Lab-IP

L’incompatibilità del Codice dei Contratti Pubblici con il diritto dell’UE: gli articoli del Codice non conformi secondo la Commissione Europea

NICCOLO’ MACDONALD

 

 

 

18/02/2019

 

 

Con lettera di costituzione in mora C(2019)452 del 24 gennaio 2019 attinente alla procedura di infrazione n.2273 del 2018, La Commissione Europea si è espressa formalmente sul Codice dei contratti pubblici – ossia il decreto legislativo n.50 del 18 aprile 2016 così come modificato dal decreto correttivo n.56 del 19 aprile 2017 – rilevandone la sua non conformità con la disciplina europea.

L’Unione Europea ha infatti individuato diverse disposizioni del citato Codice che risulterebbero in contrasto con le direttive del 2014.

Più nello specifico, gli articoli del Codice non conformi sarebbero l’articolo 35, comma 9, lettera a), e l’articolo 35, comma 10, lettera a), riguardanti il calcolo del valore stimato degli appalti; l’articolo 80, comma 4 e l’articolo 80, comma 5, lettera c) riguardanti i motivi di esclusione; l’articolo 105, comma 2, terza frase, l’articolo 105, comma 5, l’articolo 105, comma 6, e l’articolo 105, comma 19 riguardanti il subappalto; l’articolo 89, comma 6, l’articolo 89, comma 7, l’articolo 89, comma 11 e l’articolo 105, comma 4, lettera a), riguardanti l’avvalimento, ossia la capacità dell’operatore di fare affidamento alle capacità di un altro soggetto; e l’articolo 97, comma 8 riguardante le offerte anormalmente basse.

In sintesi e seguendo l’elencazione suindicata, la disciplina italiana riguardante il calcolo del valore stimato degli appalti – la quale prevede che sia computato il valore complessivo stimato della totalità dei lotti qualora vi sia la possibilità di “appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti separati” in luogo della disciplina comunitaria che invece prevede che sia computato il valore stimato complessivo della totalità dei lotti quando vi è la possibilità di “appalti aggiudicati per lotti separati” – violerebbe la disciplina europea in quanto restringerebbe l’applicabilità dell’obbligo di computare il valore complessivo stimato della totalità dei lotti.

Anche la disciplina riguardante i motivi di esclusione sarebbe non conforme alle direttive europee: infatti l’art. 80, comma 4 – prevedendo che un operatore economico sia escluso dalla partecipazione ad una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito, precisando inoltre che costituiscono “violazioni definitivamente accertate” quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione – non consente, in caso di assenza di una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo sul punto, di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore. Incompatibile sarebbe quindi anche l’articolo 80, comma 5, lettera c), in quanto preclude alle stazioni appaltanti ogni valutazione circa l’affidabilità degli offerenti sino a quando il giudizio non abbia confermato la risoluzione anticipata nel caso di offerenti che abbiano contestato in giudizio la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione.

Viene confermata anche la non conformità alle direttive europee della disciplina nazione in tema di subappalto. Infatti già con lettera n. 1572232 del 23 marzo 2017 la Commissione Europea aveva messo in guardia l’Italia sulle criticità della disciplina del Codice dei Contratti Pubblici in materia di subappalto.

L’Unione Europea ha quindi ribadito che l’articolo 105, comma 2, terza frase, e l’articolo 105, comma 5, del decreto legislativo 50/2016 risulterebbero in contrasto con la direttiva del 2014/24/UE (invero anche con quanto precedentemente contenuto nella direttiva 2004/18/CE), nella parte in cui prevedono il limite obbligatorio del 30 percento all’importo dei contratti pubblici che può essere oggetto di subappalto. In tal senso ed in accordo con i principi di proporzionalità, parità di trattamento e favor per le PMI, viene rilevata la non conformità anche della disciplina di cui all’articolo 105, comma 19, la quale pone il divieto generale e universale – non previsto a livello europeo – di subappaltare quanto oggetto già di subappalto. E in tal senso anche l’articolo 105, comma 19 violerebbe la disciplina comunitaria, in quanto vieta in modo generale e universale che le prestazioni subappaltate possano essere oggetto di ulteriore subappalto.

Sempre in tema di subappalto, viene rilevato che anche il comma 6 del suindicato articolo violerebbe la direttiva 2014 in quanto prevede, per gli appalti che rientrano nell’ambito di applicazione dello stesso articolo, l’obbligo per gli offerenti di indicare una terna di subappaltatori; obbligo non previsto dalla disciplina comunitaria e che invece ai sensi del suindicato comma risulterebbe sussistente anche per l’operatore che non intenda fare ricorso ad alcun subappaltatore o quanto gli occorrano meno di tre subappaltatori.

Anche i commi 5,6, e 11 dell’articolo 89 – disposizioni inerenti la disciplina dell’avvalimento – risulterebbero in contrasto con la nuova disciplina europea. Più nello specifico, il comma 6 prevede infatti che il soggetto delle cui capacità l’operatore intende avvalersi non può affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto; il comma 7 invece vieta sia ai diversi offerenti in una determinata procedura di gara di affidarsi alle capacità dello stesso soggetto, sia al soggetto delle cui capacità un offerente intende avvalersi di presentare un’offerta nella stessa procedura di gara; in tale ottica rileva anche l’articolo 105, comma 4, lettera a), che vieta all’offerente in una data procedura di gara di essere anche subappaltatore di un altro operatore che abbia presentato un’offerta nella stessa procedura di gara.

Ulteriore divieto viene posto dall’articolo 89, comma 11, il quale vieta, a pena di esclusione, agli offerenti di avvalersi delle capacità di altri soggetti quando il contratto riguarda progetti che richiedano la realizzazione di “opere complesse” – ossia “opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali”.

Quindi la Commissione ha rilevato che tali disposizioni, ponendo agli operatori in via generale ed assoluta i suindicati divieti di fare affidamento alle capacità di un altro soggetto senza lasciare agli stessi la possibilità di dimostrare che tali rapporti non abbiano influito sul loro comportamento nell’ambito di tale procedura di gara o inciso sulla loro capacità di rispettare gli obblighi contrattuali, risulterebbero in contrasto con la disciplina comunitaria, che non prevede alcun limite di tale tipo, e con il principio di proporzionalità di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE, all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE e all’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE.

Infine, viene rilevata anche l’incompatibilità dell’art. 97, comma 8 del Codice dei Contratti Pubblici in quanto – disciplinando la possibilità per la stazione appaltante di prevedere nel bando l’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse in tutti i casi in cui la procedura riguardi un appalto da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso e il cui valore sia inferiore alla soglia UE, e che inoltre il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a dieci – consente alle stazioni appaltanti di escludere offerte anormalmente basse senza prima chiedere agli offerenti di fornire spiegazioni in merito alle proprie offerte.

Ciò posto ora l’Italia, ai sensi dell’articolo 258 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, può presentare le proprie osservazioni in merito a quanto espresso nella lettera di costituzione in mora. Tuttavia, alla luce delle considerazioni espresse dalla Commissione e visti sia i limiti posti dalle direttive europee all’attività di adeguamento degli Stati Membri sia il divieto generale di gold plating imposto dalla disciplina comunitaria, con molta probabilità il Codice dei Contratti Pubblici dovrà subire una rilevante riforma al fine di adeguarsi all’ordinamento europeo. Criticità che inoltre potrebbero rappresentare una ulteriore ragione posta a sostegno dell’idea di abrogare in toto il nuovo Codice e riscrivere interamente la disciplina nazionale in tema di contratti pubblici.

 

Riferimenti bibliografici.

 

  • Lettera della Commissione Europea di costituzione in mora        C(2019)452 del 24 gennaio 2019, attinente alla procedura di infrazione n.2273 del 2018.
  • Decreto Legislativo n. 50 del 18 aprile 2016.
  • Decreto Legislativo n.56 del 19 aprile 2017.
  • Direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014.
  • Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014.
  • Direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014.
  • Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004.

 

FacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmailFacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmail