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Il rinnovato dialogo competitivo nella direttiva 2014/24/UE: l’occasione per un’inversione di tendenza?

di Amedeo Fazzone

08/04/16

La legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, c.d. Merloni, ha introdotto nel nostro Ordinamento una dichiarata preferenza per le procedure di scelta del contraente di tipo “automatico”, limitando a spazi angusti la possibilità per le stazioni appaltanti (S.A.) di intervenire mediante l’esercizio della discrezionalità amministrativa. Il recepimento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, n. 18 per il tramite decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, cd. Codice dei contratti pubblici (d’ora in avanti “Codice”), rappresenta il primo passo del Legislatore nazionale verso il superamento della tendenza a rimanere ancorati alle procedure d’affidamento c.d. ordinarie. In tal senso è emblematica la decisione di trasporre la normativa relativa al dialogo competitivo, istituto il cui recepimento era meramente facoltativo. Siffatta procedura è stata accolta positivamente dalla dottrina nostrana e dalla prassi del Regno Unito, poiché:

  1. è congegnata per far fronte alle necessità informative delle stazioni appaltanti che debbano realizzare appalti particolarmente complessi;
  2. presenta una struttura flessibile in grado di consentire alla S.A. la realizzazione progetti all’avanguardia al miglior prezzo mediante un “patchwork” opportunamente congegnato, aggiudicato poi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
  3. consente di ridurre il rischio di comportamenti opportunistici da parte degli operatori economici tramite lo strumento concorrenziale che in particolar modo connota la fase finale post-dialogica di selezione delle offerte;
  4. permette di livellare gli effetti sfavorevoli dell’asimmetria informativa tra la stazione appaltante e gli operatori economici, poiché la prima da un lato ha la possibilità di “imparare” a seguito delle sessioni di dialogo con i concorrenti, dall’altro si giova dell’effetto della concorrenza tra i candidati.

Tali aspetti non hanno tuttavia convinto la prassi nazionale. Il servizio TED mostra come negli ultimi cinque anni siano stati pubblicati meno di sessanta bandi di dialogo competitivo e soltanto la metà abbia visto l’aggiudicazione. Tuttavia il Legislatore europeo sulla scia dei Paesi che vi hanno fatto ricorso in misura maggiore, quali la Francia e il Regno Unito, spinge sull’acceleratore: nel considerando n. 42 della recependa direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 febbraio 2014, n. 24
sugli appalti pubblici che abroga la direttiva 2004/18/CE, mette in evidenza come l’utilizzo del dialogo competitivo abbia registrato negli ultimi anni un significativo incremento di valore contrattuale e descrive come “indispensabile” una maggiore flessibilità per le amministrazioni aggiudicatrici nella scelta di procedure d’appalto che prevedono la negoziazione, sottolineando che siffatte procedure possono condurre ad un aumento degli scambi transfrontalieri, contribuendo in ultima analisi alla realizzazione del “nucleo duro” dell’Unione europea: la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.

La nuova direttiva appalti reca dunque un chiaro favor, da un lato, per le procedure di scelta del contraente connotate da un basso tasso di automatismo (ed in particolar modo per il dialogo competitivo), dall’altro per la semplificazione dei meccanismi che consentono il ricorso a tali procedure. Tale indirizzo si rispecchia nella rinnovata disciplina del dialogo competitivo, ora a recepimento obbligatorio, e nell’introduzione dei partenariati per l’innovazione e della procedura competitiva con negoziazione. I presupposti per il ricorso al dialogo competitivo sono disciplinati in maniera unitaria insieme alla nuova procedura competitiva con negoziazione (che sostituisce la procedura negoziata previa pubblicazione di bando) presso l’art. 26 della direttiva appalti e fanno riferimento ai lavori, forniture o servizi per i quali, da un lato, siano state presentate offerte inammissibili o irregolari in risposta ad una procedura aperta o ristretta, dall’altro, che rispettino uno o più seguenti criteri:

  1. le esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice non possono essere soddisfatte senza l’adozione di soluzioni immediatamente disponibili;
  2. implicano progettazione o soluzioni innovative;
  3. l’appalto non può essere aggiudicato senza preventive negoziazioni a causa di circostanze particolari in relazione alla loro natura, complessità o impostazione finanziaria e giuridica o a causa dei rischi ad essi connessi;
  4. le specifiche tecniche non possono essere stabilite con sufficiente precisione dall’amministrazione aggiudicatrice con riferimento a una norma, una valutazione tecnica europea, una specifica tecnica comune o un riferimento tecnico ai sensi dei punti da 2 a 5 dell’allegato VII;

Rispetto alla disciplina codicistica attualmente in vigore colpisce, da una parte, la genericità dei presupposti appena elencati, dall’altra, come il requisito della “complessità” dell’appalto, che attualmente riceve una precisa definizione normativa presso l’art. 58, co. 2 del Codice, ora costituisca in seno alla novella direttiva un concetto giuridico indeterminato, il cui contenuto è rimesso all’attività valutativa (discrezionale) dell’interprete. Scompare poi, in capo alla S.A., la necessità della previa valutazione che l’aggiudicazione dell’appalto non sia possibile tramite procedura aperta o ristretta. Inoltre la direttiva 2014/24/UE, come avveniva per la omologa precedente, seguita a non prevedere espressamente l’obbligo di motivare la scelta della procedura de quo, requisito invece inderogabile a mente dell’art. 58, co. 3 del Codice. Tutto ciò, come pure il tenore letterale del considerando n. 42, che delinea il dialogo competitivo come una procedura “opportuna” per l’ottenimento di risultati migliori e non più come uno strumento residuale in grado di consentire l’aggiudicazione di contratti particolarmente complessi, altrimenti impossibile tramite le procedure aperta e ristretta (ss.vv. considerando n. 31 della direttiva 2004/18/CE ed art. 58, co. 1 del Codice), porta a ritenere che l’intenzione del Legislatore comunitario sia quella di rendere siffatta procedura uno strumento ordinario per l’affidamento di contratti pubblici. Emerge dunque la possibilità di fare ricorso al dialogo competitivo in maniera più generalizzata rispetto al passato; da dispositivo eccezionale per far fronte a situazioni eccezionali diviene strumento ordinario da utilizzare alternativamente alle altre procedure.

Viene inoltre ridotto il termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione a trenta giorni, a fronte dei trentasette previsti dall’art. 70, co. 3 del Codice attualmente vigente. Restano immutate la possibilità di limitare il numero di candidati idonei da invitare al dialogo, l’esclusiva utilizzabilità del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come pure la possibilità di chiarire, precisare e perfezionare le offerte finali, salvo in quest’ultimo caso il maggior livello di dettaglio contenuto nella recependa direttiva che specifica cosa non può essere modificato: “gli aspetti essenziali dell’offerta o dell’appalto, compresi i requisiti e le esigenze indicati nel bando di gara o nel documento descrittivo”, ove la precedente disposizione menzionava soltanto “gli elementi fondamentali dell’offerta o dell’appalto”.

Il Legislatore europeo dunque continua a scommettere sul dialogo competitivo e punta al rialzo ampliando la base dei presupposti che consentono di accedervi, dilatando però in tal modo anche gli spazi di discrezionalità in capo alla S.A., tradizionalmente invisi al nostro Sistema ordinamentale. Secondo l’Istituto per l’Innovazione e Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale, sarebbe necessario codificare il processo di progettazione interna, per definire come le S.A. individuino le proprie esigenze ed i requisiti che i candidati devono rispettare, affinché emerga in modo inequivocabile che siffatte necessità non possono essere soddisfatte mediante beni o servizi già disponibili sul mercato. Il recepimento dovrebbe essere poi l’occasione per eliminare l’ambiguità del disposto ex art. 58, co. 2, 3° al. del Codice che prevede in modo assolutamente equivoco che il dialogo competitivo possa essere utilizzato anche per l’identificazione dei bisogni della S.A.: la determinazione di questi ultimi è infatti prerogativa dell’amministrazione, non delegabile al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. Resta scoperto l’interrogativo di come la S.A. possa selezionare quale sia la soluzione più idonea a soddisfare le proprie necessità laddove tale situazione costituisca il presupposto per il ricorso alla procedura stessa e quindi denota una scarsa (se non assente) familiarità con il relativo settore di mercato.

Tra le problematiche addotte dalla dottrina e dalla prassi al funzionamento del dialogo competitivo nel nostro Paese figurano l’eccessiva complessità della procedura e la stringenza dei presupposti per ricorrervi. Su quest’ultimo punto, il Legislatore europeo, per il tramite della direttiva 2014/24/UE, ha dimostrato un approccio costruttivo alle critiche. Come già osservato, infatti, le fattispecie dei presupposti applicativi appaiono sia quantitativamente che qualitativamente molto ampie. Per quanto riguarda invece l’asserita complessità della procedura, si ritiene che questa dipenda dal fatto che attualmente sono disponibili pochi precedenti su cui basarsi, poiché il contenuto della complessità concerne il momento applicativo della norma, che si concreta essenzialmente nella: strutturazione dei momenti di flessibilità della procedura (ad. es.: riduzione progressiva dei candidati e premi/incentivi); pianificazione delle fasi procedimentali; individuazione delle modalità con cui condurre il dialogo. Si tratta di aspetti tutti essenziali per garantire, innanzitutto, il buon esito della procedura (le gare di dialogo competitivo andate deserte o per le quali è dichiarato il c.d. nulla di fatto ex co. 11, art. 58 del Codice non sono infrequenti), incentivando il mercato a partecipare, laddove il rischio di dispersione del know-how specifico e dei diritti di privativa in generale è molto elevato, e secondo poi, il miglior value for money del contratto stipulato.

Le note ritrosie del Legislatore nazionale ad introdurre tempestivamente e senza variazioni sostanziali la disciplina in materia di dialogo competitivo (ss. vv. le vicende dei cc.dd. decreti correttivi), sembrano essere, ad oggi, superate: da ultimo, lo schema di decreto legislativo n. 283/2006 reca una pedissequa trasposizione della normativa europea in commento. Pertanto, un primo ostacolo sul percorso della concreta attuazione del dialogo sembra essere stato rimosso. Si ritiene che ci si possa tranquillizzare in merito alla possibilità di un ripensamento “dell’ultimo momento” (si ricorda che il termine di scadenza per il recepimento è fissato al 18 aprile 2016) sulla base del duplice rilievo che, da una parte, la legge 28 gennaio 2016, n. 11 prevede il c.d. divieto di goldplating, dall’altro che la direttiva 2014/24/UE stabilisce presso l’art. 26 che le disposizioni in materia di procedure di affidamento sono a recepimento obbligatorio, rimarcando poi sul punto che la trasposizione delle procedure stesse deve assicurare la conformità alla direttiva. Molto significativa la scelta del legislatore delegato di non riprodurre all’interno dello schema di decreto legislativo cit. la disposizione di cui al co. 11, art. 58 del Codice attualmente vigente, che concede alla S.A. il potere di dichiarare un “nulla di fatto” nel caso in cui nessuna delle soluzioni emerse la soddisfi, senza che ai candidati spetti alcun indennizzo. In tal modo, si riespande la disciplina generale in materia di autotutela, la quale stabilisce che se la revoca del provvedimento comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo (seppur parametrato al solo danno emergente). Si segnala poi, che lo step del necessario previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, non raramente additato come disincentivo per le imprese ad impegnarsi nelle trattative a causa della distensione delle tempistiche che comporta, “è uscito dalla porta per rientrare dalla finestra”, non figurando più presso la sedes materiae del dialogo competitivo, ma presso l’art. 215 co. 3 dello schema di decreto legislativo cit. (la nuova previsione si presenta mutata nei presupposti ma consueta nella portata. Cfr. art. cit.).

L’attività di codificazione interna mostra, a sua volta, che le Istituzioni si sono rese conto dell’esistenza del “problema pratico” e della necessità di affrontarlo con metodo prammatico, non già – o meglio, non solo – normativo. Ciò è evidente tramite l’emersione dell’inedita figura della Cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 212 schema di decreto cit.), tra i cui compiti spicca quello di “effettuare una ricognizione sullo stato di attuazione del presente codice e sulle difficoltà riscontrate dalle stazioni appaltanti nella fase di applicazione anche al fine di proporre eventuali soluzioni correttive e di miglioramento”. S’impone poi la rinnovata figura dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, con un vasto panorama di attribuzioni (art. 213), tra cui, per quanto qui interessa, quello di garantire la promozione dell’efficienza e della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, favorendo lo sviluppo di migliori pratiche e tramite l’emanazione di linee guida. Inoltre, “per affidamenti di particolare interesse, svolge attività di vigilanza collaborativa attuata previa stipula di protocolli di intesa con le stazioni appaltanti richiedenti, finalizzata a supportare le medesime nella predisposizione degli atti e nell’attività di gestione dell’intera procedura di gara”. Sempre sul versante dell’intervento istituzionale, ma stavolta a livello sovranazionale, è interessante l’iniziativa della Commissione, la quale sta lavorando per mettere a punto un meccanismo di assistenza e consulenza per gli Stati membri in merito agli aspetti giuridici dei contratti per l’aggiudicazione di infrastrutture il cui valore superi i 700 milioni di euro. Tale meccanismo sarà messo a disposizione delle S.A. che intendano valersene e consisterà, in una specifica procedura volta all’ottenimento del parere della commissione circa la compatibilità della procedura d’appalto prevista con le norme dell’Unione in materia di appalti, sulla base della notifica del progetto e di tutti i documenti concernenti il contratto da affidare. L’impegno è di fornire il parere orientativamente in non più di tre mesi dalla richiesta.

In conclusione, sembra potersi sostenere che gli strumenti per il rilancio nel segno dell’efficienza del settore dei contratti complessi per il tramite della procedura del dialogo competitivo si stiano sviluppando nella direzione giusta all’interno dell’attività di definizione del nuovo Codice dei contratti pubblici ed a livello di policy europea.

Sarebbe tuttavia opportuno uno sforzo maggiore sul campo normativo. Il meccanismo premiale ed incentivante, la cui definizione è oggi rimessa alla totale discrezionalità della S.A., dovrebbe essere tradotto anche in fattispecie obbligatorie adeguatamente congegnate, come quanto accade per la disciplina del project financing, che prevede in capo al promotore non aggiudicatario l’alternativa di ottenere il rimborso per l’attività progettuale svolta o di esercitare il diritto di prelazione (ed in quest’ultimo caso, è previsto che l’aggiudicatario originario venga rimborsato a carico del promotore). La ratio di efficienza del sistema alla base di tali previsioni, che si concretizza nel favorire una cospicua partecipazione alla procedura (tutelando quindi la concorrenza e, per il suo tramite, l’interesse pubblico all’ottenimento del miglior risultato) altrimenti minata dal notevole rischio economico che comporta, ben si attaglia al dialogo competitivo.

Il verificarsi di un’inversione di tendenza, in direzione del funzionamento effettivo ed a regime del dialogo competitivo, dipenderà da come siffatti strumenti prammatici e normativi verranno concretamente utilizzati. Sempre che il legislatore delegato non abbia ripensamenti “dell’ultimo momento”.

BIBLIOGRAFIA

Commissione Europea, Migliorare il mercato unico: maggiori opportunità per i cittadini e per le imprese, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, COM(2015) 550, 28 ottobre 2015, p. 15 in http://www.osservatorioappalti.unitn.it/content.jsp?id=12

Istituto per l’Innovazione e Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale – Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Documento di analisi della direttiva 2014/24/UE in materia di appalti pubblici, Roma, 19 febbraio 2015, in www.itaca.org/news_dettaglio.asp?ID=439

C. LAMBERTI – S. VILLAMENA, Nuove direttive appalti: “sistemi di selezione” e “criteri di aggiudicazione”, in Urb. app., f. 8-9, 2015

Schema di decreto legislativo sottoposto a parere parlamentare, 5 marzo 2016, n. 283, recante “disposizioni per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasposti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”

Tenders Electronic Daily (TED), versione online del supplemento alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dedicato agli appalti pubblici europei, http://ted.europa.eu/TED/main/HomePage.do

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