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LA “NON FUGA” DAL REGOLAMENTO: IL CASO DEL REGOLAMENTO PER IL FUNZIONAMENTO DEL FONDO PER INDENNIZZARE LE VITTIME DELLE FRODI FINANZIARIE IN APPLICAZIONE DELLA LEGGE N. 266/2005

20/03/2024

A cura di Martina Bordi

Con i pareri n. 1018/2023 e 00054/2024, la Sezione Consultiva per gli Atti normativi del Consiglio di Stato si è espressa in merito allo schema di decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze, recante “Regolamento per il funzionamento del Fondo per indennizzare le vittime delle frodi finanziarie in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 343 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”.

La vicenda risulta particolarmente interessante in quanto costituisce uno dei pochissimi casi in cui l’amministrazione “non sfugge” al regolamento, ma, al contrario, decide di dare attuazione ad una disposizione di legge per mezzo di un decreto di natura regolamentare, in luogo di un decreto di natura non regolamentare come espressamente previsto dalla norma primaria.

In particolare, la legge 266/2005 prevede l’istituzione di un Fondo volto ad indennizzare determinate categorie di risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto altrimenti non risarcito da parte di società quotate nei mercati finanziari italiani e sottoposte a fallimento o liquidazione coatta amministrativa.

Come si anticipava, la suddetta legge, al comma 345-novies prevede che “con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti i presupposti e le procedure per ottenere gli indennizzi di cui ai commi 343 e 344, i limiti dell’indennizzo, le priorità per l’attribuzione degli indennizzi e le eventuali ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 343 a 345-octies. (…).”

Il Ministero per dare attuazione alla norma ha invece deciso di procedere per mezzo di un decreto del Presidente della Repubblica, come disciplinato dall’art. 17 della legge n. 400/1988. La scelta dell’amministrazione procedente è stata motivata dalla necessità di utilizzare una fonte più puntuale, che fosse in grado di colmare la lacunosità della norma primaria dato che la stessa non individua la nozione di risparmiatore, né le categorie di investitori che siano idonei ad accedere al fondo, né una disciplina dettagliata delle modalità di prova del danno ingiusto.

Il Consiglio di Stato, con un primo parere interlocutorio, n. 1018/2023, pur ammettendo la controtendenza del Mef rispetto alla invalsa prassi della c.d. fuga dal regolamento e quindi l’utilizzo di atti, di natura non regolamentare, evidenzia come la scelta dell’Amministrazione non risulta supportata da una conforme previsione legislativa.

Gli atti adottabili con decreto del Presidente della Repubblica, sostiene il Consiglio di Stato, sono tassativi, previsti dall’art. 1 della legge n. 13/1991 e oltremodo gli stessi devono essere accompagnati dalla previa deliberazione del Consiglio dei ministri, che risulta, nel caso di questo regolamento, assente.

A seguito dell’emanazione del parere interlocutorio, l’Amministrazione procedente ha ribadito la necessità del ricorso alla fonte regolamentare per dare attuazione alla disposizione istitutiva del fondo.

Nel parere definitivo, n. 00054/2024, il Consiglio di Stato ribadisce le difformità della scelta dell’Amministrazione rispetto alla previsione legislativa contenuta nella legge di istituzione del Fondo e rispetto alla tassatività degli atti aventi forma di d.P.R.

La Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, nella fattispecie in esame, ha inteso privilegiare il rispetto del principio di legalità, che nel caso concreto, si intende l’utilizzo di un decreto di natura non regolamentare.

Questo decreto, dalla controversa natura normativa, definito dalla Corte costituzionale come un “atto dall’indefinibile natura giuridica” (sentenza n. 116/2006), ha contribuito alla proliferazione dell’invalsa prassi della c.d. “fuga da regolamento”. Termine con cui si definisce la tendenza ad evitare le forme del potere regolamentare, adottando atti a contenuto normativo ma senza la forma di regolamento.

Il non-utilizzo della forma regolamentare esula dall’iter procedimentale previsto dall’art. 17 legge 400/1988, comportando minori garanzie procedurali.

L’utilizzo dell’atto dal contenuto non regolamentare, invero, è stato scoraggiato dalla stessa Sezione Consultiva del Consiglio di Stato in diverse occasioni, non ultimo il parere n. 1254/2023 recante un regolamento di organizzazione del Ministero della transizione ecologica.

Nel parere sopracitato, la Sezione ha mostrato come l’uso del D.P.C.M. comporta non solo un’elusione del controllo democratico affidato alle commissioni parlamentari competenti ma anche un’incertezza nel sistema delle fonti. Il Ministero procedente, a contrario dell’invalsa prassi della fuga da regolamento, ha utilizzato uno strumento normativo, il d.P.R., il quale, sul piano giuridico delle fonti normative, risulta più idoneo nell’esecuzione della legge in esame, con funzione di integrazione della fonte primaria e minimizzante, in sede di attuazione, della discrezionalità amministrativa.

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