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IL PRINCIPIO DEL RISULTATO E LA CAUSA IN CONCRETO DEL CONTRATTO

03/06/2024

A cura di Cristiana Traetta

Con la pronuncia n. 2959/2024, il TAR Napoli ha rigettato il ricorso avverso l’aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante, valutando l’operato della stessa come conforme ai principi del risultato e della fiducia di cui al d. lgs. 36/2023.

Questi consentirebbero di prediligere un’interpretazione delle regole di gara che ponga al primo posto il profilo teleologico dell’operazione contrattatuale bandita.

L’azienda ospedaliera Aorn Sant’Anna ha indetto una procedura ex articolo 25 d. lgs. 36/2023 per la fornitura semestrale di medicazione emostatica per uso chirurgico. Il capitolato tecnico richiedeva confezioni monodose da 5 ml +/- 1 millilitri” (ml), per un quantitativo semestrale di 432 pezzi.

L’aggiudicazione avviene a favore della controinteressata nonostante questa abbia formulato l’offerta in termini di millilitri. La ricorrente lamenta l’illegittimità della decisione per contrasto con la prescrizione della lex specialis che faceva riferimento al numero di pezzi, nonché la violazione del disciplinare di gara, laddove si prevedeva l’esclusione automatica delle offerte di prodotti difformi rispetto alle caratteristiche indicate nel bando “in senso peggiorativo”.

Contrariamente a quanto prospettato, il giudice ha ritenuto legittima e corretta la condotta della resistente amministrazione alla stregua dei principi di c.d. equivalenza, risultato e fiducia.

In primo luogo la controinteressata aveva formulato una richiesta di chiarimenti sottoponendo alla stazione appaltante le problematiche derivanti da un’interpretazione letterale delle modalità di formulazione dell’offerta indicate. Infatti, ne sarebbe conseguito un ostacolo al regolare ed effettivo svolgimento della concorrenza, considerato che le società in questione risultano le uniche due produttrici nel mercato di riferimento e, fra queste, solo la ricorrente confeziona il prodotto secondo il dosaggio richiesto dal disciplinare di gara.

L’aggiudicataria, confezionando il proprio prodotto unicamente in kit da 8 ml, non avrebbe potuto fornire lo stesso quantitativo di pezzi e soltanto rapportando la competizione al ml (in luogo del pezzo) le offerte avrebbero potuto essere comparabili.

La stazione appaltante, avvedutasi di tale circostanza, ha precisato con un chiarimento la possibilità di presentare l’offerta convertendo il numero di pezzi nell’equivalente quantitativo in ml. In questo modo si garantiva un più ampio confronto concorrenziale, secondo modalità rispettose del principio di trasparenza e del favor partecipationis.

Il giudice ritiene che tale modifica non sostanziale abbia costituito giusta applicazione del principio c.d. di equivalenza, di derivazione eurounitaria. Questo è immanente a tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica indipendentemente da un suo espresso richiamo nel bando di gara

 Tale principio consente la presentazione di offerte formalmente prive delle specifiche tecniche prescritte, purché sostanzialmente satisfattive delle esigenze espresse dall’amministrazione, evitando un’irragionevole limitazione della concorrenza. Viene fatto riferimento ad una “conformità sostanziale” dei prodotti offerti ai requisiti stabiliti, la quale incentiverebbe l’amministrazione a operare non tramite meri riscontri formalistici bensì compiendo una valutazione ragionevole e proporzionale, nell’esercizio della discrezionalità che le è attribuita.

L’uguale efficacia prestazionale dei prodotti in questione è tra l’altro orientamento ormai consolidato (v. Cons. St., sez. III, 17 aprile 2015, n. 1978; Cons. St., sez. III, 8 luglio 2015, n. 3424; Cons. St., sez. III, 8 luglio 2015, n. 3425; Cons. St., sez. III, 16 luglio 2015, n. 3572), talché le prescrizioni della legge di gara sono da ritenersi vincolanti nel quoad effectum piuttosto che nel quomodo. Secondo il TAR, dunque, devono ritenersi conformi al disciplinarele offerte che siano comunque capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento.

Il Collegio conclude con un significativo richiamo ai principi del risultato e della fiducia (artt. 1 e 2 d. lgs. 36/2023) nell’interpretazione ed applicazione delle norme sulle procedure di gara e della lex specialis.

Il principio del risultato è criterio prioritario per l’esercizio della discrezionalità ed è favorito dal principio di concorrenza, funzionale al conseguimento del miglior risultato possibile.

Al tempo stesso, il combinato disposto con il principio guida della fiducia valorizza l’autonomia decisionale delle stazioni appaltanti ed impone che le stesse svolgano le procedure non solo nel rispetto della legalità in senso formale, ma tenendo sempre presente il fine per cui queste sono svolte, agendo nel modo più rispondente agli interessi della collettività. In tal modo si favoriscono scelte discrezionali ed interpretazioni delle leggi di gara orientate alla finalità ultima perseguita con l’affidamento.

La fiducia amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile ed essendo legata a doppio filo con i principi di trasparenza e correttezza, rappresenta una evoluzione della presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.

 Nel seguire la regola del “risultato” la stazione appaltante ha dunque correttamente optato per un’interpretazione finalistica delle prescrizioni di gara, orientata ad attuare la ratio sottesa alla programmata operazione amministrativa/negoziale, vale a dire assicurarsi il prodotto farmaceutico, munito delle capacità terapeutiche ritenute imprescindibili, al miglior costo di mercato.

La condotta della stazione appaltante sembra porsi in perfetta linea con le tendenze segnate dalla riforma in quanto ha interpretato le regole di gara in ossequio al principio di equivalenza funzionale fra i prodotti, assicurandosi in tal modo il conseguimento del miglior risultato possibile all’esito di un più ampio confronto fra gli operatori economici nel rispetto del principio di trasparenza.

La sentenza mostra i nuovi percorsi ermeneutici che i principi codificati nel d. lgs. 36/2023 offrono al giudice amministrativo, ordinariamente chiamato a valutare la condotta e l’esercizio del potere discrezionale delle stazioni appaltanti nelle delicate fasi di procedura di evidenza pubblica.

Emerge come, in questo caso, un’interpretazione rigida e formalistica del disciplinare avrebbe determinato una limitazione del confronto fra i concorrenti e una riduzione delle probabilità di affidare il contratto al miglior operatore secondo le condizioni fissate: è anche al fine scongiurare tale evenienza se il nuovo codice ha inteso restituire un maggiore spazio al potere discrezionale delle amministrazioni acquirenti.  Fonte di riflessioni può essere il passaggio della sentenza in cui si sottolinea che, seguendo un diverso percorso ermeneutico, si ammetterebbero querelles su requisiti particolari non funzionali e privi di alcuna rilevanza in concreto per il proficuo risultato ricercato dalla stazione appaltante, soprattutto laddove il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso, come nel caso in esame.

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