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La black list della Consob  

 

VALENTINA MARCHETTI

 

 

23/05/2018

 

 

Le società quotate sono obbligate a rendere pubblico l’andamento del proprio business e la propria situazione finanziaria ogni tre mesi, secondo quanto previsto dal regolamento di Borsa Italiana e dalla Consob.

La relazione trimestrale è il documento che integra queste due informazioni.

In particolare, deve essere fatto riferimento all’interno del documento: all’indebitamento a breve e a medio termine; all’evoluzione del piano di ristrutturazione del debito o del piano industriale nel caso questo sia presente.

Tuttavia, ad alcune delle società quotate a Piazza Affari, la Consob ha chiesto di fornire al mercato un’informazione con cadenza mensile sulla propria situazione aziendale e finanziaria. In pratica si tratta di quelle società che recentemente hanno evidenziato maggiori tensioni dal punto di vista finanziario.

Proprio in relazione a ciò si parla di “grey” e “black list”delle società quotate, termine con cui si fa riferimento ad elenchi tenuti dalla Consob.

La prima, consiste nell’elenco delle società quotate sul Mercato Telematico Azionario soggette ad attività di verifica da parte della Consob stessa.

In particolare, in questo elenco sono collocate le società che hanno ricevuto dalla società di revisione un giudizio positivo sul bilancio, ma rilievi sulla continuità aziendale.

La seconda, altro non è che un elenco della società tenute a fornire ogni mese al mercato informazioni aggiornate sulla situazione finanziaria secondo quanto previsto dall’art. 114 TUF. Quest’ultimo, infatti, attribuisce alla Consob il potere di richiedere ai singoli emittenti, soggetti controllanti e società controllate la pubblicazione di notizie e documenti, quando i flussi informativi ordinari non sono ritenuti sufficienti ad assicurare una corretta informazione.

La medesima disposizione rimette poi al potere regolamentare della Consob di stabilire le modalità ed i termini di comunicazione delle informazioni.

Nella black list vi si entra quando la società di revisione esprime un’opinione negativa o non esprime alcuna opinione sulle modalità di stesura del bilancio annuale della società, perché non ritiene garantita la continuità aziendale e non può assicurare che i criteri utilizzati nell’elaborazione del rendiconto siano corretti.

Per uscirne, invece, si hanno tre modalità: quando la società di revisione torna a esprimere un parere positivo sul bilancio dell’azienda; in caso di uscita dal listino di Piazza Affari (c.d. delisting); in caso di fallimento o messa in liquidazione. Nella lista restano anche le società che, pur essendo in liquidazione, hanno “titoli diffusi”, ovvero più di 200 azionisti; come la vecchia Alitalia guidata dal commissario Fantozzi, tenuta a presentare le comunicazioni mensili alla Consob.

Al mese di febbraio 22 risultavano le società quotate presenti nella lista nera a seguito dell’uscita di “CTI Biopharma” causata da delisting.

Attualmente, secondo l’aggiornamento della lista al mese di maggio, sono salite a 23 le società inserite nella Black List Consob. In particolare, risulta gravoso l’indebitamento de Il Sole24Ore e di Risanamento.

Come accennato, la Consob impone alla società, che entra a far parte della Black List una serie di obblighi informativi a cadenza mensile.

Il comunicato, emesso alla fine di ogni mese, avrà ad oggetto:

-la PFN (posizione finanziaria netta) con l’evidenziazione delle componenti a breve separatamente da quelle a medio-lungo termine

– le posizioni debitorie scadute

– i rapporti verso parti correlate della società

– ogni informazione utile per un compiuto apprezzamento della evoluzione della situazione societaria.

Il buon funzionamento del mercato mobiliare richiede e presuppone la diffusione, in via continuativa ex art 114 TUF, di informazioni complete e attendibili relative agli strumenti finanziari ed agli emittenti quotati, proprio perché, su queste informazioni disponibili, gli investitori fondano le proprie decisioni di investimento o disinvestimento

L’art.115 del TUF, delinea obblighi di comunicazione verso la Consob, con la finalità di vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico, considerando non solo le informazioni oggetto di obbligo di comunicazione ai sensi dell’art. 114 del TUF, ma anche tutte le informazioni che per legge sono destinate al mercato.

La violazione dell’obbligo di Informazione espone la società al risarcimento del danno nei confronti degli investitori danneggiati e al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria. In base all’art. 193, del TUF, se un emittente quotato e il soggetto che lo controlla o ogni altro soggetto a cui è imposto un obbligo informativo secondo quanto stabilito dall’art.114 del TUF non vi adempie, esso incorrerà ad una sanzione amministrativa pecuniaria da € 5.000 a € 500.000.

Mentre l’art. 193 del TUF sanziona l’inosservanza degli obblighi di comunicazione, l’art. 2638 del Codice Civile punisce la comunicazione falsa alla Consob. Quest’ultimo prevede una sanzione per il comportamento di amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, sindaci e liquidatori di società sottoposte per legge alle autorità di pubblica vigilanza che ostacoli l’esercizio delle funzioni delle predette autorità.

Inoltre, la Legge comunitaria del 2004, nel recepire la normativa sugli abusi di mercato ha inserito nel Testo Unico della Finanza l’art. 170bis (“Ostacolo alle funzioni di vigilanza della Consob”); ai sensi di tale disposizione, chiunque ostacola le funzioni di vigilanza attribuite alla Consob è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro diecimila ad euro duecentomila. Ad esso si affianca altresì l’art. 187 quinquiesdecies (Tutela dell’attività di vigilanza della Consob), ai sensi del quale chi non ottempera nei termini alle richieste della Consob ovvero ritarda l’esercizio delle sue funzioni è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro diecimila ad euro duecentomila.

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