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IMBALLAGGI E CONTRIBUTO AMBIENTALE: UN CHIARIMENTO DALLA CASSAZIONE

26/06/2023

A cura di Andrea Nardone

Con la recente sentenza n. 12458 del 18 maggio 2023 la Suprema Corte di Cassazione, III Sezione civile, ha reso un importante chiarimento sulla latitudine del concetto di “imballaggio” ai fini dell’applicazione del contributo ambientale CONAI previsto dal c.d. Codice dell’Ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152).

Giova all’uopo premettere alcuni cenni sul ruolo del CONAI, ovvero del Consorzio Nazionale Imballaggi. Tale consorzio, che ha personalità giuridica di diritto privato e non presenta fini di lucro, è stato istituito con legge 5 febbraio 1997, n. 22; oggi esso trova disciplina in particolare agli articoli 221 e 224 del Codice dell’Ambiente. Lo scopo statutariamente previsto del CONAI è quello di riunire le imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi, al fine di regolamentare le fasi del ciclo di vita di questi ultimi all’insegna del principio di corresponsabilità.

 Ai sensi dell’art. 224, comma 3, lett. h) del Codice dell’Ambiente, il meccanismo di finanziamento del CONAI si fonda sulla ripartizione, tra i diversi produttori e utilizzatori di imballaggi, del corrispettivo per i maggiori oneri dovuti per la raccolta differenziata, per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggi, nonché per la gestione stessa del Consorzio. A tal fine il CONAI, con le modalità previste dal suo Statuto (cfr. art. 14), determina e pone a carico dei consorziati un apposito contributo ambientale.

Il CONAI, inoltre, dispone di poteri di vigilanza sulla corretta applicazione del contributo ambientale. È evidente, in effetti, che l’omesso versamento del contributo da parte di un produttore o di un utilizzatore di imballaggi non solo si traduce nella privazione di risorse da destinare alla tutela dell’ambiente, ma garantisce altresì a quella singola impresa un indebito vantaggio competitivo, ledendo di tal guisa la tutela della concorrenza. È proprio nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza che nel 2009 il CONAI ha citato in giudizio una società per ottenere la condanna della medesima al versamento del contributo ambientale in relazione ad alcuni beni da ella prodotti o ceduti, dando avvio al contenzioso terminato ora innanzi alla Corte di Cassazione.

La questione centrale da dirimere per la Corte della Nomofilachia era dunque se, a mente della definizione di cui all’art. 218, comma 1, lett. a) del Codice dell’Ambiente, potessero essere fatti rientrare tra gli «imballaggi», così divenendo presupposto per l’applicazione del contributo, anche taluni grandi contenitori che erano destinati alla raccolta, movimentazione, lavorazione e immagazzinaggio di prodotti ortofrutticoli all’interno del ciclo produttivo agricolo, pur rimanendo tuttavia estranei al circuito commerciale e di vendita del prodotto ortofrutticolo. In altre parole, la Corte di Cassazione era chiamata a stabilire se la nozione di imballaggio dovesse essere intesa avendo riguardo alla destinazione intrinseca del contenitore, e dunque sulla base della «funzione del contenere e proteggere», ovvero se a rilevare fosse piuttosto la funzione del contenuto, e cioè la destinazione della cosa oggetto di imballaggio.

In proposito, l’art. 218, comma 1, lett. a), definisce l’imballaggio come «il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo».

Proprio sulla base dell’interpretazione di siffatta disposizione anche alla luce dell’art. 3 della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, di cui la prima costituisce attuazione, nonché alla luce degli esempi illustrativi contenuti nell’Allegato E del Codice dell’Ambiente, il Collegio decidente ha ritenuto di valorizzare, quale discrimine per affermare la natura di «imballaggio» di un contenitore, l’elemento teleologico della destinazione del contenuto alla circolazione nel mercato, «sia questo quello delle materie prime o quello dei prodotti finiti, ovvero quello degli stadi intermedi fra queste due condizioni».

Ne deriva che un contenitore che si trovi «presso l’industriale» può essere definito «imballaggio», con le conseguenze derivanti ai fini dell’applicazione del contributo ambientale, in quanto esso sia destinato al mercato, e cioè in quanto il prodotto contenuto possa essere definito «merce»; per converso, risultano esclusi dalla disciplina in questione i contenitori e le protezioni che assolvano al «mero stoccaggio» di beni. In tale ultima ipotesi, peraltro, mancherebbe altresì l’elemento dell’alterità tra produttore e consumatore o utilizzatore, non realizzandosi alcuna consegna.

Pertanto, sulla scorta della definizione di «imballaggio» così intesa, nella fattispecie, riguardante – come detto – contenitori per il trasferimento di prodotti all’interno della medesima filiera agricola, la Cassazione ha rigettato il ricorso del CONAI volto ad ottenere la condanna della società convenuta al versamento del contributo ambientale.

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