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Al vaglio dell’Adunanza plenaria la questione della giurisdizione in tema di domanda risarcitoria da provvedimento favorevole poi annullato

Giuditta Russo

4/10/2021

Il caso in esame riguarda la domanda risarcitoria proposta da un privato per aver confidato legittimamente nella stabilità di determinati provvedimenti a lui favorevoli emanati dalla pubblica amministrazione, in seguito caducati dal giudice amministrativo. A seguito dell’annullamento giurisdizionale di alcune concessioni edilizie e delle sue successive varianti, il privato adiva il giudice amministrativo, chiedendo il risarcimento del danno ingiustamente subito a causa della condotta tenuta dall’ente locale. In primo grado, il T.a.r. accoglieva il ricorso e – per l’effetto – condannava il Comune al risarcimento del danno. Quest’ultimo appellava poi la sentenza di primo grado dinnanzi al Consiglio di Stato, contestando in primis l’assenza della giurisdizione del giudice amministrativo.  

Con l’ordinanza n. 3701/2021, il Collegio ha dato atto dell’annosa questione inerente al riparto di giurisdizione nel caso di risarcimento del danno provocato dall’annullamento (in sede di autotutela o giurisdizionale) di un provvedimento favorevole per il privato, ma illegittimo, devolvendo all’Adunanza Plenaria il compito di risolvere il contrasto giurisprudenziale. 

Sul tema in analisi è infatti insorto un contrasto di giurisprudenza sia tra i giudici ordinari che tra quelli amministrativi. Con riferimento alla giurisprudenza amministrativa, in alcune pronunce (cfr. – ex multis – Cons. St., sez. VI, n. 5011/2020) si è aderito alla traiettoria argomentativa sostenuta dalla Cassazione a Sezioni Unite, con le ordinanze nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011 e si è affermato che la domanda risarcitoria proposta nei confronti della pubblica amministrazione per i danni subiti dal privato che abbia fatto incolpevole affidamento su un provvedimento ampliativo illegittimo rientra nella giurisdizione ordinaria (anche nelle materie rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo), non trattandosi di una lesione dell’interesse legittimo pretensivo del danneggiato (interesse soddisfatto, seppur in modo illegittimo), ma di una lesione del diritto soggettivo alla sua integrità patrimoniale oppure (più recentemente) di una lesione all’affidamento incolpevole quale situazione giuridica soggettiva autonoma (così Cass. Civ., Sez. Un. n. 8326/2020), dove l’esercizio del potere amministrativo non rileva in sé, ma per l’efficacia causale del danno-evento e la norma che si assume violata non è di diritto pubblico, bensì è regola di correttezza e buona fede di diritto privato, che anche la pubblica amministrazione è tenuta a rispettare, sulla base del principio del neminem laedere. Per contro, in altre pronunce (cfr. – ex multis – Cons. St., sez. II, n. 2013/2021) si è affermata la sussistenza della giurisdizione amministrativa, sostenendo che l’azione amministrativa illegittima – composta da una sequela di atti intrinsecamente connessi – non potesse essere scissa in differenti posizioni da tutelare, essendo controverso l’agire provvedimentale nel suo complesso, del quale l’affidamento costituisce un riflesso, privo di incidenza sulla giurisdizione, tanto più nell’ambito della giurisdizione esclusiva, dove il giudice amministrativo – ex Costituzione – è competente a conoscere sia degli interessi legittimi che dei diritti soggettivi. Il criterio per l’individuazione del giudice fornito di giurisdizione sulla domanda risarcitoria da provvedimento favorevole poi annullato prescinderebbe completamente dal fatto che ad assumersi violate dall’amministrazione siano regole di diritto privato e non pubblicistiche, atteso che – come ribadito anche da Ad. Plen. n. 5/2018 – il principio di diritto secondo cui, non diversamente da quanto accade nei rapporti tra privati, anche per la pubblica amministrazione le regole di correttezza e buona fede danno luogo a responsabilità, riguarda l’affermazione di una regola che consente di ottenere dal giudice amministrativo la tutela risarcitoria in presenza dei relativi presupposti e di per sé non consente di desumere la giurisdizione del giudice civile.  

Il Collegio – nel rimettere all’esame dell’Adunanza Plenaria la questione – ritiene sussistente nella fattispecie in esame la giurisdizione del giudice amministrativo in quanto, ai sensi dell’art. 7 co 1, c.p.a., sono devolute alla sua competenza «le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi (trattasi dei casi di cd. giurisdizione esclusiva, espressamente elencati dall’art. 133 c.p.a.), concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni». Nel caso in cui infatti sia stato annullato l’atto abilitativo e dunque non sia più configurabile il diritto ad esso conseguente, l’originario richiedente torna ad essere titolare di un interesse legittimo. Il ricorrente ed il controinteressato, beneficiario in quanto tale dell’atto abilitativo impugnato, sono titolari di contrapposti interessi legittimi nel corso del procedimento, sicché – una volta che la sentenza amministrativa abbia annullato il titolo abilitativo – il controinteressato non risulta più titolare del diritto che era sorto con l’atto ormai annullato e va quindi qualificato come titolare di una posizione soggettiva contrapposta e speculare a quella del ricorrente vittorioso, in un quadro nel quale tra di loro e nei confronti dell’Amministrazione non vi sono diritti soggettivi da fare valere. Qualora egli nel giudizio di legittimità intenda formulare una domanda risarcitoria nei confronti dell’Amministrazione, la relativa causa petendi riguarda proprio il come è stato in precedenza esercitato il potere amministrativo e si deve verificare se il vizio dell’atto – oltre ad aver comportato il suo annullamento – abbia conseguenze sul piano risarcitorio.

Per un principio di simmetria, dunque, la lesione arrecata all’interesse legittimo è configurabile sia quando l’istanza non sia accolta e vi sia un diniego poi annullato su ricorso del richiedente, sia quando l’istanza sia accolta e il titolo abilitativo sia annullato su ricorso di chi vi abbia interesse. In entrambi i casi, non sono ravvisabili (ab origine o a seguito dell’atto o della sentenza di annullamento) diritti soggettivi. 

L’orientamento favorevole alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria si basa invece sul presupposto per cui vi sarebbe l’interesse legittimo soltanto a fronte della illegittima negazione di un bene della vita e non dinanzi all’illegittimo ‒ e, pertanto, necessariamente instabile ‒ riconoscimento di siffatto bene. Quest’impostazione, tuttavia, non appare in sintonia con il generale criterio di riparto sancito dalla Costituzione all’art. 103 che non condiziona la natura delle situazioni soggettive (diritto soggettivo/interesse legittimo), rilevante per la concreta applicazione del criterio, al carattere satisfattivo o non satisfattivo del provvedimento amministrativo.

In conclusione, il Collegio sottolinea le criticità che deriverebbero dall’aderire alla tesi favorevole alla giurisdizione del giudice civile. Accogliendo tale orientamento risulterebbe infatti sottratta al giudice amministrativo la cognizione di controversie di indubbia natura pubblicistica con l’inconveniente che una diversa autorità giudiziaria dovrebbe valutare il decisum della sentenza di annullamento emessa dal giudice amministrativo se non altro al fine di verificare – nel giudizio risarcitorio – se in concreto sussistano gli elementi costitutivi di un illecito, in specie se vi sia una rimproverabilità eccedente la mera illegittimità dell’atto in capo all’amministrazione. Inoltre, malgrado indubbiamente sussista la giurisdizione amministrativa per il caso in cui chi abbia impugnato un permesso proponga anche la domanda risarcitoria dopo il suo annullamento, proprio a seguito dell’annullamento del permesso il suo originario beneficiario potrebbe proporre una domanda risarcitoria dinnanzi al giudice civile, nonostante la sostanziale identicità della vicenda (caratterizzata dall’emanazione del provvedimento autoritativo all’esito del relativo procedimento e dal suo annullamento da parte del giudice amministrativo), e non potrebbe invece proporre ricorso incidentale nel giudizio incardinato dalla sua controparte, nonostante il codice di rito non preveda tale forma di limitazione relativamente alle modalità di impugnazione.

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