Lab-IP

Il complesso bilanciamento dei poteri del Single Resolution Mechanism

15/01/16

Di Matteo Manocchio

Il secondo pilastro dell’Unione Bancaria Europea segue un percorso normativo verso la centralizzazione della gestione delle crisi bancarie. L’impostazione politico-istituzionale si muove infatti nella logica di una rete di autorità di risoluzione che collaborano tra di loro attraverso una disciplina comune di poteri e strumenti in grado di fronteggiare in maniera più efficace e rapida la risoluzione di una banca.
Il dibattito che ha accompagnato la creazione di un Single Resolution Mechanism (SRM) è stato intenso in relazione soprattutto alle difficoltà connesse all’individuazione dell’istituzione cui affidare i poteri di risoluzione. Questo meccanismo ha incentrato il suo ruolo essenzialmente sull’operatività di una nuova agenzia europea, il Comitato di risoluzione unico (Single Resolution Board, SRB), composto da un presidente, da altri quattro membri a tempo pieno e dai rappresentanti delle autorità di risoluzione di ciascuno Stato membro partecipante, con l’aggiunta, quali osservatori permanenti, dei rappresentanti della Commissione e della BCE.
In via del tutto generale il SRB è l’organo responsabile dell’efficace e coerente funzionamento del SRM, più specificatamente, invece, si occupa di redigere e applicare, con la collaborazione delle autorità domestiche, i c.d. piani di risoluzione (resolution plans) relativi agli enti e gruppi considerati significativi ai sensi dell’art 6.4 reg. SSM, enti e gruppi in relazione ai quali la BCE abbia deciso di esercitare in via diretta i poteri di vigilanza, nonché altri gruppi transfrontalieri. Restano esclusi dall’area di competenza del SRB tutti gli altri enti quali ad esempio i gruppi non significativi o non operativi in ambito transfrontaliero i quali sono sottoposti invece alla competenza delle autorità nazionali.
L’aspetto critico di questa nuova “macchina” concerne, da un punto di vista oggettivo, la procedura decisionale; dall’altro, le relativa ripartizione dei ruoli delle autorità coinvolte.
Premesso che l’adozione di un resolution plan è sottoposto al soddisfacimento delle condizioni elencate all’art 18 del regolamento Srm, l’attenzione deve essere posta sul fattore “temporale”. Rammenta il prof. Ferran, dell’Università di Cambridge, richiamando i Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial Institutions, che “the window of oppurtinity for a resolution authority to contain the systemic repercussions of bank failure more effectively than would be possibile under ordinary insolvency procedures can be no more than a weekend”. Così, la rapidità e celerità delle decisioni, in questo preciso ambito procedurale, rappresenta un elemento cruciale nel processo di risoluzione perché permette di fronteggiare con tempestività la situazione di dissesto dell’intermediario, ma anche di evitare situazioni di fuga di notizie, ragione per la quale parte della dottrina ha suggerito che le procedura di risoluzione venga possibilmente avviata il venerdì pomeriggio, quando la banca non è più aperta al pubblico.
La procedura prevede che, una volta verificate le condizioni ex art. 18 del reg. Srm, il Comitato deve immediatamente trasmettere il resoluton scheme alla Commissione, la quale, entro 24 ore, ha la possibilità di approvarlo o contestarlo. Inoltre, entro 12 ore, la Commissione può proporre al Consiglio di muovere obiezioni al programma di risoluzione se esso non risponde al criterio dell’interesse pubblico. Il programma di risoluzione viene approvato con la regola del silenzio-assenso entro 24 ore. Viceversa, se sono sollevate obiezioni, il programma deve essere modificato dal Comitato entro le successive otto ore. Sebbene sia osservabile come il criterio della rapidità decisionale sia apparentemente rispettato, tale procedura è stata lungamente criticata perché considerata farraginosa e troppo macchinosa. Essa appare, infatti, appesantita dall’ulteriore passaggio circa la possibile interferenza tra la risoluzione e le norme sula concorrenza; ove l’azione di risoluzione implichi la concessione di veri e propri aiuti di Stato, la Commissione è chiamata ad adottare una decisione sulla compatibilità di tali forme di aiuto con il mercato interno (come analizza il prof. Ferran, in European Banking Union. Imperfect but it can work, , è di fatto possibile un concreto confilitto di interesse all’interno della Commissione, scaturenti dall’esercizio congiunto dei compiti connessi alla risoluzione e di quelli relativi all’erogazione degli aiuti di Stato).
Da ultimo bisogna evidenziare poi, che una volta elaborato, il programma di risoluzione dovrà essere attuato dalle autorità di risoluzione nazionali che ne siano destinatarie.
Tutto ciò testimonia quanto la struttura decisionale del Srm preveda un intervento da parte di numerosi soggetti situati a differenti livelli istituzionali (il SRB, la BCE, la Commissione, il Consiglio e le autorità di risoluzione nazionali).
Da un punto di vista giuridico, però, l’aspetto più critico del SRM è l’individuazione del SRB come soggetto principale che gode della qualifica di agenzia dell’Unione; da ciò la necessità di circoscrivere i poteri di cui esso dispone, attribuendogli significative competenze.
E’ opportuno richiamare a riguardo la consolidata giurisprudenza Meroni del1958 la quale afferma il principio secondo cui la delega di poteri a un’agenzia da parte di un’istituzione che ne è titolare, è conforme al fondamentale principio dell’equilibrio istituzionale solo se ha ad aggetto poteri esecutivi delineati con precisione e non anche poteri discrezionali che comportino ampia libertà di valutazione, in quanto l’esercizio di questi ultimi potrebbe implicare l’attuazione di vere e proprie scelte di politica economica, riservate alle istituzioni dell’Unione.
Così, l’ampia discrezionalità di cui gode il Single Resolution Board, ha alimentato e acceso dubbi circa la compatibilità di questo assetto di poteri con il principio enunciato dalla giurisprudenza Meroni. Tuttavia, la soluzione è stata rinvenuta in una recente pronuncia della Corte di Giustizia (CGE, sentenza 22 gennaio 2014, Regno Unito v. Parlamento e Consiglio, C-270/12) che ha definito con rigetto il ricorso presentato dal Regno Unito per l’annullamento dell’art 28 del regolamento n.263/2012 sul cd. short selling, che riconosce all’ESMA rilevanti poteri discrezionali in materia di vendite allo scoperto. La Corte ha delineato con maggiore elasticità i contorni del principio della giurisprudenza Meroni, modificandone la più rigida impostazione, ammette infatti che ad un ente (o agenzia) possano essere attributi anche poteri discrezionali, purchè sottoposti a specifici limiti, cioè ogni qual volta i poteri siano definiti con esattezza. Il SRB, in conclusione, sarebbe stato così strutturato dal legislatore europeo in modo conforme al diritto dell’Unione e ai principi della giurisprudenza europea.
Ma infine, potremmo chiederci, perchè creare un’agenzia ad hoc e non affidare questi compiti alla BCE?
Tale soluzione alternativa è stata promossa da parte della dottrina la quale ha osservato come tale scelta sarebbe stata più lineare e razionale e, tra l’altro, pienamente coerente con l’architettura generale dell’Unione Bancaria Europea. (si sarebbe ad esempio garantito un immediato raccordo tra le c.d. misure di early intervention di competenza della BCE e la funzione di risoluzione in senso stretto). Tuttavia, questa impostazione, è stata rifiuta dalle istituzioni europee, le quali hanno avallato la dottrina opposta basata sull’assunto che attribuire mansioni di risoluzione alla BCE avrebbe comportato un eccessivo rischio di conflitto di interessi e controversie relative alla distribuzione delle perdite. Nondimeno, è da osservare come sul piano sostanziale si trovi un radicale impedimento nell’art. 127.4 TFUE, il quale dispone che è possibile attribuire alla BCE soltanto compiti specifici di vigilanza prudenziale e non anche, dunque, il ruolo di autorità di risoluzione.

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