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I fascicoli sanitari elettronici: un progetto di infrastruttura nazionale per la loro interoperabilità

di ELISA ROSSO

2/11/2017

Fascicoli sanitari elettronici, Tessere sanitarie digitali, ricette dematerializzate. questi sono solo alcuni dei nuovi strumenti di cui si avvale la telemedicina nel tentativo di costruire un sistema che sia paziente-centrico. Tuttavia, come è noto, l’efficacia di uno strumento viaggia di pari passo con la sua diffusione: maggiore sarà la presenza del fascicolo sanitario elettronico, maggiore sarà la sua efficacia. Una efficacia, si preoccupa si sottolineare l’Agenzia per l’Italia digitale, che in ogni caso necessita di una diffusione capillare ed uniforme in tutto il Paese affinché non vi siano disparità di trattamento tra le diverse Regioni.

E, d’altronde, sono gli stessi principi costituzionali consacrati nell’art. 97 della Costituzione a richiedere un’applicazione pari ed uguale: efficienza, imparzialità e buon andamento della “cosa pubblica” devono essere garantiti sull’intero territorio nazionale, costruendo un sistema che sia il più possibile statale, e non regionale. Questo è il presupposto alla base della Circolare AgId 4/2017, pubblicata in Gazzetta ufficiale il 10 ottobre scorso.

Questo documento fa riferimento alle recenti modifiche che la Legge di Bilancio 2017 ha apportato all’art. 12 del decreto n. 179/2012, il cui nuovo comma 15-ter prevede la progettazione da parte dell’AgId, in accordo con il Ministero della salute, il MEF e le Regioni, di una infrastruttura nazionale necessaria a garantire:

  • l’interoperabilità del Fascicoli Sanitari Elettronici (FSE) regionali, partendo dall’identificazione dell’assistito attraverso l’allineamento con l’Anagrafe Nazionale degli Assistititi (ANA);

  • l’interconnessione dei soggetti previsti per la trasmissione telematica dei dati, per le Regioni che ne faranno richiesta entro il 31 marzo 2017;

  • la gestione delle codifiche nazionali e regionali stabilite e rese disponibili dalle Amministrazioni e dagli Enti che le detengono.

Secondo la circolare AgId, “precondizione necessaria per la corretta realizzazione dei processi di interoperabilità è la verifica dei dati anagrafici dell’assistito che deve ricevere una prestazione sanitaria da parte di un dominio regionale”.1

A tal fine, ciò che si richiede alle Regioni è un duplice sforzo: da un lato continuare a mantenere a disposizione il proprio portale regionale, identificando il paziente come proprio assistito, dall’altro, ciascuna regione dovrà iniziare i propri processi invocando sempre l’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità, preoccupandosi di raccogliere in un proprio registro tutti i metadati associati ai documenti sanitari dei propri assistiti e trasmettendo le manifestazioni dei consensi degli assistiti acquisiti dalla Regione medesima all’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità. Un processo necessario al fine di estendere sull’intero territorio nazionale la possibilità per l’assistito di esprimere i propri consensi, nonché di semplificare i processi di interoperabilità tra i vari sistemi regionali di FSE.

Al momento, infatti, non esiste un unico standard a livello nazionale in materia di sistemi che alimentano il FSE: ogni Regione e, talvolta, addirittura ogni singola azienda all’interno di una stessa Regione, provvede a produrre i documenti in formato elettronico in diverse modalità che, pur essendo tutte legalmente valide, sono di fato tutte differenti tra di loro. Questo sistema ha comportato che lo stesso produttore realizzasse differenti versioni per uno stesso software per la produzione di documenti sanitari digitali. Pertanto, la Legge di bilancio ha posto la necessità di procedere in maniera uniforme all’adeguamento di tutti i sistemi alimentanti il FSE, alcuni dei quali già attivi.

L’INI ha il delicato compito di risolvere tale situazione, mettendo a disposizione un servizio attraverso il quale i sistemi regionali comunicano i consensi (all’alimentazione, alla consultazione o al pregresso) forniti dagli assistiti in relazione al proprio FSE all’Infrastruttura nazionale per l’interoperabilità, che li memorizzerà ed archivierà, potendo verificarli in qualunque istante.

Da un punto di vista procedurale, tutti i processi, sia relativi all’ assistito presso la Regione di Appartenenza (RDA), sia che siano fuori dalla stessa, nascono dall’iniziativa della Regione richiedente, che inoltra un messaggio di richiesta del servizio applicativo da erogarsi (ad es. per una ricerca o comunicazione di metadati) all’ INI, la quale deve svolgere i seguenti compiti:

  • validare il codice fiscale dell’assistito;

  • individuare la RDA di quest’ultimo;

  • verificare se l’assistito ha fornito i consensi;

  • inoltrare la richiesta alla Regione di pertinenza per la continuazione dei processi informatici.

In tal modo, i documenti prodotti sono sempre visualizzabili, anche nell’ipotesi in cui il cittadino non si trovi nella propria Regione di assistenza o qualora abbia cambiato residenza, decidendo di aprire il FSE in un’altra regione e mantenendo la possibilità di vedere i documenti presenti nel fascicolo precedente.

Dunque, ciascuna regione e provincia autonoma deve dotarsi di un proprio sistema regionale di FSE oppure, in alternativa, avvalersi delle funzionalità offerte in sussidiarietà dall’INI. In entrambi i casi, l’interoperabilità tra i sistemi regionali è garantita mediante l’interazione con l’Infrastruttura nazionale per l’Interoperabilità nei modi sopra descritti. Riordinare e adeguare uniformemente tutti i sistemi alimentanti il FSE sarà il delicato lavoro che da ora spetta a regioni, province autonome ed aziende sanitarie.

Il reale problema che si pone, a questo punto, è che tanto nel Codice Appalti quanto nelle relative Linee Guida, le pubbliche amministrazioni locali sono chiamate ad acquistare beni e servizi a costi standard o tariffe di riferimento. In ambito sanitario, si potrebbe allora ipotizzare una soluzione che permetta a tutte le aziende sanitarie di acquistare le nuove infrastrutture tecnologiche abilitanti il FSE a prezzi uniformi in tutto il territorio nazionale, nell’ottica dei principi di ottimizzazione e razionalizzazione della spesa informatica.

Certamente, saranno le specificità di ogni singola realtà aziendale a determinare buona parte del quantum economico che la stessa dovrà e potrà sostenere, in un mercato che può offrire gli applicativi a prezzi molto diversificati. Proprio per l’indubbia eterogeneità dei livelli di prezzo delle piattaforme, sarebbe quindi di grande utilità se le amministrazioni centrali operassero una sorta di validazione o di “certificazione” tecnica dei software, secondo logiche di garanzia e soddisfacimento delle specifiche tecniche del FSE, in modo che la variabile economica possa essere valutata dagli enti preposti all’acquisto su un presupposto di indubbia validità tecnica dell’infrastruttura e del suo sistema di servizio.

1Circolare Agid 4/2017, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 237, 10 ottobre 2017.

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