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La legittimazine ad agire dell’ANAC di cui all’art. 211 del codice dei contratti pubblici: il via libera di palazzo spada sullo schema di regolamento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione

GIULIA MARI

 

 

23/05/2018

 

  

La Commissione speciale del Consiglio di Stato, nell’adunanza tenutasi lo scorso 4 aprile, ha reso il parere n. 1119/2018 sullo schema di regolamento trasmesso dall’ANAC, avente ad oggetto i poteri attribuiti a tale ente dall’art. 211, co. 1-bise 1-terdel codice dei contratti pubblici, a seguito delle modifiche apportate dal decreto correttivo D.L. n. 50/2017.

Trattasi, nello specifico, della legittimazione ad agire in giudizio riconosciuta all’Autorità ogni qualvolta ritenga che i bandi, i provvedimenti o gli altri atti a carattere generale adottati da una stazione appaltante, in relazione a contratti di rilevante impatto, violino le vigenti norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (art. 211, co. 1-bis); nonché la possibilità, riconosciuta alla stessa ANAC, di emettere un parere motivato laddove sia stato adottato un provvedimento gravemente lesivo delle disposizioni contenute nel codice, affinché la stazione appaltante vi si conformi, con la possibilità, nel caso in cui tale sollecitazione rimanga infruttuosa, di presentare ricorso innanzi al giudice amministrativo (art. 211, co. 1-ter).

Nella prima ipotesi assume, dunque, carattere rilevante l’entità del contratto in relazione al quale è stato adottato l’atto ritenuto illegittimo, ci si rivolge infatti a contratti di «rilevante impatto», qualificati come i contratti stipulati in relazione a grandi eventi di caratteresportivo, religioso o culturale e gli altri casi previsti nello schema di regolamento predisposto dall’Autorità; nella seconda ipotesi, invece, si pone l’accento sull’intensità della lesione determinata dalla violazione delle regole codicistiche.

Tali disposizioni fanno seguito all’abrogazione dell’art. 211, co. 2 del D.Lgs. n. 50/2016 e, con esso, del «potere di raccomandazione vincolante», più volte censurato dal Consiglio di Stato, che si esplicava nella facoltà riconosciuta all’Autorità anticorruzione – qualora avesse ritenuto sussistente un vizio di legittimità negli atti delle procedure di gara – di sollecitare la stazione appaltante ad agire in autotutela e rimuovere così gli effetti dell’atto illegittimo, prevedendo, in caso di mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione suddetta, la comminazione di una sanzione amministrativa pecuniaria.

La Commissione speciale ha rintracciato il fondamento normativo del potere regolamentare in esame nel comma 1-quaterdell’art. 211, ai sensi del quale l’ANAC è chiamata ad individuare i casi in relazione ai quali esercitare i poteri contemplati nei commi 1-bise 1-ter.

Ad avviso del Consiglio di Stato, seppure la predetta disposizione ha attribuito all’Autorità «il (solo) potere di individuare i casi in cui essa può esercitare i poteri speciali», deve necessariamente considerarsi incluso nella delega – seppure in modo non espresso – anche la disciplina delle modalità con cui, nel caso concreto, gli stessi debbano essere esercitati.

Esso non ravvisa, dunque, un eccesso di delega, trattandosi di una disciplina funzionale a quanto previsto nella disposizione codicistica, «senza la quale risulterebbe impossibile o rischierebbe di essere irragionevole, irrazionale o arbitraria la stessa disciplina della materia strettamente oggetto della delega».

Dall’analisi riportata dal Consiglio di Stato, che ha espresso un giudizio di massima positivo sullo schema di regolamento nel suo complesso, emerge una sostanziale differenza tra i poteri previsti dai due commi.

Il comma 1-biscontempla un generale potere di legittimazione al ricorso, non subordinato a particolari regole procedurali, e dunque azionabile «in via diretta».

Il comma 1-ter, invece, risulta esercitabile solo «in via mediata» necessitando, infatti, di un previo parere motivato a cui la stazione appaltante non si sia conformata. Tale parere rappresenta, dunque, un «presupposto sollecitatorio di un eccezionale esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante», ammissibile solo in presenza di gravi violazioni, tra le quali – ad avviso del Consiglio di Stato – andrebbero inseriti anche gli atti o le misure che siano ingiustificatamente restrittive della partecipazione e, più in generale, della concorrenza.

Secondo il parere espresso dal Consiglio di Stato, tale distinzione sarebbe ricollegabile alla diversa gravità delle due fattispecie. In particolare, il legislatore avrebbe configurato, con riferimento alla prima ipotesi (1-bis), una situazione di maggiore pericolo per l’interesse pubblico, a fronte del quale l’Autorità è legittimata ad agire, anche in assenza di un previo parere. Nella seconda ipotesi (1-ter) – invece – le violazioni, seppur gravi, possono essere legittimamente sanate attraverso un atto di autotutela ad opera della stazione appaltante, di fatto sollecitata dalla stessa Autorità mediante il parere motivato.

Detto ciò, la Commissione ha comunque precisato che, in ambo i casi, l’Autorità debba rispettare i termini per l’impugnazione previsti dal codice del processo amministrativo, non essendovi alcuna disposizione derogatoria in tal senso.

Il Consiglio ha osservato, inoltre, che il co. 1-terattribuisce all’Autorità un «peculiare strumento di vigilanza collaborativa» con le stazioni appaltanti, che si va a coniugare con i più generali poteri di vigilanza e controllo attribuiti all’ANAC ai sensi dell’art. 213 D.Lgs. n. 50/2016, avendo tale potere un carattere latu sensu deflattivo del contenzioso, anche in considerazione della sua collocazione all’interno dell’art. 211, rubricato «Pareri di precontenzioso dell’ANAC».

Come riconosciuto dalla stessa Autorità e confermato dal Collegio, il potere di iniziativa processuale costituirebbe una mera facoltà, rimessa esclusivamente a sue autonome valutazioni e connessa alla previa indicazione, ad opera dell’Autorità stessa, delle fattispecie che possono richiedere l’attivazione del potere di agire in giudizio per via della loro gravità e consistenza. Il comma 1-quaterdell’art. 211 attribuisce infatti all’ANAC il potere di individuare, con proprio regolamento, tali casi; tuttavia la previsione – come osservato dalla stessa Commissione – pur attribuendo un’ampia discrezionalità all’Autorità, rappresenta anche un limite allo stesso potere, affinché la scelta«non si trasformi in arbitrio o irragionevolezza». Del resto l’articolo in esame, autorizzando l’ANAC a porre in essere delle attività che secondo i principi generali dell’ordinamento non le spetterebbero, le conferisce una «legittimazione straordinaria ed eccezionale in ragione della funzione che le è stata assegnata dalla legge». Ovviamente a tale potere, come sottolineato dal Consiglio, corrisponde anche il dovere di agire nei modi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.

Secondo quanto risulta nello schema di regolamento, la stessa ANAC ha specificato che le «fattispecie legittimanti», da essa individuate hanno carattere tassativo, il che costituisce un ulteriore limite alla discrezionalità della sua azione.È stata, inoltre, accolta con favore dal Consiglio di Stato, l’esclusione della legittimazione ad agire in esame nei casi in cui la violazione riscontrata vada ad incidere sulla fase di esecuzione del contratto, che notoriamente appartiene alla cognizione del giudice ordinario. È tuttavia prevista, in via eccezionale, la legittimazione ad agire nel caso in cui la suddetta violazione si sostanzi «nell’affidamento di nuovi contratti pubblici in assenza delle garanzie procedurali dell’evidenza pubblica, qualora sindacabili avanti al giudice amministrativo».

Volgendo lo sguardo alle modalità di proposizione del ricorso, infine, il Consiglio di Stato effettua un’importante puntualizzazione: sulla base di quanto riportato nello schema di regolamento, il ricorso dell’ANAC sarebbe proponibile solo previa delibera del Consiglio e su proposta dell’Ufficio competente; ebbene, nel parere del Consiglio di Stato si precisa come tale delibera, in ossequio ai principi generali dell’azione amministrativa, debba essere «appositamente motivata circa la ricorrenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge e dal regolamento», anche per rispondere ad un’esigenza di trasparenza avvertita come ineludibile in riferimento all’esercizio di un potere eccezionale come quello in commento.

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