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I bitcoin e la prevenzione al riciclaggio. prospettive, rischi e opportunità nell’era delle criptovalute

di Andrea Renzi

 

7 Aprile, 2017

 

  1. Le criptovalute, cosa sono? – 2. Gli Interventi preventivi in corso – 3. Il futuro regolamentare delle criptovalute, quali prospettive?

I recenti sviluppi tecnologi e la globalizzazione pongono costanti sfide al diritto, in ogni sua branca e settore. Se tale dinamica può dotare di nuove possibilità la popolazione e la pubblica amministrazione nella gestione e fruizione di servizi, egualmente queste vengono fornite alla criminalità, più o meno organizzata, e a tutti coloro che cerchino strumenti per eludere o violare la legge. Una delle principali criticità che la circolazione di denaro e l’estensione mondiale delle transazioni pongono è il così detto “riciclaggio di denaro sporco” (money laundering), cioè quel procedimento per cui il denaro proveniente da illecito viene reinserito nel processo economico, occultandone l’origine delittuosa e non rendendone possibile il ricollegamento con la fattispecie penale.
Una di queste nuove frontiere tecnologiche ritenute in grado di facilitare il fenomeno è quella delle cd. criptovalute, tra cui la prima e più famosa Bitcoin,  tanto da aver richiesto una particolare attenzione da parte delle principali Autorità finanziarie internazionali ed europee (1), le quali hanno denunciato la pericolosità del fenomeno e la necessità di interventi regolatori, di verifica e di controllo da parte delle amministrazioni pubbliche (2). Ma prima di tutto, cosa sono le criptovalute?

  1. Le criptovalute, cosa sono?

Le criptovalute o, come meno tecnicamente definite,  “valute virtuali”, altro non sono che rappresentazioni di valore virtuali, utilizzate e utilizzabili come mezzo di scambio per l’acquisto di beni o servizi. Queste sono concettualmente assimilabili al denaro, ma non sono emesse da alcuna Banca Centrale, né hanno corso legale in alcuno stato. Questo “istituto” nasce nel 2009 da un invenzione dell’anonimo “Satoshi Nakamoto” (3), con il Bitcoin, ipotizzato come rete di pagamento digitale autonoma, basata sulla condivisione di un “registro unico” (Blockchain) di transazioni a cui segue la produzione di nuovi bitcoin (mining).
Senza addentrarsi eccessivamente sul funzionamento informatico di questo strumento, i bitcoin (o le altre monete) sono acquistabili mediante numerose piattaforme online, oltreché da degli exchangers fisici (4) i quali trasferiscono (5) monete virtuali contro del denaro, passaggio che può avvenire con qualsiasi strumento, tracciabile o non, elettronico o non. Oltre ad attività di trading, basato proprio sul cambio con monete reali, le criptovalute si prestano proprio all’acquisto di beni e servizi; sono infatti sempre più i venditori\fornitori online che accettano questo tipo di pagamento. In base a questo protocollo, alla transazione non segue il trasferimento del “denaro” ma è il trasferimento ad essere direttamente la transazione. Il passaggio monetario viene effettuato, utilizzando un sistema di criptazione chiave pubblica\chiave privata, mediante la trasmissione dell’indirizzo del proprio “wallet”. Nonostante sia possibile la creazione autonoma di una private key, numerosi sono i servizi che forniscono delle interfacce user friendly, senza visualizzazione della chiave e permettendo l’utilizzo del protocollo anche ad individui non a conoscenza del funzionamento intrinseco del sistema.
Un’altra peculiarità in grado di aumentare la criticità di questo sistema è quello della possibilità di “mixare” delle transazioni, cioè della possibilità di effettuare un’unica transazione, attingendo a denaro presente da più Wallet. Con tale modalità di trasferimento è inoltre impossibile determinare fisicamente quali bitcoin derivino da un indirizzo\wallet e quali da un altro, verificandosi un vero e proprio miscelamento del quantitativo monetario.

 

Ogni transazione viene poi inserita nel registro pubblico blockchain, il quale, seppur accessibile a tutti, permette una certa “oscurità” in quanto indicante solamente l’indirizzo del Wallet, senza alcun riferimento al titolare di questo, il quale può non essere registrato da alcuna parte (6).
I rischi intriseci a questo sistema si pongono nella possibilità di cambiare denaro contro bitcoin senza alcun riconoscimento o registrazione personale, inoltre tale attività non richiede alcuna autorizzazione e controllo, rendendola possibile a chiunque voglia. La dematerializzazione della moneta permette il trasferimento in qualsiasi parte del globo, compresi paradisi fiscali e luoghi off-shore, oltre alla possibilità di creare facilmente concatenazioni “speudonime” di trasferimenti in grado di occultare definitivamente la provenienza originale del denaro.

  1. Gli interventi preventivi in corso

Ma, senza intervenire in via di demonizzazione e divieto del protocollo in sé (7), come sta intervenendo l’amministrazione nella prevenzione all’utilizzo criminoso di tale strumento? Date infatti le estreme difficoltà di indagine, preferibile risulta l’intervento in via precedente, volto ad impedire il compimento di fatti di riciclaggio (8). E’ la stessa Unità di Informazione Finanziaria (UIF) a far emergere le principali criticità della normativa attuale, infatti data la relativa novità e la scarsa conoscenza del protocollo, attualmente i “prestatori di attività funzionali all’utilizzo, allo scambio e alla conservazione di valute virtuali e alla loro conversione da/in valute aventi corso legale” (9) non sono sottoposti alla normativa antiriciclaggio prevista dal d.Lgs. 231/2007 adottato in attuazione della direttiva 2005/60/CE, rendendo questo protocollo vantaggioso per l’utilizzo di pulizia del denaro. Non è previsto quindi alcun obbligo, per questi soggetti, di verifica della clientela, della registrazione dei dati e della segnalazione di eventuali operazioni sospette, questo con particolare riguardo al momento di utilizzo del denaro contante, principale provente materiale delle attività illecite.
I primi interventi in merito sono riconducibili all’Unione Europea, la quale nel febbraio 2017 ha presentato la prima bozza della 5° Direttiva UE Antiriciclaggio (5AMLD). In questo atto si prevede un’estensione dell’ambito di applicazione alle “piattaforme di scambio di valute virtuali” e ai “prestatori di servizi di portafoglio digitale”. Queste entità dovranno applicare gli obblighi di adeguata verifica della clientela al cambio di valute virtuali in valute reali, ponendo fine all’anonimato associato a questi scambi. Vengono anche estesi gli obblighi di autorizzazione per l’attività, non solo per gli exchanger ma anche per la fornitura dei wallet(10). Viene richiesto, inoltre, l’aumento di potere delle Unità di Informazione Finanziaria, proprio al fine di poter controllare meglio tali fenomeni.
Il legislatore nazionale, nel frattempo, in sede di recepimento della IV direttiva AMLD, ha espresso la volontà di anticipare tale estensione; per questo è stata indetta nel dicembre 2016 una consultazione sullo schema di modifica del d.lgs. 231/2007, volto proprio all’estensione della normativa all’ambito delle criptovalute. Nonostante la sensazione di interesse e di volontà di intervento, però, attualmente mancano dei veri e vincolanti atti legislativi o regolamentari in senso stretto per limitare tali rischi. Nota di merito va invece attribuita all’UIF stessa, la quale, nei limiti dei poteri di cui dispone, segnala e richiede agli intermediari finanziari, specie quando prestano servizi di pagamento, e quindi sottoposti alla disciplina antiriciclaggio, di valutare specificamente ed eventualmente segnalare qualsiasi attività di movimentazione economica e di acquisto o vendita compiuta anche in criptovaluta (11).
Questo approccio europeo riprende quanto fatto fin dal 2013 negli Stati Uniti d’America, dove il Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN) ha emanato la prima guida interpretativa, FIN-2013-G001, dove si prevedeva proprio questa tipologia di estensione.

  1. Il futuro regolamentare delle criptovalute, quali prospettive?

Il protocollo pone comunque continue criticità, infatti anche estendendo l’attuale disciplina antiriciclaggio, è la stessa Commissione Europea a riconoscere come questo non risolverà totalmente la questione dell’anonimato collegato alle operazioni in valuta virtuale, dato che non tutti gli utenti si affidano a strumenti centralizzati, potendosi operare qualsiasi transizione con chiavi private al di fuori di tali piattaforme(12); lo scopo, quindi, è quello di rendere sempre più complessa l’attività illecita, in modo da permettere lo sviluppo tecnologico senza un conseguente aumento criminoso.
Contemporaneamente, però, il sistema criptovalute si pone anche come un’importante area di sviluppo tecnologico, in grado di abbattere i costi di transazione, una spinta per l’innovazione finanziaria ma, soprattuto, uno strumento di inclusione delle fasce di popolazione attualmente escluse dai tradizionali servizi finanziari. Per questi motivi sarebbe auspicabile un rapido inquadramento normativo e regolamentare delle criptovalute, in modo tale, da un lato di non permettere ai sistemi di prevenzione delle fattispecie illecite di rimanere indietro rispetto allo sviluppo tecnologico e dall’altro di non ostracizzare e, sostanzialmente, bloccare un sistema prolifico e non negativo di per sé (12).
Per permettere questo, però, sarà necessario un approccio pragmatico, in grado di affrontare l’argomento anche con rilevati conoscenze tecniche, al fine di comprenderne correttamente il funzionamento, i limiti e le prospettive   di sviluppo. A tal fine sarebbe auspicabile la creazione di un apposito ente, o di una sezione specifica di enti già esistenti, volta proprio allo studio del fenomeno e allo studio del possibile inquadramento regolamentare. Questo al fine di impedire che nel perseguimento di importanti interessi, quali quello del contrasto alla criminalità, si crei un gap tecnologico con altre nazioni maggiormente lungimiranti (13).

Note

(1) Quali il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (Financial Action Task Force, FATF), l’Autorità Bancaria Europea (European Banking Authority, EBA) e la Banca Centrale Europea (European Central Bank, ECB).

(2) EBA Opinion on ‘virtual currencies’ del 4 luglio 2014, cit., FATF Report, Virtual Currencies, cit., ECB – Virtual Currency Schemes, cit.; in particolare, il documento FATF descrive alcuni fatti criminali commessi sfruttando le valute virtuali, ad esempio, negli Stati Uniti, anche nell’ambito del cosiddetto “deep web” (es. Silk Road e Liberty Reserve). Come indicato anche dall’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) , Utilizzo anomalo di valute virtuali, disponibile sul sito della Banca d’Italia 30 gennaio 2015.

(3) Pseudonimo non ancora riconducile ad un individuo o ad un gruppo di individui specifici.

(4) Strumento poco diffuso in Italia ma presente in numerose altre parti del mondo, anche in Europa.

(5) Trasferiscono, non emettono. L’attività di creazione della moneta può essere effettuata solo tramite il cd. mining.

(6) Ulteriori informazioni ed indicazioni maggiormente tecniche reperibili sul sito https://bitcoin.org/it/come-funziona o sul documento originale, S.NAKAMOTO, Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, 2009.

(7) Ipotesi questa che oltreché svantaggiosa economicamente risulterebbe difficilmente attuabile tecnicamente.

(8) Egualmente critiche sono alcune evidenze in merito ai rischi finanziari in senso stretto, oltreché di fuga di capitali all’estero, che il protocollo pone, non trattati però in questo elaborato.

(9) Exchangers, fornitori di Wallet e interfacce di gestione, ecc.

(10) Come indicato in COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT AND THE COUNCIL on an Action Plan for strengthening the fight against terrorist financing.

(11)Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) , Utilizzo anomalo di valute virtuali, op cit, p. 2.

(12)G. ARANGÜENA, Bitcoin: una sfida per policymakers e regolatori, Diritto Mercato Tecnologia, disponibile all’indirizzo https://www.dimt.it/index.php/it/mercatoconcorrenzaregolazione/12106-54bitcoin-una-sfida-per-policymakers-e-regolatori

(13) Esempio storico di un fenomeno simile può essere quello del LOCOMOTIVE ACT del 1865, il quale imponendo pesantissimi oneri ai possessori e utilizzatori di automobile, ne abbatté sostanzialmente il mercato, provocando un grave ritardo dell’industria automobilistica britannica, rispetto ad esempio a quella statunitense. S.CAPACCIOLI, Riciclaggio e antiriciclaggio nell’era dei bitcoin, 2015, Roma disponibile su http://www.bitcoinforensics.it/2015/04/riciclaggio-antiriciclaggio-bitcoin/

 

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