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Il diritto di accesso in ambito tributario

di FABIO PALERMINI

30/10/2017

Il tema del diritto di accesso in ambito tributario è di stretta attualità, sebbene la sua previsione sia ormai positivamente condivisa in dottrina e giurisprudenza, seppur a seguito di importanti discussioni. Ebbene la sua attualità è legata principalmente al ruolo attivo dell’Amministrazione Finanziaria, che solo negli ultimi tempi sta dando attuazione a questo fondamentale strumento di tutela, sia perché è solo negli ultimi anni che il contribuente ha avuto piena consapevolezza degli strumenti difensivi a sua disposizione, sia (e soprattutto) per il cambiamento di visione dei rapporti contribuente-fisco, sempre più incentrati alla collaborazione e alla trasparenza, obiettivi primari della nuova vision dell’Agenzia delle Entrate.

L’imposizione tributaria rappresenta il potere autoritativo dell’Amministrazione Finanziaria di statuire in materia fiscale attraverso provvedimenti. Il potere impositivo è di tipo vincolato, stante il principio di legalità individuato dall’art. 23 Cost.

Alla luce di ciò, l’imposizione tributaria rientra nell’attività amministrativa in senso tecnico, con la conseguenza della diretta applicabilità della legge generale sul procedimento amministrativo (la Legge 7 agosto 1990, n. 241).

Orbene, all’interno della norma generale risultano fondamentali i principi della partecipazione e del diritto di accesso. Ed il problema che si pone è se tali principi valgano o meno per quanto riguarda quel particolare procedimento amministrativo che è il procedimento tributario.

Prima facie la risposta sembrerebbe negativa. Infatti, l’art. 13 della L. 241/1990 dispone che le norme che disciplinano gli istituti partecipativi non si applicano ai procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme in materia.

In tema di accesso, invece, la norma generale sul procedimento amministrativo, nella versione originaria, non prevedeva alcuna limitazione alla sua applicazioni anche in ambito tributario. Tuttavia, ampio dibattito era sorto in dottrina ed in giurisprudenza, poi risolto dal legislatore che, con la Legge 11 febbraio 2005, n. 15, ha dettato una disciplina più organica e completa in materia di accesso ai documenti, novellando l’art. 22 e ss. della L. 241/1990. L’art. 24 ha dettagliato e specificato in maniera più esaustiva la materia dei limiti al diritto di accesso, tra i quali quello relativo ai procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano.

Nonostante tali previsioni normative, la dottrina maggioritaria sostiene che, in realtà, la partecipazione e l’accesso sono compatibili con il procedimento tributario, sebbene operino secondo modelli diversi da quelli previsti dalla legge 241/90 e precisamente operino secondo gli schemi dello Statuto del contribuente.

Valutando le garanzie informative offerte al contribuente dalla Legge 27 luglio 2000 n. 212, va rilevato che lo Statuto del contribuente non contiene un’esplicita previsione del diritto del contribuente di richiedere all’amministrazione finanziaria gli atti in suo possesso, ma affida all’amministrazione stessa il compito di fornire al privato gli atti ai quali lo stesso è interessato, sanzionando in certi casi con la nullità o l’illegittimità l’operato dell’amministrazione non rispettosa dei diritti di informazione.

Pertanto, nello statuto del contribuente il privato si trova in una posizione passiva, nel senso che è l’amministrazione che, se vuole procedere in modo legittimo, deve comunicare al privato gli atti necessari, e, in mancanza, il privato potrà impugnare l’atto dell’amministrazione per nullità o illegittimità.

Il contribuente, pertanto, si troverebbe in una posizione più vantaggiosa rispetto agli altri destinatari dei normali atti amministrativi, i quali, a norma della L. 241/1990, si trovano in una posizione attiva, nel senso che se vogliono far valere i propri diritti di informazione devono farli valere attivando le procedure previste in tema di diritto di accesso.

Tuttavia, tale posizione di vantaggio è controbilanciata dalla presenza di due importanti svantaggi. In primo luogo, la limitazione del diritto di accesso agli atti di stretta pertinenza, ovvero degli atti direttamente afferenti gli interessi del contribuente che chiede l’accesso. In secondo luogo, va specificato che, in ambito tributario, non sempre al diniego di accesso consegue necessariamente la nullità dell’atto finale.

In conclusione, si può affermare che il soggetto passivo dell’obbligazione nell’ambito dell’accertamento tributario è passato da una posizione di mera soggezione passiva ad un ruolo di attiva partecipazione e vi è stata una progressiva valorizzazione dei canoni di collaborazione e di contraddittorio fra le parti del rapporto tributario. E questo è un cambiamento ancora in itinere. In tale quadro, pertanto, l´inaccessibilità agli atti può essere temporalmente limitato alla sola fase di pendenza del procedimento tributario, non emergendo esigenze di segretezza nelle fasi successive la conclusione del procedimento di adozione dell’accertamento definitivo.

E tutto ciò passa anche attraverso quanto dichiarato pochi mesi fa dall’ormai ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, “guardia e ladri è un gioco che non funziona più”, “Compliance sarà la parola d’ordine, il cuore e le fondamenta di una rinnovata strategia che prevede un percorso di ridefinizione dei rapporti con i contribuenti, ancora più improntati ai principi di trasparenza e rispetto reciproco. L’Agenzia è geneticamente programmata per affrontare i cambiamenti, dalle modifiche organizzative ai cambiamenti culturali. Oggi occorre fare un ulteriore salto di qualità sia nella strategia sia nella nostra impostazione culturale.

Ancora, in audizione alla Camera dei Deputati, VI Commissione Finanze, l’attuale Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Avv. Ernesto Maria Ruffini, ha affermato che “Ora è necessario riorientare l’attività di controllo e accertamento per potenziare la tax compliance e prevenire i rischi di evasione ed elusione,anziché tentare di reprimerli”. “Know your customer – ha dichiarato Ruffini – è il principio che ispira la riorganizzazione dell’agenzia”. Una conoscenza che non può prescindere da una maggiore collaborazione e trasparenza, condivisione e semplificazione.

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