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I RAPPORTI TRA STATO E REGIONI AI TEMPI DELL’EMERGENZA SANITARIA: IL CASO SCUOLE NELLE SENTENZE CONTRASTANTI DEL TAR PUGLIA

Emanuel Silvestri

23 novembre 2020

Con Dpcm del 24 ottobre 2020, il Governo ha imposto un’ulteriore stretta nelle restrizioni su tutto il territorio nazionale, per contenere la diffusione del contagio da coronavirus. Nel decreto, all’art. 1, co. 9 l. s, viene stabilito che l’attività della scuola  primaria  continua a svolgersi in presenza,  prevedendo  tuttavia che  le Regioni,  dietro  parere  del  Ministero  della  Salute, ove  sussistano  situazioni  di criticità o particolarerischio, possano adottare forme flessibili di organizzazione per  le  istituzioni  scolastiche  di  secondo  grado  facendo  ricorso  alla  didattica  a distanza (Dad) pari al 75% delle loro attività.

Il  28  ottobre  2020,  con  propria  ordinanza,  il  Presidente  della  Regione  Puglia decide  di chiudere  tutte  le  scuole  di  ogni  ordine  e grado  per  un  mese  a  causa dell’incremento  dei  contagi. Il Ministro dell’Istruzione,  pur  rammaricandosi pubblicamente per la scelta, decide di non impugnare l’ordinanza.

Con   successivo   Dpcm   del   3   novembre   2020,   il   Governo   impone   una differenziazione   normativa   sul   territorio   nazionale   per   aree   di   criticità, individuand0  3  zone  di  rischio:  un’area  gialla,  a  rischio  moderato,  un’area arancione  a  rischio  intermedio  ed  infine,  un’area  rossa  a  rischio  elevato.  Nel nuovo art.1 co.9 l. s, il ricorso alla didattica a distanza viene elevato al 100% delle attività  per  la  scuola  secondaria  mentre  è  ribadito  che  l’attività  per  la  scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzionecontinua a svolgersi in presenza, con uso   obbligatorio   di   dispositivi   di   protezione.   Esclusivamente,   per   l’area classificata come ad alto rischio, l’utilizzo della Dad viene esteso anche alle classi di seconda eterza media. La Regione Puglia viene da subito classificata come zona a rischio intermedio (area arancione).

Il 6 novembre 2020, il Tar Puglia, Terza Sezione di Bari, su ricorso presentato dal Codacons e da alcunefamiglie, sospende l’ordinanza di chiusura. Per il Tribunale amministrativo l’ordinanza    “interferisce,    in    modo    non    coerente,    con l’organizzazione   differenziata   dei   servizi   scolastici   disposta   dal   DPCM   3 novembre  2020”  evidenziando  come,  anche  nelle  zone  classificate  a  rischio elevato, si preveda la didattica in presenza e censurando come “non emergono ragioni  particolari  per  le  quali  la  Regione  Puglia  non  debba  allinearsi  alle decisioni nazionali in materia d’istruzione”. Infine i giudici si focalizzanosu un aspetto ben preciso: essendo molti istituti non ancora attrezzati per la didattica da  casa,   l’esecuzione  del  provvedimento  impugnato   si   tradurrebbe  in   una “sostanziale interruzione delle attività scolastiche” tanto da giustificare la misura cautelare.

Quel giorno, tuttavia, la Sezione di Lecce dello stesso Tar Puglia, ha respinto una seconda richiesta di sospensiva ribaltando completamente l’orientamento addotto nella prima decisione. I giudici hanno sentenziato che “nel necessario contemperamento tra diritto alla salute e diritto allo studio, nell’attuale situazione epidemiologica, il primo debba prevalere sul secondo, comunque parzialmente soddisfatto dalla didattica a distanza” sottolineando come il provvedimento, avendo una “efficacia temporale limitata”, possa sempre rimodularsi in base alle evenienze e come “le prioritarie esigenze di tutela della salute” giustifichino un sacrificio organizzativo per le famiglie.

Sta  di  fatto  che  seppur  pronunce  discordi  riaffermino  la  natura  fisiologica  del diritto   come   “vivente”,   la   Sezione   di   Bari   si   sia   solo   limitata   ad   una interpretazione  letterale  degli   atti.   Perplime,   semmai,  di  come  venga  data esclusiva rilevanza al Dpcm 3 novembre, posteriore all’atto impugnato,quando già il Dpcm 24 ottobre, ribadisca, in modo inequivoco, che l’attività della scuola primaria  debba continuare  a  svolgersi  in  presenza.  L’inciso  del  decreto  che consente   ai   Presidenti   di   Regione,   ove   sussistano   situazioni   di   criticità   o particolare  rischio,  circoscrive  alla  sola  scuola  secondaria l’ampliamento  della Dad senza giustificare un intervento di chiusura generalizzato.

Inoltre, la decisione della Sezione di Lecce se da una parte difende il necessario contemperamento tra diritti, dall’altra privilegia il diritto alla salute “in via esclusiva”. Non va dimenticato infatti che il ricorso alla Dad, per quanto utile e temporaneo, come aveva sottolineato l’altra Sezione del Tar, veda escluse ampie fasce distudenti, per età o condizioni oggettive, sacrificando integralmente il loro diritto allo studio.

A conclusione, sarebbe auspicabile da parte del Parlamento procedere ad una riforma organica del Titolo V che superi l’annoso problema delle competenze concorrenti prevedendo l’esclusività dello Stato nelle decisioni in materia di scuola per il tramite di una specifica “clausola di supremazia” ed evitando che sia la giurisprudenza a dirimere la questione con possibili ulteriori contrasti interpretativi.

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