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IL DIES A QUO PER L’IMPUGNAZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI AGGIUDICAZIONE

26 aprile 2020

LUCREZIA VITULLO

Il 2 aprile 2020, con l’ordinanza n. 2215, la sez. V del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria l’individuazione del dies a quo per la decorrenza dei termini di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione.  

I dubbi sollevati da tale questione pregiudicano la stabilità giuridica dei rapporti che sorgono dal provvedimento di aggiudicazione.  A ben vedere, il principio della certezza del diritto ha valore strategico nei settori economici, ove la creazione di un clima di fiducia è necessaria affinché gli investimenti siano ottimizzati. Segnatamente, le istituzioni comunitarie dimostrano di esserne consapevoli nella direttiva n. 23 del 2014, ove viene espressamente chiarito che: “l’incertezza giuridica, ostacola la libera forni­tura di servizi e provoca distorsioni nel funzionamento del mercato interno.” In particolare, è doveroso evidenziare che la certezza e la stabilità dei rapporti giuridici sono necessarie sia al fine di garantire la speditezza e l’efficacia dell’azione pubblica, sia per incentivare il privato ad interloquire con la P.A., assicurandogli l’effettività e la pienezza della tutela giurisdizionale.

Da tali premesse si coglie l’esigenza di fornire delle coordinate ermeneutiche univoche al tema oggetto di analisi, a fronte di un sistema normativo che è difficilmente riconducibile ad unità e di orientamenti giurisprudenziali oscillanti, che si sono assestati su diverse soluzioni esegetiche.

Il primo orientamento giurisprudenziale afferma, sulla base della formulazione letterale dell’articolo 120 comma 5 c.p.a., che il termine di trenta giorni previsto dalla norma decorra sempre dalla comunicazione completa ed esaustiva del provvedimento in merito all’aggiudicazione. Nel caso inverso, affinché possano essere apprezzate le ragioni su cui si fonda la preferenza amministrativa e per poter sollevare eventuali vizi della procedura, si deve valorizzare la necessità dell’interessato di conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario e, in generale, gli atti della procedura di gara.

Pertanto, deve essere garantito al partecipante che il diritto di accesso, teso ad acquisire tutti i dati rilevanti ai fini dell’impugnazione, non comporti l’infruttuoso decorso dei termini prescritti dalla legge per proporre il ricorso. Per tal ragione, in base a questo orientamento, il termine di decadenza slitterebbe di ulteriori quindici giorni, ai sensi dell’articolo 76 del d.lgs. n. 50 del 2016 (in passato dieci giorni ai sensi dell’art 79 del vecchio codice dei contratti pubblici). In questa seconda ipotesi dunque, il ricorrente avrà a disposizione, a partire dalla data in cui è comunicato il provvedimento incompleto o poco esaustivo, quarantacinque giorni entro cui proporre il ricorso.  

Qualora  la P.A. avesse opposto un illegittimo rifiuto all’istanza di accesso, ovvero avesse assunto atteggiamenti dilatori; a favore del privato il potere di impugnativa non si consumerebbe proprio. In questa ipotesi dunque, il termine per l’impugnazione non inizierebbe neppure a decorrere.

Il secondo orientamento si assesta su una rigorosa lettura dell’articolo 120 co. 5 del c.p.a., alla luce della quale il termine di decadenza è sempre di trenta giorni e decorre dalla ricezione della comunicazione da parte della stazione appaltante, oppure, in via residuale, dalla conoscenza dell’aggiudicazione in qualunque modo acquisita dall’interessato.

I vizi conosciuti in un momento successivo alla comunicazione possono essere sollevati attraverso la proponibilità dei motivi aggiunti, come previsto espressamente dall’arti 120. Tale dato normativo, invece, rimanda all’articolo 79 del d.lgs. n. 163 del 2006 (ex codice dei contratti pubblici), per la definizione delle forme attraverso cui la comunicazione deve esplicarsi e che contribuiscono a realizzare i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, poiché ne esplicano alcuni fondamentali corollari quali la trasparenza, l’economicità e l’efficienza.

Più in particolare essi concorrono a conferire stabilità al provvedimento di aggiudicazione, garantendo allo stesso tempo il diritto di difesa del soggetto interessato a denunciare fenomeni patologici inerenti alla procedura. Infatti, le comunicazioni effettuate al domicilio o all’indirizzo di posta elettronica indicato negli atti di gara incrementano il coefficiente di probabilità che l’atto sia stato ricevuto personalmente, rendendo presumibile l’avvenuta conoscenza da parte del destinatario degli stessi e del loro contenuto. 

A differenza della prima teoria analizzata, quest’ultima non ammette alcun differimento nel tempo del termine di trenta giorni sancito dall’art. 120 c.p.a. Le informazioni acquisite successivamente allo spirare di tale scadenza sono attratte dalla fattispecie dei motivi aggiunti. 

Entrambi gli orientamenti, tuttavia, si uniformano in quanto, nel fornire un’interpretazione letterale alla norma, pervengono alla conclusione per cui di regola i termini decorrerebbero dalla data in cui è ricevuta la comunicazione e solo residualmente dal momento in cui si è venuti a conoscenza “aliunde” del provvedimento. La conseguenza dell’accoglimento di tale assunto non è di poco conto: qualora il provvedimento sia (come di norma avviene) prima pubblicato e successivamente comunicato, i termini decorrerebbero da questo secondo momento. Non avrebbe alcun rilievo il fatto che l’interessato, quando gli pervenga la comunicazione dell’atto, abbia già avuto notizia dello stesso. 

In materia è doveroso ricordare che è intervenuta la giurisprudenza comunitaria.

 La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con l’ordinanza 14 febbraio 2019, sez. IV (causa C 54 – 18) in tema di compatibilità con i principi eurounitari del rito super accelerato ex art. 120, comma 2 bis c.p.a., ha sottolineato che gli Stati membri sono liberi di scegliere le procedure più idonee ad assicurare il giusto processo, ma debbono garantire che i termini, per quanto brevi siano, decorrano dalla data in cui il ricorrente abbia avuto o in cui avrebbe dovuto avere conoscenza della violazione sollevata. A tal fine, viene valorizzato anche il ruolo dell’autorità giudiziaria, che deve valutare in concreto la possibilità per il ricorrente di aver conoscenza dei motivi di illegittimità del provvedimento.

Il terzo orientamento, adottato dalla sezione rimettente, si fonda sulla lettura del combinato disposto degli articoli attualmente vigenti in materia: l’articolo 120 comma 5 c.p.a., 29 e 76 del d.lgs. n. 50 del 2016.

L’articolo 29 del Codice dei contratti pubblici impone l’obbligo generalizzato di pubblicazione di tutti gli atti delle procedure di affidamento e anche dei relativi verbali. 

La sezione remittente sostiene la tesi per cui l’articolo 120 comma 5, interpreto in chiave sistematica, prevede il decorso del termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione, dalla data in cui è avvenuta la comunicazione individuale (ex art. 76 del D.lgs. n. 50 del 2016) ovvero dalla conoscenza in ogni modo acquisita del provvedimento. Alla luce di tale orientamento, l’individuazione del dies a quo dal quale decorrono i termini per l’impugnazione del provvedimento è riconducibile a due momenti rilevanti: la comunicazione dell’atto e la conoscenza, in ogni modo acquisita, circa l’emanazione dell’atto stesso. La peculiarità di tale impostazione è insita nella concezione per cui si tratterebbe di due modalità di conoscenza equipollenti tra di loro.

L’impostazione accolta dalla V sez. del Consiglio di Stato, dunque, conferisce valore decisivo alla conoscibilità dell’atto. A ben vedere, non sarebbe determinante la comunicazione individuale, poiché già dal momento della pubblicazione in capo alla parte sorge la responsabilità di agire per tutelare la propria situazione giuridica, non essendo giustificabili eventuali inerzie. 

Nel rimettere la questione all’Adunanza Plenaria, la Sezione V ribadisce che l’orientamento sostenuto è volto a garantire la stabilità dell’aggiudicazione, assicurando il principio di effettività della tutela giurisdizionale, per come esso è interpretato dalla giurisprudenza eurounitaria. 

D’altronde, l’interesse a scongiurare gli effetti dannosi dell’incertezza giuridica ha ispirato il legislatore stesso nel sancire l’abrogazione (con il c.d. decreto sblocca-cantieri) della disciplina contenuta nel comma 2 bis dello stesso articolo 120 del c.p.a, nonostante ne fosse stata dichiarata la legittimità dalla giurisprudenza interna e comunitaria.  

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