Lab-IP

I poteri della corona nella notifica del recesso dall’U.E. del Regno Unito

di ANTONIA SALVATO

25/11/2017

Negli ordinamenti di common law non vi è traccia, diversamente da quel che accade in altri Paesi, come la Francia, della ricerca di un fondamento teorico dell’insindacabilità di quella serie di atti, classificati come “atti politici”.
Nel Regno Unito, in particolare, si assiste alla diffusione della dottrina dell’act of State, la quale tra le sue origine dai c.d. “atti di prerogativa”, ossia quell’insieme di poteri e facoltà imputabili al sovrano, nello specifico dalla Corona attraverso il Governo, non sottoponibili ad alcun controllo da parte di altri poteri, attinenti, per lo più, all’ambito delle relazioni internazionali.
Il Regno Unito è stato investito, proprio in relazione a quest’ambito, da una rilevante questione attinente la c.d. Brexit, sulla quale si è recentemente pronunciata la High Court of Justice of England and Wales, con sentenza del 3 novembre 2016.
Il Regno Unito ha aderito alle Comunità Europee, oggi Unione Europea, dal primo gennaio 1973, a seguito della negoziazione ad opera del suo governo di un trattato di adesione. Quest’ultimo è stato attuato nel diritto interno britannico tramite una legge del 1972 del Parlamento del Regno Unito, il c.d. ECA, European Communities Act, con il quale sono stati resi effettivi nei confronti dei cittadini britannici tutti quei diritti ed obblighi derivanti dalla partecipazione dello Stato all’Unione Europea.
Com’è noto, il 23 giugno 2016 nel Regno Unito si è svolto un referendum, in conformità a quanto previsto dalla legge sul referendum dell’Unione Europea del 2015 – Referendum Act – in cui gli elettori sono stati chiamati ad esprimersi sulla permanenza o meno dello Stato nell’Unione Europea. L’esito del referendum ha indicato la volontà di non prolungare la permanenza nell’Unione.
Il recesso di uno Stato membro dall’U.E. è disciplinato dall’articolo 50 del TUE, che prevede, al paragrafo 2, che lo Stato membro debba notificare il proprio recesso al Consiglio europeo; il paragrafo 1 prevede, allo stesso tempo, che il recesso debba avvenire conformemente a quanto previsto dalle norme costituzionali dei singoli Stati.
La questione che si è posta, in quanto oggetto del ricorso di un gruppo di attivisti pro U.E. davanti alla High Court of Jutice of England and Wales, contro il Secretary of State for Exiting the European Union, che rappresenta la Corona (appositamente istituito per gestire il distacco), concerne la procedura interna di formalizzazione dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. A chi spetta rendere concreto il procedimento di cui tratta l’artico 50 del TUE? Specificamente: la notifica di recesso dall’U.E. rientra tra i poteri di prerogativa della Corona?
La High Court of Justice ha esaminato nella pronuncia, dettagliatamente, le posizioni di entrambe le parti: la prima, del Secretary of State for Exiting the European Union, secondo la quale la competenza per la notifica di recesso sarebbe della Corona, argomentando che tale atto rientrerebbe nei poteri di prerogativa in quanto inerente alle relazioni internazionali del Paese, dunque non sarebbe necessaria l’approvazione parlamentare; la seconda, sostenuta dai ricorrenti e supportata dalle opinioni di alcuni costituzionalisti, secondo cui nel Regno Unito sarebbe vigente il principio della sovranità parlamentare, per cui non potrebbe configurarsi un’iniziativa unilaterale della Corona nel caso specifico.
La High Court giudicando la questione ha condiviso le conclusioni della seconda corrente, affermando una serie di principi.
La Corte, innanzitutto, afferma che la legislazione promulgata dalla Corona con il consenso di entrambe le Camere del Parlamento è suprema, non esiste una forma giuridica superiore a tale legislazione primaria, salvo che il Parlamento stesso non abbia provveduto a consentire tale superiorità. L’ECA del 1972, riconoscendo la prevalenza del diritto dell’Unione, e facendo sì in tal modo che quest’ultimo, nella materia così regolati, venga applicato in luogo del diritto interno, è un chiaro esempio di deroga alla supremazia della legislazione primaria; tuttavia, anche in questo caso, il Parlamento rimane “autorità suprema”, in quanto dotato del potere di abrogare lo stesso ECA con un’altra legge.
In secondo luogo, si afferma che la legislazione primaria non può essere soggetta a modifiche forzate ad opera della Corona, attraverso l’esercizio dei suoi poteri di prerogativa. La Corona, anzi, può esercitare i suoi poteri di prerogativa soltanto entro limiti ben determinati, esposti nella stessa sentenza, poiché tali poteri hanno origine nella stessa legislazione.
Se da un lato è vero che la Corona ha il potere di concludere atti statali nell’ambito delle relazioni internazionali con un altro Stato indipendente, dall’altro si deve anche considerare che, normalmente, l’accordo internazionale, per trovare esecuzione all’interno dello Stato contraente, necessita di un apposito atto di legislazione interna. Ne consegue, dunque, che le Royal Prerogatives non si estendono alla modifica della legge, al conferimento di diritti agli individui o alla privazione dei diritti di cui questi ultimi godono, senza l’intervento del Parlamento, che risulta necessario.
L’adesione all’Unione Europea, però, va vista nell’ambito di una diversa prospettiva: si tratta in questo caso di un trattato che, una volta attuato nel Regno Unito, permette il prodursi degli effetti diretti degli atti dell’Unione all’interno dello Stato, con il consecutivo sorgere dei relativi diritti ed obblighi nei confronti dei cittadini.
La Corte respinge, dunque, la tesi del Secretary of State for Exiting the European Union, il quale aveva sostenuto che, poiché l’ECA nulla prevede riguardo ai poteri di prerogativa della Corona, questi sarebbero implicitamente riconosciuti e, dunque, applicabili nelle questioni concernenti i trattati dell’Unione Europea; la Corte condivide le ragioni dei ricorrenti affermando che il Segretario di Stato non ha il potere di prerogativa di dare comunicazione, ai sensi dell’articolo 50 del TUE, del recesso del Regno Unito dall’Unione Europea.
Al di là delle reazioni suscitate dalla sentenza, la quale, peraltro, sembra anche propendere verso la soluzione della non vincolatività del referendum popolare svoltosi nel Regno Unito in quanto meramente consultivo, la pronuncia della High Court si orienta verso una maggiore tutela dei diritti fondamentali dei cittadini – nel caso specifico, diritti riconosciuti dall’ordinamento europeo – rispetto alle garanzie che sarebbero riconosciute, di norma, nei Paesi di common law qualora fosse applicata la dottrina dell’act of State.

FacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmailFacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmail