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Le autorità europee di vigilanza: natura giuridica e poteri

di Matteo Manocchio

16/04/2016

La riforma del sistema europeo di vigilanza finanziaria, che prende il nome di rapporto de Larosière, ha previsto la creazione di un Comitato europeo per il rischio sistemico (Cers o Esrb, European Systemic Risk Board), presieduto dal Presidente della Bce, con compiti di vigilanza macroprudenziale e di adozione di segnalazioni (risk warnings) o raccomandazioni non vincolanti, di natura generale o specifica, per eventuali interventi a livello europeo o nazionale, nonché di un sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria (Esfs, European System of Financial Supervisors), ossia una sorta di network delle autorità europee e nazionali, con funzioni microprudenziali di salvaguardia della solidità delle singole imprese e di protezione degli investitori.

In tale contesto è stata così disposta l’istituzione di tre nuove autorità di vigilanza (Aev o Esas, European Supervisory Authorities), con competenza nei settori bancario (Eba, European Banking Authority), mobiliare (Esma, European Securities and Markets Authority), ed assicurativo (Eiopa, European Insurance and Occupational Pension Authority). Nello specifico, le Esas hanno il compito di contribuire alla realizzazione di un single rulebook fornendo pareri alle istituzioni dell’Unione Europea ed elaborando orientamenti, raccomandazioni e progetti di norme tecniche. Il loro operato, naturalmente, presuppone un generale dovere di stretta cooperazione con il Cers, attraverso lo scambio di informazioni e il dovere di dare seguito alle sue segnalazioni, al fine di assicurare il raccordo tra vigilanza macroprudenziale e microprudenziale.

La riforma della vigilanza finanziaria europea sembrerebbe così accogliere e metabolizzare a pieno l’idea che “supervisory fragmentation may even constitute a torea to the integrity of a european single market in financial services”.

E’ così del tutto apprezzabile lo sforzo complessivo di ridisegnare un quadro di meccanismi di vigilanza ritenuti in passato troppo frammentati e poco efficienti; tuttavia tale riforma ha sollevato, sul piano giuridico, alcune delicate problematiche.

In primo luogo, occorre brevemente evidenziare che la creazione delle nuove autorità, in assenza di apposite previsioni all’interno dei trattati, ha subito posto il duplice problema della legittimazione politica e istituzionale e dei loro rapporti con gli altri organi dell’Ue.

Sotto il primo profilo le authorities, in ossequio al principio dell’equilibrio istituzionale della Corte di giustizia europea, devono ritenersi prive di potestà normativa in senso stretto, tanto che la loro stessa funzione di elaborare standards tecnici deve essere contenuta entro i limiti dell’area di intervento predeterminati dalle legge comunitaria e devono essere sottoposte alla Commissione per la loro approvazione (endorsement) e per la successiva adozione in forma di decisioni. A tale riguardo vale la pena di rammentare infatti che la creazione di una qualsiasi nuova autorità indipendente europea, munita di poteri di vigilanza e di regolamentazione sui mercati finanziari, presupporrebbe un’apposita previsione nei trattati, ma in mancanza, viene costituita e consentita nei limiti in cui alla medesima siano delegati, dall’istituzione che ne è titolare, poteri di esecuzione ben definiti e privi di discrezionalità ( in linea con la nota giurisprudenza Meroni, Corte giustizia, 13 giugno 1958, cause 9/56 e 10/56). Nel rispetto di tale principio consolidato in giurisprudenza, l’istituzione delle Esas dovrebbe essere senza dubbio rinviabile all’art. 114 TFUE poiché tale disposizione non impone in alcun modo che i provvedimenti adottati dal legislatore comunitario debbano essere destinati ai soli Stati membri. Il legislatore comunitario, infatti, potrebbe ritenere necessaria l’istituzione di un organismo comunitario incaricato di contribuire alla realizzazione di un processo di armonizzazione (art. 114 TFUE) nelle situazioni in cui, per agevolare l’uniforme attuazione ed applicazione di atti fondati sulla predetta norma, appaia appropriata l’adozione di misure di accompagnamento e di inquadramento non vincolanti. Ebbene, nella specie, i compiti e le funzioni delle nuove autorità risultano strettamente legati agli obiettivi dell’aquis comunitario sul mercato interno dei servizi finanziari, il che giustifica, la creazione di esse sulla base del citato art. 114 TFUE.

Il secondo aspetto riguarda, invece, il rapporto tra le nuove autorità con gli altri organi dell’Unione, e in particolare, con la Commissione. In relazione ed essa, infatti, le autorità di vigilanza si rapportano in un modo attraverso cui si palesa un rischio di eccessiva ingerenza nel campo d’azione delle autorità da parte dell’istituzione.

Analizzando in dettaglio questa relazione, infatti, si evince che le Esas, oltre al già menzionato potere di emanare regole tecniche nei settori contemplati dalla legislazione primaria, potranno: adottare, in caso di manifesta violazione della normativa comunitaria, specifiche misure nei confronti delle autorità di vigilanza nazionali affinchè esse conformino il proprio agere al diritto comunitario; chiedere alle stesse di adottare provvedimenti necessari per fronteggiare i rischi per la stabilità finanziaria e, infine, in caso di controversie fra le autorità nazionali, le autorità di vigilanza europee potranno prestare loro assistenza al fine del raggiungimento di un accordo e, qualora l’intervento di mediazione porti a un risultato negativo, assumere esse stesse le decisioni più opportune al fine di comporre la questione. Di tutte queste misure, il legislatore europeo, richiede che l’azione delle autorità di vigilanza europee sia vincolata ad una preventiva valutazione o ad una formale approvazione da parte della commissione.

Ebbene, in ciascuna di queste ipotesi può facilmente ravvisarsi, in capo alla Commissione, un potere di agire in modo diretto sul contenuto delle regole tecniche in materia finanziaria. Tale ingerenza è stata dalla dottrina considerata, in parte, dubbiosa. Inanzitutto, risulta palesemente indebolita la posizione di indipendenza che dovrebbe connotare le nuove authorities, ma pare altresì lecito dubitare che la commissione possieda quel bagaglio di conoscenza tecnica necessaria per poter svolgere e intraprendere decisioni di materia finanziaria, ove occorra, con la dovuta tempestività. Sarebbe preferibile, infatti, che il processo di formazione delle norme tecniche fosse riservato solo alle Esas, quali soggetti caratterizzati da una più approfondita competenza tecnica e conoscenza della materia finanziaria.

In ultima analisi, infine, occorre alla luce di quanto sinora osservato, domandarsi se non sarebbe stato preferibile valorizzare ulteriormente il profilo nelle nuove autorità conferendo loro una maggiore autonomia dagli organi politici dell’Unione. Il rischio di condizionamenti esterni o di un loro status di subordinazione rispetto ad altri organismi, infatti, potrebbe costituire un serio ostacolo all’efficacia dei loro interventi. Tale questione è riportata anche nel dibattito dottrinale circa la qualificazione giuridica delle Esas. Da una parte, c’è chi evidenzia l’indipendenza delle stesse, sottolineando che si tratta di organismi diversi dalle semplici agenzie, altri invece propendono per un loro inquadramento proprio in questo senso mettendo in luce le peculiarità di questi nuovi enti, sul piano organizzativo e funzionale, ma ritenendo che non si possa in nessun modo non tener conto del particolare legame esistente tra le autorità europee di vigilanza europea e la Commissione.

In relazione a questa diatriba bisogna evidenziare che le agenzie sono soggetti che esercitano compiti di natura prettamente tecnica e non discrezionale (in genere attività di indagine, consulenza e proposta) nell’ottica di una migliore cooperazione tra diversi livelli, nazionale ed europeo, mentre le autorità indipendenti sono da considerare in una posizione di ausiliarietà rispetto ai governi nazionali e alla Commissione.1 Per concludere, si può affermare come sia utile e di particolare interesse il tentativo dottrinario di individuare una nuova species di agenzie, cui apparterrebbero anche le Esas. Al pari di altri enti di nuova creazione, infatti, esse sarebbero caratterizzate non solo da una limitata autonomia dalle istituzioni comunitarie (si pensi al rapporto con la Commissione) profilabile più che altro sul piano tecnico-scientifico, ma da una vera e propria posizione di terzietà e indipendenza rispetto a queste ultime, strumentale ad un corretto e imparziale espletamento delle loro funzioni istituzionali.

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