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La relazione sull’attività svolta dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel 2016

 

di Ginevra Rebecchini

 

22/05/2017

 

 

Lo scorso 16 maggio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha pubblicato la relazione annuale per l’anno 2016. In quest’ultima sono state esposte le criticità e le linee d’intervento seguite dall’Autorità.

La relazione si è aperta con l’esposizione della prima difficoltà cui l’Autorità e tutte le istituzioni a livello mondiale devono far fronte: il successo politico che sta riscuotendo il nazionalismo economico.

Come attestato dalla vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali del novembre 2016, le economie mondiali soffrono di un periodo di marcata insoddisfazione nei confronti dei mercati globali. Dal fallimento del vertice di Seattle del WTO nel dicembre del Novantanove, insieme all’apparizione dei primi Black Bloc, alla grande crisi scoppiata nel 2007 negli Stati Uniti, la forte recessione è stata accompagnata da numerose contestazioni contro gli attori del mercato globale. Brexit e le numerose campagne politiche condotte a favore dell’uscita dall’Unione Europea, sono ancora una volta un esempio di questa insoddisfazione.

Dopo decenni di “inarrestabile crescita”, le economie mondiali hanno subito una forte battuta d’arresto, dove l’efficacia stessa della globalizzazione è stata rimessa in questione. Di questo fenomeno è indicatore il rapporto tra esportazioni mondiali e il prodotto lordo mondiale. Mentre nel periodo 2007-2008, il 30% di quanto veniva prodotto nel mondo era successivamente scambiato, oggi questa tendenza si è invertita. Le esportazioni procedono a rilento rispetto all’andamento della produzione, facendo parlare in molti dell’entrata, delle economie nazionali, in una fase di deglobalizzazione. Ne costituisce l’ennesimo indizio, il fallimento del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership).

A fronte dei problemi derivanti da queste tendenze nazionaliste, l’AGCM insieme alle altre Autorità Antitrust Nazionali, si sono trovate a dover incrementare lo sforzo d’incentivazione dei principi concorrenziali. A tal fine l’Antitrust ha portato avanti la politica di promozione della concorrenza, sottolineando da un lato i benefici derivanti dai mercati concorrenziali, e dall’altro perseverando nell’applicazione rigorosa della normativa antitrust, senza permettere alcun allentamento nell’enforcement di quest’ultima.

 

Nella relazione annuale ha evidenziato le virtù della concorrenza, stimolo per l’innovazione, per la produttività e, di conseguenza, per la crescita economica. Mercati più concorrenziali permettono di ridurre i costi e i prezzi all’interno di questi ultimi, comportando notevoli benefici non solo per i consumatori (come lo dimostra il settore delle telecomunicazioni), ma anche, tramite la riduzione del costo degli input fondamentali, il rafforzamento della competitività delle imprese che richiedono quegli stessi input.

A tal fine Pitruzzella ha ricordato le parole dell’economista John Hicks, la concorrenza, anche quella internazionale, obbliga quei manager che altrimenti preferirebbero una “vita tranquilla” a intraprendere la via dell’innovazione.

 

L’attività dell’Autorità Antitrust dell’ultimo anno si è distinta non solo dalla teoria, ma dalla pratica, tramite l’utilizzo dei poteri a sua disposizione.

L’AGCM nel corso dell’anno ha emanato 176 delibere, adottate ai sensi degli articoli 21, 22 e 21-bis. Nel 2013 l’Autorità ha inoltre avviato un monitoraggio della propria attività di advocacy, al fine di valutare il tasso di ottemperanza ai propri pareri e alle proprie segnalazioni. Nel giugno del 2016 sono stati pubblicati i risultati di tale monitoraggio, dai quali è emerso che delle 176 delibere dell’AGCM in 96 casi si è registrato un esito positivo, essendosi le amministrazioni conformate alle osservazioni proposte. Si tratta di un tasso di successo pari al 55%, mentre le restanti quote si sono suddivise in 33% di esiti negativi, e in 12% non valutabili.

L’Autorità ha inoltre analizzato quale strumento è stato maggiormente capace di incidere sui comportamenti dei propri interlocutori, costatando che le segnalazioni rese ai sensi dell’articolo 22, hanno avuto il maggior tasso di ottemperanza, pari al 65%. Si tratta dello strumento più efficace a disposizione dell’Autorità (nell’ambito dell’advocacy), poiché spesso richiesto dalle stesse amministrazioni, e atto a intervenire su provvedimenti amministrativi o normativi non ancora adottati.

Sono dati che confermano la veste di “consulente” dell’AGCM, secondo il Presidente Pitruzzella, e che permettono la conformazione delle pubbliche amministrazioni ai principi concorrenziali.

 

Per quanto concerne l’azione diretta, nel corso dell’anno l’Autorità ha avviato sette istruttorie in materia d’intese, tre per l’accertamento di abusi di posizione dominante, infine cinque procedimenti volti a esaminare operazioni di concentrazione potenzialmente idonee a costituire o rafforzare posizioni dominanti all’interno dei mercati nazionali.

L’Autorità ha concentrato la propria attività su alcune condotte tenute nell’ambito di mercati emergenti, nei quali le distorsioni alla libera concorrenza, vengono giudicate con particolare severità. Lo sfruttamento di nuove tecnologie, nella realizzazione di beni e servizi, può, infatti, condurre a una migliore qualità o un incremento della quantità di questi ultimi, rispondendo infine alle esigenze di una parte della domanda, fino ad allora rimasta insoddisfatta. Tuttavia, all’interno di questi mercati, i comportamenti lesivi dei principi concorrenziali assumono rilievo poiché rischiano di minare, sin dall’origine, un qualsiasi confronto concorrenziale tra le imprese, diminuendo de facto i benefici per i consumatori finali.

Nella relazione annuale, il Presidente Giovanni Pitruzzella ha evidenziato la rilevanza degli aspetti regolatori al fine di “incentivare o ostacolare i processi innovativi” (Relazione annuale dell’AGCM, 2016). Si tratta di un’attività ex ante, dove ruolo fondamentale è ricoperto dal legislatore e dai regolatori, e dove l’Autorità cerca di svolgere anch’essa un ruolo d’indirizzo tramite l’attività di advocacy. Assume tuttavia particolare importanza anche l’azione ex post, condotta dall’AGCM, al fine di limitare il rischio che buone condotte e le pratiche incentivate dalla regolazione, vengano violate da comportamenti anticoncorrenziali posti in essere dalle imprese.

Ulteriore priorità nell’attività dell’AGCM è stato il contrasto ai cartelli negli appalti pubblici (c.d. big rigging), dove la gravità della violazione risiede nel danno arrecato direttamente alle amministrazioni pubbliche, e indirettamente all’intera collettività. Numerosi sono stati i casi concernenti il mercato farmaceutico, dove la costituzione di cartelli ha comportato un danno per il Servizio Sanitario Nazionale di milioni di euro.

La lotta a questo fenomeno vede nel confronto competitivo lo strumento “ideale” per contrastare le rendite di posizione, ed evitare che le risorse vadano ai cartellisti, anziché restare nella disponibilità dei bilanci pubblici. A tal fine l’Autorità si è avvalsa della collaborazione prestata dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC).

 

Le sanzioni complessivamente emanate nel periodo di riferimento hanno raggiunto i 246 milioni di euro, con un incremento di circa il 6% rispetto all’anno precedente, in sintonia con la politica sanzionatoria adottata dal Presidente Giovanni Pitruzzella, che, sin dall’inizio del suo mandato, ha visto in questo strumento un mezzo essenziale  per il rilancio della concorrenza, tramite un corretto utilizzo della deterrenza.

Un caso in particolare attesta pienamente questa politica, il procedimento I789, nell’ambito della fornitura di servizi di model management.

Il procedimento è stato avviato a seguito della richiesta da parte di uno dei partecipanti all’intesa restrittiva, di non applicazione di alcuna sanzione pecuniaria, ai sensi della comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ex articolo 15 (il leniency programme).

L’istruttoria ha fatto emergere le condotte dei cartellisti volte alla concertazione dei prezzi da proporre ai clienti, al fine di massimizzare gli introiti percepiti dalle nove società partecipanti. La cooperazione è stata inoltre facilitata dall’associazione di categoria Assem, che ha fornito alle società l’opportunità stessa di colludere.

Nell’istruttoria l’Autorità ha determinato il mercato rilevante estendendolo a tutto il territorio nazionale, accertando inoltre che le società partecipanti detenevano l’80% del mercato.

Le pratiche concertate erano consistite in accordi su:

  • L’applicazione di una commissione percentuale corrisposta dal cliente all’agenzia in aggiunta ad ogni voce di prezzo (pari al 20%):
  • Sul prezzo di base per le diverse prestazioni (tra cui sfilate, campagne pubblicitarie…);
  • Sul prezzo aggiuntivo per l’acquisizione da parte del cliente dei diritti di sfruttamento economico delle immagini delle modelle;
  • Sul prezzo aggiuntivo da applicare per le ulteriori prestazioni delle modelle che potevano essere richieste dal cliente (come le prove d’abito o le prove generali).

 

Le condotte poste in essere dalle nove società sono state in questo modo dichiarate in violazione dell’articolo 101 del TFUE, rappresentando un’intesa orizzontale segreta, avente ad oggetto il coordinamento delle rispettive politiche commerciali di prezzo. Il coordinamento dei prezzi rappresenta secondo la costante prassi dell’AGCM e della Commissione europea, e della giurisprudenza sia nazionale sia comunitaria, una delle infrazioni più gravi alla concorrenza. Gravità accentuata dalla durata dell’intesa posta in essere, condotta da maggio 2007, sino a marzo 2015.

Al termine del procedimento a otto società (all’applicant che ha denunciato il cartello è stato difatti applicata l’immunità totale dalla sanzione) è stata applicata una sanzione pecuniaria complessiva di 4,6 milioni di euro. L’interesse di questo caso non è dato dall’entità dell’ammenda, come è possibile rilevare dalla relazione annuale, nel corso del 2016, ne sono state inflitte di entità ben superiore. Il caso è invece rilevante per la percentuale di fatturato sanzionata da parte dell’Antitrust. Per tutte e otto le società si tratta del 10% del proprio fatturato globale, l’importo massimo previsto per legge. L’Autorità Antitrust non si era difatti mai spinta ad applicare una sanzione tanto incisiva rispetto al fatturato delle imprese. Questo caso ci conferma la rinnovata importanza dello strumento sanzionatorio ai fini della promozione della concorrenza, rendendo la deterrenza uno strumento essenziale per il raggiungimento di questo obiettivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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