Lab-IP

Le modifiche in tema di mediazione tributaria

di FABIO PALERMINI

 

10/01/2018

 

Nel sistema tributario italiano, negli ultimi anni, hanno trovato sempre maggiore spazio gli strumenti deflattivi del contenzioso, rivolti essenzialmente al potenziamento dei poteri di riesame, alla facoltà di revisione del proprio operato, nonché al rafforzamento del contraddittorio fra autorità impositrice e soggetto passivo del tributo, sia in fase antecedente che successiva al contenzioso tributario.

Gli istituti dell’autotutela, dell’interpello, dell’accertamento con adesione, della conciliazione, traggono origine, sostanzialmente, dalla L. 241/1990 in tema di trasparenza nel rapporto fra Pubblica Amministrazione e cittadino, e vengono rafforzati dall’emanazione dello Statuto dei diritti del contribuente.

 

In questa sede, si pone l’attenzione sulla disciplina del reclamo/mediazione tributaria, di cui all’art. 17bis del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e sulle modifiche apportate dall’art. 10 del Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

In particolare, con l’intervento legislativo del 2017 è stata modificata la disciplina del reclamo/mediazione di cui all’articolo 17bis, elevando da ventimila a cinquantamila euro la soglia di valore delle liti che delimita l’ambito di applicazione dell’istituto, nell’evidente intento di ampliarne la funzione deflattiva del contenzioso.

Inoltre, il D.L. 50/2017 ha escluso espressamente le controversie relative a tributi che, sulla base del diritto comunitario, costituiscono risorse proprie tradizionali.

 

A ciò si aggiunga l’importante intervento legislativo compiuto con l’art. 9, co. 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, che ha modificato l’art. 17bis del D.lgs. n. 546/1992, nel senso che la proposizione dell’impugnazione, oltre agli effetti sostanziali e processuali del ricorso, produce anche quelli del reclamo. Il reclamo, dunque, a partire dal 1° gennaio 2016, non è più un atto distinto dal ricorso, bensì è lo stesso atto che, preliminarmente attiverà un procedimento di carattere amministrativo ed eventualmente, a posteriori, richiederà l’intervento dell’autorità giudiziaria.

Tutto ciò a differenza di quanto è accaduto sino al 31 dicembre 2015, dove, il contribuente che intendeva proporre ricorso, doveva dapprima presentare apposita istanza di reclamo-mediazione.

 

Inoltre, nel testo del nuovo art. 17bis, così come modificato ad opera del D.lgs. n. 156/2015, non appare più l’inciso “relative ad atti emessi dall’Agenzia delle Entrate” e ciò sta a significare che, per i ricorsi notificati a partire dal 1° gennaio 2016, l’applicazione dell’istituto è estesa a tutte le controversie tributarie, anche nel caso in cui parte in giudizio sia un ente impositore diverso dall’Agenzia delle Entrate, come l’Agenzia delle Dogane o l’Agente della riscossione. La ratio di tale espansione, come disposto all’interno della relazione illustrativa allo schema di Decreto, si basa sul principio di economicità dell’azione amministrativa.

 

Per quanto attiene il soggetto tenuto all’esame del reclamo e dell’eventuale proposta di mediazione, il comma 4, dell’art. 17bis, dispone che tale attività compete alle Agenzie fiscali, le quali dovranno provvedere con apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili.

Il fatto che il legislatore non abbia previsto l’istituzione di un soggetto terzo a ciò deputato, si giustificherebbe dal fatto che, in ambito tributario, l’istituto del reclamo-mediazione si configura maggiormente come espressione dell’esercizio di un potere di autotutela da parte dell’ente impositore.

In sede di controllo preventivo delle istanze di mediazione, infatti, in presenza di atti privi o palesemente carenti di motivazione, ovvero di altri elementi essenziali, ferma restando la potestà dell’Ufficio di provvedere alla sostituzione dell’atto viziato, alla luce del principio di economicità dell’azione amministrativa e del principio della giusta imposizione, gli Uffici, nella prassi operativa, provvedono ad un accordo di mediazione che evita l’emanazione e la notificazione di un ulteriore atto sostituivo del precedente viziato. Nell’ipotesi in cui sussistano i presupposti per l’esercizio del potere di autotutela parziale l’ufficio provvede alla verifica della possibilità di giungere ad un accordo di mediazione con il quale poter definire l’intera controversia prima di procedere alla notifica dell’accoglimento parziale dell’istanza.

 

Il successo delle modifiche apportate è evidente leggendo i dati dell’ultimo rapporto trimestrale sullo stato del contenzioso tributario (periodo ottobre – dicembre 2016) censito dal MEF, che conferma una riduzione complessiva delle liti rispetto al 2015, pari al 8,39%.

Probabilmente, l’innalzamento della soglia per la mediazione a cinquantamila euro avrà l’effetto di ridurre ancor più il contenzioso tributario, sia in un’ottica di efficacia, efficienza ed economicità, sia di incremento della compliance tra fisco e cittadino.

 

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