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Il decreto internazionalizzazione ed i suoi effetti sui rapporti tributari tra fisco e contribuente

FABIO PALERMINI

 

21/02/2018

 

Con il Decreto Legislativo 14 settembre 2015 n. 147, recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese, il Governo ha dato attuazione alla delega del legislatore ad emanare norme per ridurre le incertezze nella determinazione del reddito e favorire l’internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia.

L’obiettivo di fondo è quello di rendere il nostro Paese maggiormente attrattivo e competitivo per le imprese che intendono operare in Italia, e tale scopo è stato ulteriormente perseguito con gli ultimi interventi della Legge di Stabilità 2016 e 2017.

La Riforma si inserisce all’interno di un cambiamento avviato negli ultimi due decenni, con lo scopo di dare piena attuazione ai principi costituzionali contenuti nello Statuto dei diritti del contribuente, e garantire un vantaggio competitivo del nostro sistema fiscale, inserito in un’economia sempre più globalizzata.

Senza voler entrare nel merito della Riforma, che interessa principalmente gli aspetti tributari, in questa sede si vuole porre l’accento alla tematica della semplificazione, della reciprocità e dei rapporti tra fisco e contribuente.

La novità principale introdotta con la norma in esame è rappresentata dall’abbandono delle c.d. black list “formalizzate”, elementi che hanno caratterizzato la disciplina antielusiva dell’articolo 167 del TUIR fin dalla sua entrata in vigore nel nostro ordinamento.

In particolare, se dalla data di entrata in vigore della disciplina CFC (Controlled Foreign Companies) fino al 31 dicembre 2014, l’individuazione degli Stati e territori a regime fiscale privilegiato era contenuta nel d.m. 21 novembre 2001(c.d. black list), il comma 4 dell’articolo 167 del TUIR, nella sua formulazione attuale, prevede che: “I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”. Alla luce di ciò, non si fa più riferimento ad apposite liste elaborate dall’Amministrazione, ma ci si riferisce a calcoli oggettivi che prescindono da valutazioni apodittiche dell’Amministrazione.

A ciò si aggiunga che, se nella precedente normativa, era prevista la possibilità per il contribuente di dimostrare la sussistenza, anche alternativa, delle due esimenti dell’effettività dello svolgimento di un’attività economica da parte della Società stabilita in un Paese a fiscalità privilegiata e/o dell’effettiva convenienza economica dell’operazione posta in essere con tale soggettivo, nella nuova disposizione normativa si fa esclusivo riferimento a tale seconda esimente.

Tutto ciò ha importanti effetti e conseguenze in tema di poteri dell’Amministrazione finanziaria e di tutele del contribuente sottoposto a controlli. In particolare, il decreto ha introdotto due nuovi commi, 8-quater e 8-quinquies, nel testo dell’articolo 167 del TUIR, finalizzati a regolamentare i controlli condotti dall’amministrazione finanziaria sulle partecipazioni CFC dei soggetti residenti.

Tali modifiche prevedono che l’amministrazione stessa, prima di emettere un atto di accertamento, notifichi al contribuente un avviso con il quale gli viene concessa la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove per la disapplicazione della CFC rule. Qualora l’amministrazione, ricevuta risposta dal contribuente, non ritenga tali prove idonee a dimostrare le esimenti di cui ai commi 5 e 8-ter dell’articolo 167, dovrà darne specifica motivazione nel successivo avviso di accertamento.

Si tratta di una norma stringente che comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento eventualmente notificato in assenza del rispetto delle norme procedurali specificate, a tutela della correttezza, trasparenza e reciprocità nei rapporti tra fisco e contribuenti, anche allo scopo di evitare un inutile e lungo contenzioso tributario. Il legislatore ha esteso alla materia delle CFC l’obbligo del contraddittorio anticipato, già espressamente previsto in caso di applicazione di altre disposizioni normative.

Infine, è prevista la possibilità di interpellare preventivamente l’Amministrazione finanziaria. A fronte del definitivo riconoscimento della non obbligatorietà dell’interpello, il legislatore ha però previsto uno specifico obbligo di segnalazione della detenzione di partecipazioni in CFC, nel rispetto dei principi di lealtà e reciprocità nei rapporti bilaterali fisco-contribuente.

Concludendo, dunque, il duplice obiettivo di attrarre investimenti nel nostro Paese e di semplificare e garantire il rispetto dei principi costituzionali e statutari, ha portato il legislatore ad accelerare la modifica delle normative in tema di fiscalità internazionale e di precisa e puntuale procedimentalizzazione della fase di dichiarazione, accertamento e contestazione degli illeciti tributari.

 

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