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IL LIMITE QUANTITATIVO AL SUBAPPALTO TRA LE NORME NAZIONALI E LA GIURISPRUDENZA EUROPEA: IL TENTATIVO DELL’ANAC DI ORDINARE LA MATERIA

LORENZO MAGNANELLI

19 ottobre 2020

Con la delibera n. 704 resa in data 4 agosto 2020 il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ha reso un parere sul travagliato tema del limite quantitativo subappaltabile, ricostruendo la disciplina applicabile alla luce delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), su cui la Corte di Giustizia europea ha espresso dubbi di compatibilità con i principi comunitari, e del regime transitorio introdotto dal c.d. decreto sblocca-cantieri (d.l. n. 32/2019, convertito con modifiche dalla l. n. 55/2019), in vigore fino al 31 dicembre 2020.

Il subappalto nel d.lgs. n. 50/2016 è regolato dall’art. 105 ed è visto come un’eccezione al principio generale dell’esecuzione in proprio dei contratti pubblici da parte degli aggiudicatari. Per evitare che l’esecuzione di detti contratti sia assunta da parte di organizzazioni criminali, che attraverso il subappalto potrebbero eludere il principio di necessaria qualificazione degli esecutori delle commesse pubbliche, il legislatore italiano ha da sempre previsto delle limitazioni all’istituto. In particolare, il comma 2 dell’art. 105 sancisce il divieto di subappaltare oltre il 30% dell’importo complessivo del contratto mentre il comma 5 ribadisce il medesimo limite quantitativo anche per i settori superspecialistici o c.d. SIOS.

Il parere di precontenzioso dell’autorità riguardava l’affidamento dei lavori di realizzazione di un nuovo plesso scolastico, per cui la stazione appaltante, in sede di redazione del disciplinare di gara, non aveva applicato il divieto di subappalto nella misura superiore al 30%, ritenendo di non poter applicare l’articolo 105 comma 2 del d.lgs. n. 50/2016. Nella memoria trasmessa all’ANAC il committente aveva spiegato che, nel quadro ordinamentale vigente alla luce della sentenza della Corte di Giustizia europea del 26 settembre 2019 (causa C-68/18), in assenza di un intervento del legislatore, non riteneva di poter applicare alcuna limitazione in termini di subappalto.

La richiamata pronuncia dei giudici di Lussemburgo aveva riguardato una questione pregiudiziale di compatibilità del limite al subappalto contenuto all’art. 105 comma 2 del d. lgs. 50/2016 con i principi comunitari di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi e con l’art. 71 della direttiva 24/2014/UE, il quale non contempla alcuna limitazione quantitativa al subappalto nell’ottica di favorire la concorrenza e la libera organizzazione delle imprese. L’esito con cui la Corte aveva accolto la questione appariva scontato, considerando che la normativa in esame aveva già provocato l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano da parte della Commissione Europea per la mancata conformità del quadro giuridico alle direttive appalti del 2014.

Preso atto della sentenza della Corte di Giustizia europea, in data 13 novembre 2019, l’ANAC si era già espressa sulla questione richiedendo al legislatore una modifica della normativa vigente in linea con i principi comunitari, non andando in questa direzione le novità che nel frattempo aveva introdotto il decreto c.d. sblocca-cantieri. Nel d.l. n. 32/2019 era stato solo innalzato il limite quantitativo al 50%, mentre in sede di conversione era stato introdotto un regime provvisorio in vigore fino al 31 dicembre 2020 che aveva posto il limite al 40%. Nell’atto di segnalazione l’autorità spiegava che una modifica del solo valore percentuale evidenziava da un lato la perdurante preoccupazione del legislatore per il pericolo di infiltrazioni criminali ma dall’altro non risolveva l’incompatibilità con i principi comunitari.

L’ANAC, nel medesimo atto, riteneva fosse necessario fornire alle stazioni appaltanti indicazioni normative chiare, mediante una opportuna “compensazione” tra i diritti di libertà riconosciuti a livello europeo e le esigenze nazionali di ordine e sicurezza pubblica, che sono sempre stati alla base della limitazione posta dalla normativa italiana all’utilizzo dell’istituto. Infatti, la Corte di Giustizia, stabilendo la non conformità al diritto europeo di un limite quantitativo generalizzato, non aveva sancito la possibilità di un ricorso illimitato al subappalto, come emerge dal considerando 41 della direttiva 2014/24/UE in cui è stabilito che “nessuna disposizione della presente direttiva dovrebbe vietare di imporre o di applicare misure necessarie alla tutela dell’ordine, della moralità e della sicurezza pubblici”.

Da ciò l’ANAC aveva giustificato l’esistenza di un regime derogatorio in caso di subappalto di opere superspecialistiche, c.d. SIOS, in quanto opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica. Mentre la sentenza della Corte di Giustizia europea aveva intaccato il limite generale del comma 2 dell’art. 105 del d. lgs. n. 50/2016, il limite del 30% prescritto al comma 5 per le c.d. SIOS rimaneva in vigore, considerata la natura speciale di quest’ultima norma. Nel caso specifico del parere di precontenzioso il Consiglio dell’ANAC ha dunque confermato la vigenza del limite del 30% in materia di subappalto per le opere superspecialistiche.

Dalla specialità della norma contenuta nell’art. 105, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 si può dedurre l’insussistenza di una restrizione analoga per le opere non SIOS poiché, sostiene l’ANAC richiamando una pronuncia del TAR Toscana (sez. II, 9 luglio 2020, n. 898), negli altri settori “il divieto generalizzato di ricorrere al subappalto oltre una certa percentuale del contratto affidato integra violazione delle direttive comunitarie in materia di appalti e non rispetta il canone di proporzionalità”. Si delinea dunque uno scenario di oggettiva incertezza applicativa delle norme sul subappalto, che, in attesa di un intervento del legislatore, rende impossibile alle stazioni appaltanti porre alcuna limitazione al subappalto.

La giurisprudenza sul tema, tra l’altro, non è uniforme, non essendo mancate opinioni più conservative della disciplina nazionale alla luce delle modifiche che il legislatore ha apportato con il c.d. decreto sbocca-cantieri. Il TAR del Lazio (sez. I, 24 aprile 2020, n. 4183) ha affermato che la pronuncia della Corte di Giustizia europea che ha censurato il limite del 30% al subappalto non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori e ha ritenuto non più contrastante con il diritto comunitario il limite del 40% posto dall’art. 1, comma 18, della l. n. 55/2019 e che quindi, in attesa di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, nel bando di gara le stazioni appaltanti non possono indicare una quota di subappalto superiore al 40% dell’importo complessivo dei lavori.

Un intervento del governo italiano in ottica di semplificazione ed accelerazione degli investimenti pubblici è arrivato con il decreto legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. decreto semplificazioni), convertito con la legge 11 settembre 2020, n. 120. L’articolo 2 del decreto, in ottica di incentivazione degli investimenti pubblici per l’aggiudicazione dei contratti sopra soglia ha previsto una serie di settori strategici per i quali le stazioni appaltanti sono autorizzate ad operare in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto del decreto legislativo n. 159/2011, dei vincoli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, degli artt. 30, 34 e 42 del codice dei contratti pubblici.

Tra le disposizioni inderogabili che devono comunque essere applicate dalle stazioni appaltanti rimangono quelle in materia di subappalto, espressamente richiamate dal legislatore come un quid pluris rispetto ai vincoli europei: da ciò emerge un sistema in cui le stazioni appaltanti, nell’aggiudicare commesse anche di notevole entità economica, possono agire in deroga ad ogni norma di legge nazionale, di fatto seguendo solo le disposizioni del legislatore comunitario. Tuttavia, sono chiamate ad applicare la normativa italiana sul subappalto, di cui viene effettuato solo un richiamo generico. Tra l’altro, il decreto semplificazioni ha anche scalfito la ratio principale all’origine della disciplina italiana limitativa del subappalto, prevedendo la possibilità di stipulare contratti pubblici sulla base di un’informativa antimafia provvisoria, derogando alle disposizioni in materia di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata.

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