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Stato ed industria high-tech in Israele, Il “miracolo” della Silicon Wadi.

di Alessio Pontillo

20/02/2017

  1. Il contesto israeliano.
  2. Il programma “Yozma”.
  3. I Rapporti con l’Italia.

  1. Il contesto israeliano:

In materia di start-up, venture capital ed imprese high-tech, lo stato d’Israele rappresenta certamente una delle realtà più interessanti sul panorama internazionale.

Tale interesse è dovuto all’incredibile concentrazione di questo tipo di imprese in un paese di dimensioni modeste, ma da sempre caratterizzato da una politica imprenditoriale effervescente, libera dai condizionamenti che paesi più antichi e “burocratizzati” possono conservare, e supportata da uno Stato che, con lungimiranti manovre di attrazione degli investimenti, incentivi alle imprese e semplificazioni burocratiche, ha contribuito in maniera decisiva a formare un “humus” assolutamente unico, in cui le nuove realtà fioriscono e prosperano con grande facilità.

Israele può vantare la più alta concentrazione al mondo di start-up e venture capital in proporzione alla sua popolazione –quasi 5mila aziende high-tech su circa 8 milioni di abitanti nel 2014, secondo StartupItalia!. Queste imprese sono concentrate principalmente nell’area della c.d. Silicon Wadi (appellativo in chiara assonanza con quello della più nota Silicon Valley, negli Stati Uniti), così chiamata proprio per l’incredibile concentrazione di questo tipo di aziende, ed in particolare a Tel Aviv, cuore pulsante dell’industria high-tech del paese e fra le prime città al mondo nel settore. Come riportato dal Ministero dell’Economia israeliano, dopo il recente riconoscimento di Israele come seconda nazione più innovativa al mondo da parte di “World Economic Forum”, la città di Tel Aviv è stata inserita dalla società internazionale di Venture Capital “SparkLabs Global Ventures” al terzo posto nella classifica dei cinque maggiori hub mondiali per nascita e sviluppo di start-up, dopo la Silicon Valley e Stoccolma. La lista si chiude, nell’ordine, con New York e Los Angeles.

Secondo un articolo del sito internet israeliano “NoCamels”, che cita le dichiarazioni di alcuni alti esponenti della municipalità di Tel Aviv, nella città sono presenti almeno 1000 start-up, 19 per kilometro quadrato, e più di 50 incubatori.

In un quadro tanto esaltante, certamente non manca un’azione statale solida e produttiva, che si concretizza in prestiti agevolati alle imprese, semplificazioni burocratiche, una decisa campagna di attrazione degli investimenti dall’estero, come dimostra l’esistenza di iniziative quali ad esempio il Tel Aviv Bootcamp, sul quale avrò modo di soffermarmi più avanti.

Interessante mi pare, inoltre, accennare all’esistenza di un’apposita “Israel Innovation Authority”, nota come “Office of the Chief Scientist of the Ministry of Economy”, la quale fa riferimento al Ministero dell’Economia ed è responsabile delle politiche per l’innovazione nel paese. Entità pubblica indipendente ed imparziale, tale autorità si occupa di coltivare e sviluppare le risorse innovative in Israele, nel contempo contribuendo ad implementare le infrastrutture ed i network necessari alle imprese. L’Israel Innovation Authority fornisce inoltre supporto e consulenza al Governo ed al Parlamento nelle materie di proprio interesse.

L’attività dell’Autorità si sviluppa principalmente lungo tre direttrici: supporto alle società, agevolazione dei rapporti tra industria ed università e venture capital finanziato dal governo; per quanto riguarda il settore specifico del sostegno alle imprese, dopo la fase di selezione delle realtà da incubare, l’Ufficio eroga finanziamenti per l’85% del valore dell’investimento; il rimanente dovrà essere reperito autonomamente dalla start-up. Solo in caso di felice riuscita dell’inserimento dell’impresa nel mercato, i fondi dovranno poi essere restituiti all’Autorità (che non incamera dunque quote delle società, semplicemente partecipa al rischio mediante una sorta di prestito condizionato senza interessi).

Ma l’intervento statale a sostegno dell’imprenditoria ha radici lontane, fin dagli anni 60 il governo si è impegnato in tal senso; per quanto riguarda il ramo high-tech nello specifico, invece, vera e propria pietra miliare, e punto di svolta decisivo per la successiva crescita esponenziale del settore nel paese, è stato un preciso intervento del 1993, che porta il nome di “Yozma.

  1. Il programma “Yozma”

Questo programma, lanciato nel 1993, costituì la svolta fondamentale che diede decisivo slancio all’ingresso ed all’investimento nel mercato israeliano delle venture capital straniere, statunitensi in testa ma anche europee. Yozma si strutturava in un fondo da 100 milioni di dollari stanziati dal govero; il team che lo gestiva era composto da quattro persone, con una governance snella che consentisse agli stessi di lavorare con ampia autonomia. Grazie al budget predisposto furono creati dieci nuovi fondi di venture capital, ciascuno a sua volta rappresentato da tre soggetti: capitalisti di ventura israeliani in fase di formazione, una società estera di venture capital ed una società o banca d’investimento israeliana; era inoltre previsto un fondo Yozma da 20 milioni destinato ad investimenti diretti in aziende tecnologiche. Il fondo stanziava fino ad 8 milioni per un massimo del 40% dell’investimento complessivo, il resto doveva essere apportato da investitori privati; questi ultimi avevano a disposizione una call option sulle quote del fondo detenute da Yozma, valida per cinque anni ad un prezzo pari al capitale pubblico investito più un tasso di interesse ed una percentuale del carried interest generato dal fondo. Proprio questa fu la chiave di volta del programma: non era infatti sufficiente il mero apporto in termini di co-investimento per attrarre i migliori venture capitalist in Israele; vera attrattiva per questi ultimi era invece proprio la possibilità di acquisire il pacchetto sotto il controllo governativo solo ove il fondo si fosse dimostrato efficace, e per di più ad un prezzo di favore. Lo Stato, in buona sostanza, si assumeva il rischio ed offriva tutto il beneficio agli investitori: tutto questo, naturalmente, in quanto il suo scopo non era certo quello di guadagnare dall’operazione, ma piuttosto di sviluppare il settore. Se alla fine dei 5 anni l’opzione non veniva esercitata, questa decadeva e Yozma manteneva la propria quota sul 40% del valore del fondo investito.

Come affermato da Yigal Erlich, fondatore del progetto e padre dell’industria high-tech israeliana, in un’intervista rilasciata a “Nova, il Sole 24 ore” nel giugno 2010, prima del progetto erano già presenti incentivi all’innovazione e fondi pubblici a sostegno delle nuove imprese; il vero problema era piuttosto il gap manageriale ed imprenditoriale con gli altri paesi. E proprio tale gap si volle andare a colmare, impostando Yozma in modo che questo non volesse direttamente controllare la gestione dei fondi finanziati, ma principalmente attrarre e selezionare i migliori team di gestione per poter operare in Israele. Secondo lo stesso Erlich: “Molti pensano che il venture capital consista nell’erogare denaro, ma non funziona così, esistono già gli incentivi all’innovazione e fondi pubblici erogati a questo scopo. Il venture capital consiste invece nel trasferire le competenze di investitori sul mercato per consentire lo sviluppo di grandi aziende in settori molto innovativi e competitivi, per questo è così difficile da sviluppare. La differenza sta proprio in questo.”

Altra peculiarità di Yozma, rispetto alla maggior parte degli altri programmi governativi, è che questo venne chiuso una volta raggiunto il proprio scopo, nel 1997, invece di proseguire a tempo indeterminato. Con l’aiuto degli stanziamenti statali, i dieci fondi creati raccolsero oltre 200 milioni di dollari e nel giro di cinque anni furono venduti o privatizzati; oggi gestiscono un capitale di quasi tre miliardi di dollari ed alimentano centinaia di nuove imprese israeliane.

L’esperienza di Yozma è stata inoltre presa a modello da altri paesi in giro per il mondo, come ad esempio Irlanda e Russia, ulteriore conferma della validità della manovra stessa.

  • DAN SENOR, SAUL SINGER: Start-up nation: The story of Israel’s Economic Miracle, Twelve, 2009.
  • NOVA, IL SOLE 24 ORE: Le ragioni del successo di Yozma dalla voce del fondatore, Yigal Erlich, 2010.

  1. I rapporti con l’Italia.

Abbiamo visto, nelle sezioni precedenti, come lo Stato israeliano sia impegnato nella ricerca di investitori, capitali ed expertise provenienti da altri paesi; a questa tendenza non sfugge il nostro paese, con il quale sta nascendo, in questi anni, una fitta rete di rapporti. L’Ufficio Israeliano per il Commercio e gli Investimenti promuove il Commercio Estero all’interno del Ministero dell’Economia Israeliano, occupandosi della gestione e del coordinamento della politica commerciale internazionale dello Stato di Israele. Non solo questo gestisce un sito completamente in italiano che offre opportunità di business ad imprenditori ed investitori italiani, ma per rendere più efficace la promozione del business israeliano a livello internazionale, la Foreign Trade Administration ha favorito la creazione di più di 40 missioni economiche in tutto il mondo, con sede nei paesi che sono i principali partner commerciali di Israele. La sede italiana si trova a Milano, l’Ufficio lavora per sviluppare partenariati bilaterali strategici, identificando nuove opportunità di collaborazione nel mondo degli affari e del commercio di Italia ed Israele e promuovendo la creazione di cooperazioni strategiche fra imprese, organizzazioni e agenzie governative di entrambi i paesi, nel settore pubblico come in quello privato. Si occupa inoltre della promozione di accordi bilaterali di ricerca e sviluppo.

L’11 luglio 2016 Enel ha lanciato a Tel Aviv il suo hub per l’innovazione in Israele, prima società italiana a creare un polo di tali dimensioni nel paese.

Enel Innovation Hub si propone di mettere in atto un’opera di scouting al fine di individuare ogni anno fino a 20 start-up israeliane ad alto potenziale offrendo loro un programma di supporto dedicato: più nel dettaglio, le imprese saranno selezionate da un comitato consultivo composto da rappresentanti senior di Enel che ne valuteranno il potenziale e la conformità strategica agli obiettivi del Gruppo. Ogni impresa che lavorerà nel perimetro Enel avrà a fianco una figura di collegamento interno che faciliterà l’interazione con le global business lines e le unità di mercato del Gruppo. Inoltre le realtà selezionate potranno beneficiare di una serie di risorse come: tutoraggi forniti da senior di Enel e SOSA & The Junction, un ambiente ad alta tecnologia e confortevole dove lavorare, banchi di prova per migliorare le loro soluzioni, possibilità di eseguire progetti pilota nei paesi in cui Enel è presente e accesso ai canali di vendita del Gruppo che raggiungono ogni giorno milioni di clienti.

Le start-up che lavoreranno con Enel avranno la possibilità di ricevere ulteriori finanziamenti da parte del ministero dell’Economia israeliano che, secondo un accordo in essere con il gruppo italiano, fornirà assistenza per un importo pari al sostegno messo a disposizione da Enel.

Il Gruppo vuole essere un player attivo dell’ecosistema israeliano collaborando con le università, i fondi di capitale di rischio, le istituzioni e le altre aziende, al fine di arricchire la rete d’innovazione di Israele e di collegarla agli altri ecosistemi in cui Enel è parte.

Per concludere, mi pare interessante segnalare un contest destinato a giovani start-uppers promosso dall’Ambasciata d’Israele in Italia e dalla la Municipalità di Tel Aviv: il Tel Aviv Bootcamp. L’iniziativa punta a selezionare le migliori start-up di 23 Paesi del mondo e a riunirle in Israele, in un bootcamp di 5 giorni ospitato a Tel Aviv; ennesimo segno di un Paese sempre attento alla ricerca di nuovi talenti ed attento ad attrarre non solo capitali, ma anche e soprattutto persone ed idee nell’orbita della “Start-up Nation”.

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