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La dimensione informale del golden power: il caso KKR-TIM

17/01/2022

A cura di Matteo Farnese

La normativa sul Golden Power in Italia è di elaborazione relativamente recente: introdotta con il d.l. 21/2012, è stata più volte emendata e affinata, da ultimo nel 2021, anche sulla spinta del reg. UE 2019/452. È utile, quindi, ragionare sull’efficacia della stessa normativa, alla luce dell’esperienza che sta maturando e delle soluzioni approntate da altri ordinamenti, al fine di comprendere se essa possa ritenersi ormai consolidata o se, invece, sia possibile individuare eventuali ulteriori aree di miglioramento. In questa prospettiva, il recente caso riguardante KKR (uno dei principali fondi di investimento statunitensi) e TIM (il principale operatore infrastrutturale italiano) offre utili spunti di riflessione. TIM, infatti, detiene asset strategici, rientra appieno nella disciplina Golden Power ed è stata già oggetto di specifici procedimenti, alcuni dei quali conclusi con l’imposizione di prescrizioni da parte del Governo, e potrebbe presto ritrovarsi in un nuovo procedimento.

In particolare, TIM, con il comunicato stampa del 21 novembre, ha informato di aver preso atto della manifestazione di interesse “non vincolante ed indicativa”, proposta da KKR il 19 novembre, al fine di effettuare un’offerta pubblica di acquisto (OPA) volontaria sul 100% delle azioni ordinarie e di risparmio della società, con l’obiettivo di raggiungere almeno il 51% del capitale. Hai informato inoltre, che KKR ha posto alcune condizioni al formale lancio dell’OPA, tra cui “il gradimento dei soggetti istituzionali rilevanti”.

A valle della manifestazione di interesse, il Governo italiano, con il comunicato del Ministero dell’economia e delle finanze n. 217 del 21 novembre, ha reso noto di aver costituito “un gruppo di lavoro composto dagli esponenti di Governo titolari delle competenze istituzionali principalmente coinvolte per seguire l’evoluzione del progetto”.

Il 14 dicembre, KKR, attraverso un proprio comunicato stampa, sollecitato dalla Consob, ha precisato quali condizioni per l’effettivo lancio dell’OPA, oltre all’espletamento di una preventiva due diligence, anche “l’approvazione del Governo italiano”.

Nonostante l’operazione sia ancora nella fase iniziale, risulta estremamente interessante il fatto che l’investitore abbia interesse nel sollecitare un’interlocuzione preventiva con il Governo e che questo abbia deciso di costituire un “gruppo di lavoro istituzionale”, precedentemente alla presentazione dell’offerta. La normativa vigente, infatti, non prevede simili eventualità. Le iniziative assunte, quindi, si pongono al di fuori del quadro normativo vigente e riflettono piuttosto un’esigenza per entrambi gli attori: da un parte, KKR mostra la necessità di comprendere le intenzioni del Governo prima di affrontare un’onerosa procedura, con risvolti anche reputazionali; dall’altra parte, il Governo avverte la necessità di comprendere meglio la dinamica in atto e prepararsi per tempo a gestire una complessa operazione, con effetti, anche per parte sua, reputazionali, non potendo mostrarsi ostile agli investimenti esteri, specialmente quando promossi da investitori americani. Questa esigenza non è prevista nella normativa interna. Così si agisce in modo estemporaneo, al di fuori di essa.

La soluzione adottata dal Governo italiano presenta particolari profili di opportunità, ma al tempo stesso anche problematici.

Con riguardo alle opportunità, se ne possono annoverare sicuramente due. In primo luogo, permettere un vaglio preliminare dell’operazione e rafforzare la collaborazione tra i soggetti istituzionali e l’investitore straniero. In secondo luogo, il Governo, attraverso questo strumento, potrebbe orientare le scelte volontarie dell’investitore in modo da non determinare l’imposizione di specifiche prescrizioni o l’utilizzo di raccomandazioni, assumendo un atteggiamento formalmente market friendly ma, in sostanza, interventista.

Con riguardo agli aspetti critici, se ne possono annoverare almeno tre. In primo luogo, la mancanza di fondamento normativo del gruppo di lavoro e la non vincolatività degli atti o dei pareri espressi dallo stesso. In secondo luogo, la configurazione in capo all’investitore straniero di una situazione giuridica priva delle tutele, sia procedimentali, sia nei confronti dell’atto conclusivo, che, in caso di opposizione all’investimento da parte del gruppo di lavoro, potrebbe addirittura portare alla rinuncia del progetto. In terzo luogo, la noncuranza rispetto alla procedura delineata nel reg. UE 2019/452, che prevede la partecipazione della Commissione europea e degli Stati Membri, a cui spetta il potere di formulare osservazioni in merito all’operazione soggetta alla disciplina del Golden Power. Agendo in via informale, al di fuori della procedura, i soggetti istituzionali europei potenzialmente interessati potrebbero essere esclusi dal processo decisionale.

Questi aspetti problematici potrebbero essere risolti o mitigati guardando alle soluzioni approntate da altri ordinamenti come, ad esempio, quello francese. La soluzione atipica elaborata dall’esecutivo, infatti, sembra avvicinarsi alla procedura della normativa francese sul Golden Power, prevista nel Code monétaire et financier. L’art. R. 151-4, infatti, prevede per l’investitore la possibilità di richiedere preliminarmente al Governo un’opinione per capire quali parti dell’attività oggetto dell’investimento rientrino nella sfera di applicazione della normativa sul controllo degli investimenti esteri. In tal caso, il Governo è obbligato a rispondere all’istanza dell’investitore nel termine di due mesi. Confrontato con il caso di specie, la disciplina francese offre degli spunti che aprono ad una riflessione più ampia. KKR, infatti, ha fin da subito voluto intraprendere contatti con il Governo italiano, non per limitarsi a richieste generali sulla normativa, ma per conoscere preliminarmente l’orientamento dell’esecutivo nei confronti dell’operazione.

L’utilizzo dell’istituto francese consentirebbe solo un contatto limitato tra le parti, che ben si innesta nella logica del sistema autorizzativo d’oltralpe, ma che nel sistema italiano potrebbe trovare uno sviluppo ulteriore, consentendo all’investitore estero di capire l’indirizzo del Governo, soprattutto nelle operazioni più onerose e complesse.

In conclusione, la vicenda in corso KKR-TIM mostra come la necessità di far fronte ad alcune esigenze conoscitive e istruttorie possa indurre sia gli investitori che il Governo a ricercare forme preliminari di interlocuzione e di confronto. In assenza di specifiche previsioni, queste possono avvenire secondo modalità informali ed estemporanee, legate alla rilevanza del caso e rimesse alle scelte del momento. Modalità, queste, che se, da un lato, presentano l’opportunità di rimediare ai limiti del quadro normativo, dall’altro, recano anche grandi insidie soprattutto in termini di trasparenza, di tutela delle posizioni giuridiche degli interessati e di conformità rispetto alla disciplina europea. Per farvi fronte, utili spunti si ricavano dalla normativa introdotta e sperimentata in Francia, dove opera l’istituto della “prenotifica”. L’introduzione anche in Italia di tale istituto potrebbe costituire un ulteriore passo in avanti nella costruzione di una disciplina sul Golden Power maggiormente efficace e al contempo più rispettosa delle istanze di partecipazione e di tutela e, in ultima analisi, dello Stato di diritto.

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