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Il nuovo decreto scia 2: l’atteso riordino dei regimi amministrativi delle attività economiche private

di Cristiano Merluzzi

20/01/17

Molteplici sono stati i tentativi di politica legislativa, che hanno riguardato la semplificazione del procedimento amministrativo, di attuazione  dei molteplici punti della legge delega Madia n. 124/2015; dopo il d.lgs. 126/2016, riguardante la disciplina del nuovo art. 19 della legge sul procedimento amministrativo, e la riscrittura della normativa in materia di SCIA, e dopo il d.lgs. 127/2016 concernente la riscrittura completa degli artt. 14-14quinquies in materia di conferenza di servizi, un ulteriore passo in avanti è stato compiuto con l’entrata in vigore, lo scorso 12 dicembre, del d.lgs. 222/2016, un’attuazione delle deleghe rimanenti che il decreto 126 aveva rimandato ad un successivo intervento. Dopo la regolamentazione dello scorso luglio, con il decreto c.d. “SCIA 1”, che si è occupato di riscrivere alcuni tratti della disciplina della segnalazione certificata, soprattutto con riguardo ai poteri inibitori e conformativi dell’amministrazione, alla limitazione dell’autotutela al solo annullamento d’ufficio, alla chiarificazione di alcuni punti terminologicamente incerti e traballanti, entra dunque in vigore un nuovo intervento, chiamato “SCIA 2”, non destinato a puntualizzare la disciplina generale della SCIA all’interno della l. 241/1990, ma piuttosto il coordinamento tra l’istituto generale e le discipline settoriali, la razionalizzazione della legislazione speciale. Infatti, il recentissimo decreto interviene “in materia di individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio attività (scia), silenzio assenso e comunicazione, e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti”, “nonché quelle per le quali è necessario il titolo espresso e introduce le conseguenti disposizioni normative di coordinamento”. L’art. 2 prevede che “a ciascuna delle attività elencate nella Tabella A (…) si applica il regime amministrativo ivi indicato. Ove per lo svolgimento dell’attività siano necessari diversi atti di assenso, segnalazioni o comunicazioni, si applica la concentrazione dei regimi amministrativi, di cui all’articolo 19bis (…); ove per lo svolgimento dell’attività sia necessaria l’acquisizione di ulteriori atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, si applica altresì quanto previsto dall’art. 19bis comma 3 (…); le attività non elencate, anche in ragione della loro specificità territoriale, ma riconducibili a quelle elencate, possono essere ricondotte dalle amministrazioni a quelle corrispondenti elencate, dando pubblicità sul proprio sito istituzionale (…); per lo svolgimento delle attività per le quali la Tabella A indica il regime amministrativo dell’autorizzazione è necessario un provvedimento espresso (…); per lo svolgimento delle attività per le quali la Tabella A indica il regime amministrativo della SCIA si applica il regime di cui all’art. 19 (…); ove la tabella indica il regime amministrativo della SCIA unica, si applica altresì quanto previsto dall’art. 19bis, comma 2 (…); per lo svolgimento delle attività per le quali la Tabella A indica il regime amministrativo della comunicazione, l’attività può essere svolta dopo la ricezione della comunicazione da parte dell’amministrazione”.

Nella tabella, che costituisce in realtà il vero e proprio corpo del decreto, è infatti prevista una prima colonna per l’indicazione delle specifiche attività settoriali della legislazione speciale, una seconda colonna per il regime da applicarsi (in una scelta assai ridotta tra semplice comunicazione, regime di SCIA/SCIA unica, e regime di autorizzazione tradizionale) e una terza per i casi di concomitanza di diversi regimi, con il quasi perenne rinvio alle regole sulla concentrazione dei regimi amministrativi previsti in via generale dal nuovo art. 19bis. Un esempio su tutti è la materia edilizia: sembra in questo modo terminare l’annosa questione dell’applicabilità della SCIA al regime edilizio, ritenuto talmente derogatorio che le sue ipotesi di DIA spesso venivano considerate istituti ormai autonomi e lontani dal regime generale. Con la nuova dicitura di SCIA, stante l’alta specificità della materia, l’edilizia torna in seno alla legge sul procedimento e ai suoi modelli; anche qui si ha una sostanziale riduzione dei regimi, e vengono soppresse la Comunicazione di Inizio Lavori, della DIA, della SuperDIA; i regimi vengono razionalizzati e ridotti a cinque ipotesi: attività completamente libera, regime di Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata, SCIA, Permesso di costruire; a queste si aggiungono le ipotesi di Permesso di costruire per le quali è prevista la possibilità, come deroga e non come regime di fondo, di operare una SCIA c.d. “alternativa”. Gli interventi edilizi minori potranno essere compiuti come attività libere, invece della CIL previgente (pavimentazione, finitura esterni, installazione di pannelli solari o fotovoltaici, eliminazione barriere architettoniche, e in generale interventi di manutenzione ordinaria); tutti gli interventi edilizi non previsti espressamente in legge rientrano nell’ambito residuale, oggetto di CILA, laddove non si applichi SCIA, Permesso di costruire, e non sia un’attività libera: tra i casi, la manutenzione straordinaria sugli impianti o sugli interni. Al contrario, la SCIA si applicherà nei casi di manutenzione straordinaria strutturale, ossia avente ad oggetto gli elementi portanti dell’edificio: risanamento, restauro, conservazione dello scheletro e della struttura dell’immobile. Il rapporto residuale-speciale che riguarda i regimi di CILA-SCIA rende quest’ultima un istituto di non ordinaria applicazione, prediligendo piuttosto un modello ancor più liberalizzato e semplice. Il Permesso di costruire, infine, è relegato ancor più che in passato ad un ambito ristretto, per le nuove costruzioni, per i casi di ristrutturazione urbanistica, o ristrutturazioni edilizie che modifichino la volumetria o che conducano ad un edificio diverso dall’originario, nei prospetti e negli spazi; infine per i cambi di destinazione d’uso.

Si tratta del più corposo tentativo di coordinamento dei diversi regimi delle numerosissime attività che erano originariamente oggetto di procedimenti autorizzatori, e vagamente riconducibili alle attività “private”. Soltanto il decorso del tempo potrà evidenziarne la portata innovativa, e tuttavia è da sottolinearsi l’ambizioso tentativo di ricondurre le discipline più disparate e derogatorie a tre o quattro modelli di riferimento, eliminando tutti i modelli residui di DIA e SuperDIA. Tali vecchie ipotesi vengono così ricondotte all’alveo dell’art. 19 e della SCIA, con una drastica razionalizzazione dei regimi. Quindi si ha un rinvio all’art. 19, e la riconduzione di tutte la discipline settoriali al genus della SCIA, ma al contempo si mantengono le dovute deroghe e specialità previste in ogni testo unico o legge speciale sulle singole materie: la razionalizzazione dei regimi non ha infatti eliminato le numerose deroghe all’art. 19 dei vari settori, e anche se denominata SCIA, spesso essa presenta una disciplina propria e quasi autonoma; pertanto il legislatore ha opportunamente modificato alcune previsioni in materia di commercio, edilizia, interventi di bonifica, pubblica sicurezza e altri settori, di modo che non soltanto vi sia un regime riconducibile alla SCIA, ma anche una minor frammentazione delle sue diverse tipologie. Ha in sostanza ridotto alcuni profili di deroga, permettendo una maggior applicazione dell’istituto generale, ha reso le ipotesi di SCIA più simili all’art 19 e dotate di minor specialità.

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