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I PREZZI DEL VETRO CAVO SOTTO LA LENTE DELL’AGCM

5/12/2023

A cura di Andrea Nardone

Con provvedimento n. 30847, pubblicato nel Bollettino n. 43 del 13 novembre 2023, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato l’istruttoria, ai sensi dell’art. 14 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nei confronti di nove imprese attive nel commercio di imballaggi e bottiglie di vetro cavo, al fine di accertare se tra le stesse sia intercorsa alcuna intesa orizzontale vietata dall’art. 101 TFUE, nonché dall’art. 2 della suddetta legge n. 287/1990.

La procedura è stata avviata a seguito delle molteplici segnalazioni pervenute all’Autorità, oltre che in forma anonima, anche da parte di un’impresa produttrice di alcolici e da una fondazione senza scopo di lucro. A detta dei segnalanti, le imprese commercianti imballaggi in vetro cavo avrebbero operato un aumento dei prezzi dei prodotti tra loro coordinato, inviando addirittura, via e-mail, comunicazioni di revisione degli stessi sovrapponibili quanto alla rispettiva formulazione letterale. Né tali aumenti dei prezzi, operativi anche in via retroattiva, sarebbero stati ritirati a seguito del venir meno dei costi produttivi addotti.

L’Autorità Antitrust, pertanto, ha provveduto a definire, nel caso di specie, quale sia il mercato rilevante. Esso è stato individuato, dal punto di vista merceologico, nel mercato della produzione e commercializzazione delle bottiglie di vino in vetro; dal punto di vista geografico, invece, nel mercato nazionale, risultando le società parti del procedimento tra i principali operatori italiani.

Dalle informazioni disponibili, l’Autorità ha ritenuto ragionevole desumere l’esistenza di un coordinamento delle strategie commerciali: se le condotte delle società fossero confermate, infatti, le stesse «rivelerebbero l’esistenza di un’alterazione delle dinamiche competitive fra le maggiori imprese operanti nel mercato nazionale della produzione e vendita di vetro cavo per bottiglie di vino e potrebbero essere il risultato di un’intesa orizzontale, sotto forma di accordo e/o pratica concordata, finalizzata ad evitare un corretto confronto concorrenziale tra operatori».

Giova rammentare, in proposito, che tra «pratica concordata» e «accordo» intercorre una differenza non già qualitativa – potendosi ravvisare, in ogni caso, una qualche forma collusiva – quanto piuttosto di intensità. Entrambe le ipotesi, però, sono di difficile prova: ragion per cui, con riferimento all’esistenza di una pratica concordata, la giurisprudenza si accontenta di meri indizi, purché gravi, precisi e concordanti, senza richiedere l’acquisizione di una prova piena (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 3197 del 2018).  

Da ultimo, l’Autorità ha verificato la sussistenza dell’ulteriore elemento richiesto dall’art. 101 TFUE: il pregiudizio al commercio degli tra Stati membri (cfr. Comunicazione della Commissione – Linee direttrici la nozione di pregiudizio al commercio tra Paesi dell’UE – G.U. C 101 del 27 aprile 2004). L’AGCM, in particolare, ha affermato che «l’intesa ipotizzata appare idonea, laddove accertata, a pregiudicare il commercio tra Stati membri ed è, pertanto, suscettibile di integrare una violazione dell’articolo 101 del TFUE». Alla fase istruttoria cui il provvedimento ha dato avvio avranno diritto di partecipare, mediante richiesta di audizione, i legali delle parti ovvero i loro rappresentanti. Peraltro, in attesa delle determinazioni dell’AGCM – che dovranno giungere entro il 31 dicembre 2024 – vale ricordare che, allorquando un’impresa lamenti violazioni del diritto della concorrenza, parallelamente alla strada del public enforcement la stessa può richiedere altresì i rimedi opportuni, di natura inibitoria e risarcitoria, innanzi all’autorità giudiziaria (private enforcement).

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