 132, d. p. r. 230/2000, nonché degli artt. 3, 98 e 27 della Costituzione. Nello specifico si lamentava l’irragionevolezza, l’ingiustizia e la contraddittorietà dei fini stabiliti dalla legge dei titoli valutabili per il punteggio, che non tenevano minimamente conto delle esperienze pregresse in seno all’amministrazione penitenziaria creando una sostanziale e paradossale disparità di trattamento. Veniva ritenuto manifestamente illogica l’assenza di un punteggio minimo per entrare nell’elenco. Il termine quadriennale e l’azzeramento periodico erano ritenuti contrari agli obiettivi del legislatore, che invece intendeva, nell’opinione dei ricorrenti, assicurare particolare importanza alla selezione degli esperti e dare stabilità alla collaborazione non prevedendo espressamente una durata per l’elenco. Da parte sua, il Ministero riteneva di essere nel pieno e legittimo esercizio di discrezionalità amministrativa, non conseguendo alla non previsione legale del termine un divieto di prevederne in senso assoluto. Peraltro si nega in capo ai ricorrenti, in linea astratta, la pretesa ad uno stabile rapporto di lavoro. Rapporto che, difatti, resta, perlomeno sulla carta, di collaborazione e non di inserimento negli organici dell’amministrazione.

Prendendo a campione la vicenda del ricorso avverso l’avviso di selezione emanato dal Provveditorato lombardo, primo di diversi ricorsi fotocopia, si può ricostruire l’andamento dell’intero filone giurisprudenziale che ha riguardato la circolare dap n. 3645/6095 del 2013.

Davanti alla richiesta di sospensione in via cautelare dell’efficacia del provvedimento impugnato il TAR Lazio, Sez. I-quater, escluse, con ordinanza 25 ottobre 2013, n. 4161, la sussistenza del fumus boni juris ritenendo non manifestamente illogico l’esercizio della discrezionalità amministrativa. Contrariamente il Consiglio di Stato, con ordinanza 15 gennaio 2014, n. 93, risolse per una celere definizione della controversia a norma dell’art. 55, co. 10, c.p.a. , non apparendo «del tutto prive di un qualche fondamento giuridico» le ragioni dei ricorrenti.

Successivamente, il TAR Lazio, Sez. I- quater, , con sentenza 11 maggio 2015, n. 6734, ha dato ragione ai ricorrenti riconoscendogli una «posizione giuridicamente qualificata al mantenimento di tale iscrizione» e ritenendo che la decisione di costituire nuovi elenchi e l’azzeramento della platea dei collaboratori non fosse giustificata né da novità legislative, né da necessità effettive di aggiornare i profili professionali con cui l’amministrazione collaborava. Inoltre si riteneva che la valorizzazione delle esperienze pregresse fosse imprescindibile per adempiere agli obiettivi posti dal legislatore. Il TAR, perciò, annullava la circolare, stabilendo a cascata l’annullamento dell’avviso di selezione. Con le stesse motivazioni ed arrivando alle stesse conclusioni si emanavano le sentenze nn. 6735, 6737 e 6738/2015, decidendo sugli altri ricorsi.

Tuttavia, diversamente dall’appello della sentenza n. 6734/2015, ancora pendente, gli appelli a dette sentenze sono stati decisi dal Consiglio di Stato con le sentenze 7 aprile 2016, nn. 2953, 2954 e 2955. Non solo la circolare è legittima, secondo il Consiglio, ma necessaria, essendo la materia scarsamente disciplinata da legge e regolamento e non ostando l’assenza di innovazioni legislative ad una miglior definizione delle procedure di selezione.

Inoltre viene individuato in capo ai ricorrenti un interesse legittimo a rimanere nell’elenco, ma comunque non ritenuto sufficiente ad impedire una modifica della disciplina dello stesso e non essendo precluso ai vecchi iscritti di partecipare alla nuova selezione, potendo in tal modo soddisfare questo interesse. Infine, circa l’idoneità della massima durata quadriennale degli incarichi a soddisfare il pubblico interesse alla continuitività dei rapporti tra esperti ed amministrazione penitenziaria il consiglio di Stato asserisce che tale termine, frutto di scelta discrezionale, non è irragionevole ed anzi maggiormente rispettoso dell’art. 51 Cost. Riformate quindi le sentenze di primo grado e rigettati i ricorsi, la circolare è tornata ad avere efficacia.

 

  1. La probabile conclusione della vicenda

Il Provveditorato regionale Lombardia, il 6 giugno 2018, pubblica un nuovo avviso di selezione, identico a quello del 2013. L’avviso viene immediatamente impugnato richiedendosi separatamente l’esecuzione del giudicato della sent. 6734/2015 e l’annullamento, previa sospensione cautelare, della circolare e del nuovo avviso di selezione. Il TAR con ordinanza 28 novembre 2018, n. 7165, decidendo sulla sospensione cautelare di circolare ed avviso, ha ritenuto non sussistente il pericolo di irreparabile pregiudizio negando la sospensione.

Il Consiglio di Stato dal canto suo, adito in via cautelare in sede di appello avverso la sentenza n. 6734/2015 solamente cinque giorni prima (ordinanza 23 novembre 2018, n. 5685/2018) ha ritenuto sussistente il pericolo di un grave pregiudizio per lo svolgersi del concorso dovuto appunto alla provvisoria esecutività della sentenza de qua e l’ha sospesa in via cautelare. L’appello, il cui esito appare scontato viste le precedenti decisioni della stessa sezione del Consiglio di Stato, dovrebbe essere risolutivo anche per la sorte dell’impugnazione dell’avviso del 6 giugno 2018 ponendo definitivamente una pietra tombale sulla questione.

È emblematico, tuttavia, come una prassi amministrativa ‒ quella del rinnovare senza soluzione di continuità gli incarichi ‒ può avere effetti, se non illegittimi, fuorvianti. I ricorrenti fondamentalmente ritenevano di essere legittimati a rimanere nell’elenco, perché tale permanenza negli anni si risolveva nella pratica certezza di risultare assegnatari di incarichi. L’essere iscritti nell’elenco, invece, legittima ad essere potenzialmente incaricabili, se e quando le direzioni degli istituti ritengano di averne bisogno (come sottolineato efficacemente dal Consiglio di Stato). Tuttavia, la situazione di fatto ha richiesto l’intervento dei giudice di palazzo Spada.

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