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Il mero avvio del procedimento di annullamento d’ufficio consente il rispetto del termine di 18 mesi?

NASTA LUCREZIA

 

 

23/05/2018

 

 

La legge 7 agosto 2015 n. 124, da tutti conosciuta come Riforma Madia, è intervenuta incisivamente nel campo dell’autotutela amministrativa e la novità di maggiore rilievo è stata l’apposizione di un vincolo nel quomododell’annullamento d’ufficio.  Tale vincolo consiste nell’inserimento di un termine decadenziale di diciotto mesi che l’amministrazione ha a disposizione per annullare d’ufficio un suo provvedimento precedentemente emanato, tenendo, inoltre, sempre in considerazione l’esistenza di un pubblico interesse all’annullamento e la ponderazione degli interessi dei privati.

Come accade per la maggior parte degli interventi di riforma, non sono mancati dubbi interpretativi relativi all’impatto operativo del termine decadenziale di diciotto mesi sullo svolgimento dell’attività posta in essere dall’amministrazione. Infatti, ci si è spesso chiesti se il mero avvio del procedimento di annullamento d’ufficio consenta il rispetto del termine di diciotto mesi. Per rispondere a tale domanda è intervenuto il Consiglio di Stato in sede consultiva con l’adozione di un parere della Commissione Speciale, che si è espresso in favore di una posizione garantista per il privato, ritenendo che l’introduzione del termine di diciotto mesi sia volto a “stabilire limiti al potere pubblico nell’interesse dei cittadini, al fine di consolidare le situazioni soggettive dei privati”.Secondo il Consiglio di Stato l’introduzione di questa nuova regola è volta a cristallizzare gli effetti del provvedimento e a far conseguentemente prevalere l’affidamento dei privati. Partendo da questo assunto, il Consiglio di Stato continua affermando che il nuovo limite temporale sia “una regola che, per essere effettiva, deve essere applicata senza prestarsi a prassi elusive quale sarebbe, ad esempio, quella di ritenere che per il rispetto del termine di diciotto mesi sia sufficiente un mero avvio dell’iter dell’autotutela, magari privo di motivazioni e destinato a protrarsi per anni, mentre invece il termine va riferito alla compiuta adozione degli atti di autoannullamento o, nel caso della SCIA, degli atti inibitori, repressivi o conformativi”. Dunque lo stesso Consiglio di Stato si auspica che, per evitare pericoli di fuga dalla riforma, debba attuarsi “un’attenta azione di comunicazione, di formazione, di indirizzo e di monitoraggio ad opera della ‘cabina di regia’ e delle amministrazioni competenti”.

Sulla base delle considerazioni effettuate dal Consiglio di Stato con il parere in discorso, sembra opportuno giungere alla conclusione che il termine di diciotto mesi si riferisca non al mero avvio del procedimento di annullamento che, per assurdo, potrebbe protrarsi anche per anni, eludendo così la disposizione normativa, bensì sia riferibile al termine entro il quale l’amministrazione deve adottare il provvedimento definitivo con cui annulla un provvedimento precedentemente emanato. Pertanto è ormai fuor di dubbio che il limite decadenziale si riferisca al provvedimento e non al procedimento.

Può ormai ritenersi risolto il problema che gran parte della dottrina, ma anche della giurisprudenza, si era posta, grazie al risolutivo ed esaustivo parere del Consiglio di Stato che, favorevolmente alla tutela del privato, non lascia più scampo all’ingegno elusivo della pubblica amministrazione.

 

 

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