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RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE DELLA P.A. NELLA FINANZA DI PROGETTO. BREVI RIFLESSIONI ALLA LUCE DI RECENTI DECISIONI GIURISPRUDENZIALI

5/12/2023

A cura di Antonio Iuliano

Il tema della responsabilità precontrattuale della P.A. nell’ambito delle procedure di Finanza di progetto – e più in generale quello delle pretese risarcitorie nei confronti di un ente concedente- si intreccia inevitabilmente con la struttura bifasica delle procedure stesse, le quali si compongono, com’è noto, di una prima fase di individuazione del progetto di pubblico interesse e di scelta del promotore (con conseguente inserimento del progetto nello strumento di programmazione triennale) e di una seconda fase di messa a gara del progetto precedentemente individuato.   

Cosa accade allorché un ente concedente, dopo aver dichiarato un progetto di pubblico interesse e, di conseguenza, aver individuato il soggetto promotore, non bandisca la gara?

Per svolgere alcune brevi riflessioni sul tema, può essere utile partire da una recente sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato, la n. 9298 del 27 ottobre 2023. La sentenza origina da una controversia tra una società che a giugno 2013 aveva presentato un’iniziativa di Finanza di Progetto dichiarata di pubblico interesse dalla Giunta comunale di Caserta, con conseguente individuazione della medesima società quale soggetto promotore – cui, ricordiamo, spetta il diritto di prelazione in sede di successiva gara. Nelle more della procedura, il Comune di Caserta veniva commissariato e a luglio 2015 il commissario straordinario annullava in autotutela il precedente provvedimento adottato dalla Giunta.

La società proponeva pertanto ricorso dinanzi al Tar, contestando la legittimità dell’annullamento d’ufficio e chiedendo il risarcimento dei danni subiti.

Per ciò che qui interessa, la società lamentava la lesione dei principi di legittimo affidamento e di lealtà nella fase delle trattative, chiedendo la reintegrazione dell’interesse contrattuale negativo, sia sotto il profilo del danno emergente, sia sotto quello del lucro cessante, facendo rientrare in tale ultima categoria anche l’utile che le sarebbe derivato dall’esecuzione del progetto in quanto promotore abilitato a esercitare il diritto di prelazione.

A seguito della reiezione del ricorso da parte del TAR, la società proponeva appello. 

Ad avviso dell’appellante, la qualifica di soggetto promotore sarebbe stata idonea a far emergere una posizione differenziata e qualificata, con conseguente assimilazione alla posizione delle parti nella fase precontrattuale di cui all’art. 1337 c.c.

Il Consiglio di Stato, pur rigettando l’appello, ricorda dapprima come le regole della legittimità amministrativa e quelle di correttezza operino su piani distinti e autonomi, nella misura in cui, ad esempio, l’accertamento della validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per i danni comunque subiti dal privato destinatario degli stessi (v. anche CdS, sez. V, n. 5274/2021).

La Sezione richiama poi l’Adunanza plenaria 21/2021, che chiarisce come il legittimo affidamento sia ormai un principio generale anche nei rapporti di diritto amministrativo, ossia quelli che scaturiscono dall’esercizio del potere pubblico. Ciò essendo riprovato anche dall’evoluzione dell’art. 1, co. 2-bis, della L. 241/1990, il quale dispone che i rapporti tra cittadino e P.A. sono improntati ai principi di collaborazione e buona fede. Per non ricordare, poi, la previsione di cui all’art. 5 del nuovo Codice dei Contratti pubblici (ratione temporis evidentemente inapplicabile alla controversia in questione). Così concepito, il dovere di collaborazione e di buona fede ha portata bilaterale nella ricostruzione offerta dal Consiglio di Stato, discendendo da ciò l’assoggettamento dell’agire amministrativo al generale dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase pre-contrattuale enunciato dall’art. 1337 c.c., come chiarito dalla stessa Adunanza plenaria con le sentenze 6/2005 e 5/2018.

Diviene allora dirimente l’individuazione del momento idoneo a far sorgere il legittimo affidamento, rispetto al quale, in generale, la giurisprudenza amministrativa, al pari di quella della Corte di Cassazione, tende a non assegnare un rilievo dirompente all’intervenuta aggiudicazione definitiva, stabilendo che la verifica del ragionevole affidamento vada svolta in concreto, in ragione del grado di sviluppo della singola procedura.

E’ necessario, allora, precisare i requisiti che rendono tutelabile l’affidamento, individuati dal Consiglio di Stato nella sua ragionevolezza, nonché nel carattere colposo e ingiustificato della condotta dell’amministrazione, non dovendo al contempo essere inficiato da colpa l’affidamento del concorrente.

Quanto alle poste risarcibili, in caso di responsabilità precontrattuale della P.A. il danno va perimetrato non all’utile che il contraente avrebbe potuto ottenere dall’esecuzione del rapporto, ma al cosiddetto interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente che il lucro cessante. Si ricorda, poi, in tema di onere della prova, che si applica anche al giudizio amministrativo in tema di responsabilità precontrattuale l’art. 2697 c.c.. Dunque, colui che chieda il risarcimento deve fornire la prova del danno.

Poste queste premesse, e ritenendo che la richiesta risarcitoria in questione debba qualificarsi in termini di responsabilità precontrattuale, rispetto alla quale può risultare irrilevante la legittimità dell’agire amministrativo – in ciò sostanziandosi una delle differenze fra responsabilità da provvedimento illegittimo ex art. 2043 e responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. – il Consiglio di Stato ritiene infondata la pretesa, in quanto la società appellante non poteva nutrire un legittimo affidamento in ordine all’aggiudicazione successiva.

Oltre che dal macroscopico vizio di incompetenza della delibera di Giunta e dalla necessità del perfezionamento di una procedura esecutiva che insisteva sui terreni oggetto della proposta, ciò dipende dalla tempestività dell’intervento in autotutela e, soprattutto, dal fatto che la procedura competitiva -ossia la seconda fase della Finanza di progetto- non era stata neppure avviata, essendosi interrotto il procedimento alla fase di approvazione del progetto.

Il Consiglio di Stato, peraltro, rileva anche l’infondatezza delle richieste risarcitorie in riferimento alle poste addotte. In particolare, quanto al danno emergente non era stata allegata alcuna fattura relativa alle spese sostenute (ma solo progetti di fattura); quanto invece al lucro cessante, non solo non erano state allegate altre occasioni di guadagno perse, ma veniva richiesto l’intero utile positivo, ossia una posta non ascrivibile alla responsabilità precontrattuale, bensì alla responsabilità da illegittimità provvedimentale (dell’aggiudicazione).

Rispetto a tali conclusioni, si spinge oltre la sentenza del Tar Lazio n. 16995/2023 dello scorso 14 novembre, relativa all’annosa vicenda del tratto autostradale Orte-Mestre. Anche qui si chiedeva di accertare la responsabilità precontrattuale dell’ANAS e del MIT per la mancata conclusione di una procedura di Project financing, nonché per il risarcimento dei danni conseguenti o, in subordine, per il ristoro delle spese progettuali.

Per quanto qui di interesse, il Tar dopo aver richiamato quali elementi essenziali della responsabilità precontrattuale della P.A. la colpa e il ragionevole affidamento del privato nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, ribadisce che il procedimento relativo alla Finanza di progetto non si sottrae all’osservanza dei principi di correttezza e lealtà previsti dall’art. 1337 c.c. (richiamando sul punto Cons. Stato, Sez. V. 368/2021). Tale richiamo vale anche a sottolineare come l’aggiudicazione definitiva trasformi la posizione vantata dal promotore da aspettativa di mero fatto, ad aspettativa giuridicamente tutelata alla consequenziale stipula del contratto aggiudicato, il cui rifiuto concreta ragione di responsabilità per violazione del canone di correttezza e lealtà.

Assume dunque carattere dirimente l’accertamento in concreto della lesione di un affidamento obiettivamente meritevole di tutela, non essendo sufficiente, per l’attivazione del rimedio risarcitorio, che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva, ovvero che abbia maturato un affidamento incolpevole. Nel caso della procedura controversa, peraltro, non era ancora intercorsa l’aggiudicazione. In conclusione, dunque, se in generale la successiva aggiudicazione della gara non è condicio sine qua non dell’affermazione della responsabilità precontrattuale della P.A., in riferimento alla Finanza di Progetto, in ragione della sua struttura bifasica, essa pare finisca surrettiziamente per assumerla.

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