Lab-IP

Siamo indietro sul golden power. Idee per proteggere il paese. Estendere con urgenza lo scudo protettivo dello Stato alle filiere produttive e alle attività economiche. Piano in tre mosse.


2 aprile 2020

Giulio Napolitano

E’ stata la Commissione europea, con parole inusualmente forti in un’apposita Comunicazione del 26 marzo 2020, a rivolgere un fermo invito agli Stati membri “ad avvalersi appieno, sin da ora, dei meccanismi di controllo degli Investimenti esteri diretti”, per fronteggiare il rischio che si verifichino tentativi di acquisizione di imprese e attivi strategici con la conseguente “perdita di risorse e tecnologie critiche”. In una fase caratterizzata dalla estrema volatilità dei mercati azionari, il pensiero della Commissione è rivolto innanzi tutto alle aziende della filiera dell’assistenza sanitaria (ad esempio per la fabbricazione di dispositivi medici o di protezione) e degli istituti di ricerca (ad esempio per lo sviluppo di vaccini). Ma lo sguardo si allarga a tutti i casi in cui bisogna tutelare la sicurezza, l’ordine pubblico ed altre esigenze imperative di interesse generale, dalla garanzia degli approvvigionamenti al funzionamento di infrastrutture e servizi essenziali, dalla stabilità finanziaria alla tutela dei dati sensibili.

Proprio per questa ragione, la Commissione sottolinea che il Regolamento UE n. 452/2019, nel definire per la prima volta un quadro comune sul controllo degli investimenti esteri diretti da parte degli Stati membri, si applica “a tutti i settori dell’economia” e a prescindere da soglie di acquisto e valore di mercato delle operazioni. Il Regolamento europeo diventerà pienamente operativo il prossimo ottobre con l’attivazione di un meccanismo di consultazione preventiva tra gli Stati membri e la Commissione: ciò al fine di meglio valutare gli effetti di potenziali operazioni di investimento in un mercato integrato e interdipendente come quello europeo. Nel frattempo, gli Stati membri stanno adeguando i loro meccanismi di controllo. Lo hanno fatto proprio negli ultimi giorni la Spagna e la Francia, rafforzando tutele e garanzie.

Ma a che punto è l’Italia? Il Paese dal 2012 si è dotato di un organico sistema di controllo che consente al governo di esercitare poteri speciali (il cd. golden power) di veto o autorizzazione condizionata al rispetto di misure e prescrizioni ogni qual volta l’acquisto di partecipazioni rilevanti o la modifica degli assetti di controllo metta a repentaglio interessi pubblici essenziali. L’anno scorso, l’Italia è stata anche tra i primi a recepire le principali novità introdotte dal Regolamento UE n. 452/2019. Ma la loro piena operatività non è ancora garantita. Infatti, ancora non sono stati adottati i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (quelli che l’emergenza coronavirus ha ormai reso famosi) di individuazione dei nuovi settori e attivi strategici dai quali dipende il concreto avvio dello scrutinio governativo. E’ proprio in questi comparti che ci sono tante imprese italiane, anche piccole e medie, ma all’avanguardia, che svolgono attività essenziali per il funzionamento del nostro sistema economico, produttivo e sociale, dalle infrastrutture finanziarie, alimentari e sanitarie alle tecnologie critiche, ivi inclusi la robotica, i semiconduttori, le nanotecnologie, la sicurezza cibernetica e il trattamento dei dati.

Per colmare il ritardo e raccogliere l’invito della Commissione si può allora pensare a una strategia in tre mosse. La prima è completare al più presto la predisposizione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di individuazione degli attivi strategici e rendere così pienamente operativi i controlli governativi nei nuovi settori. L’iter per la loro definitiva adozione, però, potrebbe non essere rapidissimo, anche perché almeno allo stato la legge prevede un ulteriore termine di 30 giorni per il parere delle commissioni parlamentari. Anche da ciò discende l’esigenza di una seconda immediata mossa: il ricorso alla decretazione d’urgenza per estendere almeno provvisoriamente lo scudo del Golden power alle filiere produttive e alle attività economiche già oggi ritenute essenziali dal governo per fronteggiare l’emergenza del coronavirus, dalle infrastrutture sanitarie all’agroalimentare, fino ai servizi bancari e assicurativi.

La terza mossa è una più complessiva revisione della disciplina del 2012, anch’essa eventualmente con decretazione d’urgenza, per intervenire su alcuni punti deboli e fornire maggiore chiarezza al mercato. La questione di fondo rimane l’effettiva tenuta della originaria distinzione tra settori della sicurezza e della difesa, dove già oggi le regole sono più rigide, e settori infrastrutturali. Una distinzione ignota alla disciplina europea che potrebbe cadere una volta che si riconosce che lo scrutinio è sempre motivato da ragioni di sicurezza e ordine pubblico. In ogni caso, come sembra suggerire la stessa Commissione, andrebbero abbassate le soglie delle partecipazioni rilevanti in modo da far scattare lo scrutinio ogni volta che si determini un insediamento durevole o influente, anche se non di controllo. Analogamente a quanto recentemente previsto in Francia, si potrebbe poi dare alle imprese la possibilità di presentare un interpello per verificarne l’effettiva operatività in uno o più dei settori strategici protetti e la sensibilità delle sue attività per la sicurezza e l’ordine pubblico. Infine, si potrebbe pensare all’inserimento di una clausola residuale di protezione dell’interesse nazionale analoga a quella esistente nell’ordinamento statunitense, che consenta di intervenire ex post su operazioni non soggette a previo obbligo di notifica, ma che si rivelino pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico. Tutto ciò naturalmente presuppone il rafforzamento degli uffici della Presidenza del Consiglio e del Gruppo di coordinamento o addirittura l’istituzione di una struttura ad hoc.

Il golden power, ovviamente, non rappresenta la soluzione di ogni problema e richiede di essere esercitato sempre con misura e prudenza, come fin qui hanno fatto la Presidenza del Consiglio e il gruppo di coordinamento incaricati dell’attuazione della disciplina. Il sistema economico italiano, infatti, forse più di quello di altri paesi, ha bisogno di restare un luogo attrattivo per capitali e investimenti stranieri e allo stesso tempo di poter continuare ad espandersi nei mercati esteri. Ma, soprattutto in questa drammatica fase, rinunciare a rafforzare gli strumenti di controllo a salvaguardia delle imprese e degli attivi strategici potrebbe risultare fatale.

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