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Un primato europeo: la regolamentazione del fenomeno dell’equity crowdfunding in Italia.

di ALESSIO PONTILLO

16 marzo 2017

 

  1. L’istituto.
  2. Le ragioni della regolamentazione.
  3. La regolamentazione nel nostro Paese.

 

 

  1. L’istituto.

Il termine crowdfunding, letteralmente “finanziamento della folla”, si riferisce ad un meccanismo di finanziamento che, mediante il web, promana appunto dalla folla, in luogo dei tradizionali canali istituzionali.

Il funzionamento dell’istituto risulta piuttosto semplice: chiunque abbia un’idea da realizzare, ma non sia in possesso di fondi sufficienti, può “lanciare” sul web la propria iniziativa, sarà poi “la folla”, incarnata dagli utenti che navigano in rete, a conferire del denaro, tipicamente piccole somme, per la realizzazione del progetto. Ci troviamo, dunque, di fronte a piccoli investitori non professionali, e ad un processo di “democratizzazione della finanza”, come afferma Elena Fregonara nel suo libro “La start-up innovativa”.

A favorire l’incontro fra domanda ed offerta sono nati degli specifici siti web, le c.d. piattaforme di finanziamento collettivo, ove i vari progetti vengono esposti ai potenziali investitori, i quali andranno poi a scegliere e supportare quelli che ritengono più interessanti. Le piattaforme sono classificabili in “generaliste”, che raccolgono progetti da ogni area d’interesse, e “tematiche”, specializzate in un determinato campo; il mediatore tipicamente trattiene, come remunerazione per il proprio servizio, una percentuale su ogni finanziamento erogato, ovvero sul totale finanziato.

Il crowdfunding, come fenomeno, può manifestarsi sotto varie forme, tra le quali quella regolamentata nel nostro Paese è la c.d. “equity-based”, che consiste nella remunerazione dei partecipanti all’iniziativa tramite quote partecipative nella società bersaglio.

L’istituto si è inizialmente diffuso nei paesi anglosassoni, Stati Uniti ed Australia in testa, e tipicamente non riceve una specifica regolamentazione da parte dei singoli Paesi, anche se le piattaforme di finanziamento operano generalmente seguendo modalità concordate con le Autorità di vigilanza dei vari Stati, in ottemperanza alle varie normative nazionali in tema di mercati finanziari.

Primo paese a disciplinare il fenomeno risultano gli Stati Uniti ove è stato approvato, nell’aprile del 2012, il “Jumpstart our Business Startups (JOBS)” Act, il quale ha introdotto specifiche esenzioni in materia di autorizzazioni all’esercizio di attività di intermediazione in materia di crowdfunding, al fine di facilitare l’accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese emergenti. La normativa statunitense prevede, sinteticamente, la possibilità di svolgere l’attività in questione senza necessità dell’autorizzazione richiesta invece per l’esercizio di attività di intermediazione, purché la stessa sia svolta attraverso appositi portali registrati presso la Securities and Exchange Commission (SEC). Il limite di un milione di dollari annui alla raccolta di capitali provenienti dai soggetti privati i quali, a loro volta, sono soggetti ad un limite massimo di investimento calcolato in base al proprio reddito: duemila dollari od il 5 %, se il reddito è inferiore ai 100 mila dollari annui; il 10 % se il reddito è superiore ai 100 mila dollari annui. E’ infine previsto l’obbligo, per chi svolge tale tipo di attività, di adoperarsi in una serie di azioni utili a rendere l’investitore informato sui rischi connessi all’operazione.

Tutto italiano è invece il primato europeo per quanto riguarda l’approntamento una legislazione in materia, la quale ha visto la luce il 18 ottobre nel 2012, grazie al “Decreto Crescita 2.0”.

 

 

  1. Le ragioni della regolamentazione.

Ma per quale ragione risultava necessaria una regolamentazione in materia? L’istituto si colloca, per sua stessa natura, su un terreno piuttosto scivoloso: troviamo infatti, da un lato, le potenzialità di uno strumento in grado di consentire a chi ha un’idea di reperire i fondi necessari a realizzarla in maniera più agevole, e soprattutto al di fuori di quei canali istituzionali del finanziamento i cui criteri per la concessione dei fondi, tanto stringenti, spesso e volentieri rappresentano se non un ostacolo quantomeno un forte rallentamento per chi deve ottenerli. D’altro canto, tuttavia, ci troviamo in un settore, quello della concessione di finanziamenti ed, a maggior ragione, nel caso dell’equity crowdfunding, dell’offerta al pubblico di strumenti finanziari, certamente non semplice, nel quale vigono ferree regole di comportamento ed in cui l’interesse dello Stato è forte nel voler assicurare ai c.d. risparmiatori tutte le possibili garanzie affinché il loro investimento possa risultare quanto più possibile sicuro e soprattutto consapevole. E’ proprio per questo che risulta tanto importante il ruolo della Consob in materia: la Commissione nazionale per le società e la Borsa, in qualità autorità indipendente predisposta alla vigilanza sui mercati finanziari in Italia, è impegnata nell’assicurare la trasparenza e la correttezza dei comportamenti degli operatori per la salvaguardia della fiducia e la competitività del sistema finanziario, la tutela degli investitori, l’osservanza delle norme in materia finanziaria, ed opera per garantire la massima efficienza delle contrattazioni, assicurando la qualità dei prezzi nonché l’efficienza e la certezza delle modalità di esecuzione dei contratti conclusi sui mercati regolamentati.

Per questo era tanto importante che fosse proprio tale Autorità a predisporre una normativa di dettaglio che potesse coniugare queste due tensioni: la necessità di tutelare i risparmiatori, da un lato, evitando un totale distacco dalle regole, e garanzie, della normativa ordinaria in materia di mercati finanziari; e, dall’altro, di assicurarsi che il nuovo istituto non finisse “soffocato” dalle necessariamente strette maglie della suddetta regolamentazione, assicurandosi che non solo i gestori c.d. “istituzionali” fossero poi materialmente in grado di svolgere l’attività di gestione delle piattaforme online per la raccolta di capitali, ma che effettivamente altri soggetti potessero andare ad iscriversi al nuovo registro appena istituito.

 

 

  1. La regolamentazione nel nostro Paese.

Il legislatore italiano è stato, come accennato in precedenza, il primo in Europa a regolamentare il fenomeno del crowdfunding, sia pur in riferimento alla sola tipologia equity-based. Tale regolamentazione nasce con l’articolo 30 del Decreto Crescita 2.0, D.L. 18 ottobre 2012 n.179, convertito in legge 17 dicembre 2012 n.221; nasce, dunque, nella sezione Decreto dedicata alla regolamentazione delle start-up innovative, e proprio a tale settore, fino al 2015, era circoscritta l’applicabilità della normativa sul crowdfunding.

La disciplina è stata delineata dall’articolo 30 con una tecnica legislativa “di rinvio”, da un lato, al D.lgs. 24 febbraio 1998 numero 58 (c.d. Testo Unico della Finanza), che viene contestualmente integrato e modificato; e dall’altro alla normativa secondaria. Riguardo quest’ultima, Il Decreto ha delegato alla Consob il compito di disciplinare alcuni specifici aspetti del fenomeno, con l’obiettivo di creare un ambiente in grado di generare fiducia negli investitori. La Consob ha adottato, con la delibera n.18592 del 26 giugno 2013, successivamente modificata dalla delibera n.19520 del 25 febbraio 2016, il “Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio tramite portali on-line”.

Cominciamo la nostra analisi proprio dal Decreto 179/2012: il fenomeno è disciplinato, come detto, all’articolo 30; ma di notevole importanza risulta anche una specifica previsione dell’articolo 26, il quale, al comma 5, dispone che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2468, comma primo, del Codice Civile, le quote di partecipazione in start-up innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata potranno costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali di cui all’articolo 30 del Decreto stesso, nei limiti previsti dalle leggi speciali. Tale previsione consente dunque, in deroga a quanto ordinariamente previsto, a società strutturate sotto la veste giuridica della S.r.l. di offrire al pubblico le proprie quote senza essere previamente costrette a trasformarsi in società per azioni.

Passiamo ora all’articolo 30: questo esordisce inserendo nel Testo Unico della Finanza la definizione di portale per la raccolta di capitali tramite piattaforme on-line: Per “portale per la raccolta di capitali per le start-up innovative” si intende una piattaforma online che abbia come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle start-up innovative, comprese le start-up a vocazione sociale.

Nello stesso Testo Unico è poi inserito un nuovo capo, dedicato alla gestione dei portali. L’attività di gestione dei portali è riservata alle imprese di investimento, alle banche autorizzate ai relativi servizi d’investimento ed ai soggetti iscritti in un apposito registro tenuto dalla Consob; gestori c.d. “di diritto”, o istituzionali, i primi due, per i terzi viene invece introdotta una specifica esenzione dall’applicazione delle regole di condotta in materia di prestazione dei servizi d’investimento e di collocamento a distanza di servizi ed attività di investimento. A fronte di tali semplificazioni operative, viene tuttavia imposto ai soggetti iscritti nel registro il divieto di detenere somme di denaro ovvero strumenti finanziari di pertinenza di terzi; nonché il dovere di trasmettere gli ordini di sottoscrizione e compravendita degli strumenti finanziari, oggetto delle offerte on-line, esclusivamente a banche ed imprese d’investimento, che si occuperanno di portare a termine la trattativa. Previsione, quest’ultima, che ha subito numerose critiche, in quanto delimita l’ambito delle esenzioni, di fatto, alla sola fase delle trattative; interverrà qui la Consob, con il suo Regolamento, inserendo due ipotesi particolari di esenzione totale: in particolare, si tratta degli ordini impartiti da investitori-persone fisiche di valore inferiore ad euro cinquecento, se considerati singolarmente, ovvero di euro mille complessivi in un anno; abbiamo poi gli ordini impartiti da investitori-persone giuridiche di valore inferiore ad euro cinquemila, per singola operazione, ovvero euro diecimila nell’arco dell’anno. L’investitore che dichiari di non aver superato tali limiti dovrà solo rispondere ad un questionario, che avrà l’obiettivo di renderlo consapevole in ordine ai rischi connessi al tipo di investimento.

La Consob esercita la vigilanza sui gestori di portali per verificare l’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 30 e della relativa disciplina di attuazione; a questo fine l’Autorità può chiedere la comunicazione di dati e di notizie e la trasmissione di atti e di documenti, fissando i relativi termini, nonché effettuare ispezioni.

Il Regolamento Consob, cui l’articolo 30 del Decreto delega la predisposizione di buona parte della normativa di dettaglio, viene adottato con Delibera n. 18592 del 26 giugno 2013, pubblicata nella G.U. del 12 luglio 2013, ed entra in vigore il 27 luglio 2013. Questo risulta suddiviso in tre parti, la prima recante le disposizioni generali, la seconda la disciplina della gestione di portali on-line e la terza la disciplina delle offerte di capitale di rischio di start-up innovative svolte tramite portali on-line, in attuazione di quanto disposto rispettivamente dagli articoli 50 quinquies e 100 ter del Testo Unico sulla Finanza.

Ad inizio 2015 il D.L. 24 gennaio n.3, c.d. “Investment Compact”, è poi andato ad incidere sulla disciplina, con l’introduzione alcune importanti novità: anche le PMI innovative, gli OICR e le altre società di capitali che investono prevalentemente in start-up innovative ed in PMI innovative potranno ora effettuare campagne di equity crowdfunding: cade, dunque, la riserva per le start-up della regolamentazione sul crowdfunding, di cui alla prima regolamentazione.

Inoltre, in via derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria, il trasferimento delle quote di start-up innovative e PMI innovative viene dematerializzato, con conseguente riduzione degli oneri connessi, in un’ottica di fluidificazione del mercato secondario.

Con la Delibera del 24 febbraio 2016 Consob ha aggiornato il Regolamento sull’equity crowdfunding assorbendo le evoluzioni sopra citate ed apportando ulteriori semplificazioni alla normativa originaria.

Mi preme evidenziare, in conclusione della panoramica sulla regolamentazione che il nostro Paese dedica al fenomeno dell’equity crowdfunding, e ad ulteriore conferma di quanto l’istituto risulti “fecondo” ed in continua evoluzione, che la Legge di Bilancio 2017, all’articolo 1 comma 70, abbia avviato il percorso di estensione dell’applicabilità dello strumento a tutte le PMI italiane.

 

 

Riferimenti bibliografici.

  • CONSOB: Delibera n.19520 del 24 febbraio 2016.
  • Decreto Legge 18 ottobre 2012 numero 179.

 

  • FREGONARA ELENA: La start-up innovativa, Giuffrè, 2013.
  • PAVAN ANTONIO: Le start-up innovative, gli incubatori certificati ed il crowdfunding, Altalex editore, 2014.
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