Lab-IP

Le sostanze chimiche nell’ambito del TTIP…forse sì, forse no.

di Beatrice Perinelli

17/04/2016

Per sostanze chimiche si intendono quelle sostanze di origine naturale o prodotte mediante processi industriali ed utilizzate in numerose attività (settore farmaceutico, automobilistico, alimentare, elettronico). La loro rilevanza economica a livello europeo è impressionante: le industrie chimiche europee producono il 31% del fatturato mondiale e si stima che solo in Europa siano commercializzate 30 mila diverse sostanze. Un mercato quindi fondamentale per il benessere economico dell’Unione Europea.

D’altra parte, il numero particolarmente elevato di sostanze chimiche presenti nell’ambiente desta preoccupazione nella comunità civile, scientifica e amministrativa, soprattutto in relazione alle conoscenze acquisite nel corso degli ultimi decenni sui danni che esse possono arrecare alla salute umana e all’ambiente ed è proprio l’esigenza di acquisire maggiori conoscenze del rischio associato al loro uso che ha spinto il Parlamento europeo a regolamentare questo mercato fin dal 1967 con la direttiva “quadro” 67/548/CEE in cui sono state stabilite disposizioni comuni per l’armonizzazione delle norme legislative in materia di classificazione, imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose.

Un’importante svolta si è avuta con l’approvazione del Regolamento(CE) n. 1907/2006 concernente la registrazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (REACH) e l’istituzione dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) che svolge un ruolo di coordinamento tecnico-scientifico delle attività previste dal regolamento REACH e organizza una banca dati per raccogliere e gestire i dati forniti dall’industria attraverso la registrazione delle sostanze.

Il REACH prevede la registrazione di tutte le sostanze prodotte o importate nella Comunità in quantità maggiori di una tonnellata per anno e consiste nella presentazione, da parte dei fabbricanti o degli importatori, di fascicoli contenenti dati sulle sostanze al fine di poter controllare i rischi correlati alla salute umana e all’ambiente adottando misure di gestione dei rischi appropriate e, in mancanza di dati disponibili, nell’esecuzione di test sperimentali per caratterizzare le relative proprietà fisico-chimiche, tossicologiche e ambientali.

La procedura di autorizzazione rappresenta una delle maggiori innovazioni legislative introdotte dal REACH. E’ dedicata alle sostanze definite “estremamente preoccupanti” (Substances of Very High Concern – SVHC); pertanto, l’immissione sul mercato o l’uso di una sostanza inclusa nell’allegato XIV, in quanto tale o in quanto componente di una miscela o di un articolo, richiede obbligatoriamente un’autorizzazione.

Quando una sostanza comporta un rischio inaccettabile per la salute o per l’ambiente nonostante le misure esistenti, può essere intrapresa un’azione a livello comunitario. L’ECHA, su richiesta della Commissione, o uno Stato membro predispone un fascicolo di restrizione. Per le sostanze soggette ad autorizzazione, l’agenzia può proporre restrizioni anche nel caso in cui l’uso di tale sostanza in quanto componente di articoli presenti un rischio non adeguatamente controllato.

Non appena l’ECHA pubblica l’elenco dei fascicoli predisposti, le parti interessate possono presentare osservazioni o informazioni di natura socioeconomica sulle restrizioni stesse. Se tali restrizioni risultano essere le misure più appropriate per la riduzione del rischio, si procede alla fase di introduzione delle restrizioni.

A livello europeo è presente anche Il regolamento CLP 1272/2008 è relativo alla classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze chimiche con cui l’Unione Europea si è allineata alle regole stabilite a livello mondiale dall’Onu.

Anche nel mercato americano le industrie chimiche svolgono un ruolo economico predominante con più di 70 mila sostanze prodotte da più di 10 mila fabbriche per un volume di affari pari a 769 miliardi di dollari all’anno. Ad una così importante evoluzione economica non corrisponde però una equivalente evoluzione normativa tenuto conto che il TSCA(Toxic Substances Control Act) risale al 1976 e che la natura giuridica statunitense quale ordinamento di common law ha comportato un suo adattamento esclusivamente a livello giudiziale, amministrativo e pratico.

Il Toxic Substances Control Act del 1976 ha incaricato l’EPA(agenzia americana per la protezione dell’ambiente) di proteggere i consumatori finali dai danni per la salute o per l’ambiente regolando la produzione e vendita di prodotti chimici. Tale atto ha affidato, quindi, al governo il compito di esercitare un controllo diretto su quali tipi di sostanze potessero essere utilizzate e quali no. Così ad esempio l’uso di clorofluorocarburi nella fabbricazione è ora severamente vietato in tutti i processi di produzione negli Stati Uniti. I tipi di sostanze chimiche regolamentate dalla legge si dividono in due grandi categorie: le sostanze chimiche già esistenti e le sostanze chimiche nuove. I nuovi prodotti chimici sono stati definiti come “qualsiasi sostanza chimica che non è inclusa nella lista pubblicata nella sezione 8.” La Sezione 8 del Toxic Substances Control Act ( TSCA ) prevede il compito fondamentale per l’EPA di compilare, aggiornare e pubblicare un elenco contenente le informazioni di ogni sostanza chimica che viene prodotta o trasformata negli Stati Uniti, elenco denominato “Inventario TSCA” che ora contiene circa 85.000 sostanze chimiche .

Come parte dell’impegno di EPA per rafforzare la gestione dei prodotti chimici e per aumentare le informazioni sulle sostanze chimiche, l’Agenzia fornisce l’accesso all’inventario online.

Compresa l’importanza economica del settore industriale chimico sia per l’Europa che per gli Stati Uniti va tenuto presente che i negoziati per il Partenariato Transatlantico hanno prestato poca attenzione a questo settore del mercato e si sono concentrati troppo sulle differenze esistenti tra i due sistemi di regolazione. Sicuramente comparando i due ordinamenti giuridici è possibile notare alcune differenze importanti:

1)livello informativo:

il TSCA richiede alle aziende chimiche di presentare all’ EPA tutti i dati dell’impatto sulla salute umana e ambientale disponibili sulle sostanze chimiche esistenti senza però richiedere alle aziende chimiche di testare la tossicità delle nuove sostanze chimiche e dei loro effetti sulla salute umana o per l’ambiente. Secondo il REACH le aziende chimiche sono obbligate ad elaborare e a fornire i dati di rischio per la salute umana e ambientale sia per le sostanze chimiche esistenti e nuove.

2)valutazione completa del rischio:

il REACH impone alle aziende che producono sostanze chimiche superiori ad una tonnellata all’anno di condurre uno studio per la valutazione del rischio poi sottoposto alla revisione dell’Agenzia Chimica Europea e per le aziende che producono più di 10 tonnellate all’anno devono effettuare una valutazione della sicurezza chimica per tutte le sostanze chimiche prodotte.

Il TSCA non richiede aziende chimiche di effettuare valutazioni del rischio su nuove sostanze chimiche. Tuttavia, consente alle aziende di effettuare valutazioni del rischio volontariamente sui loro nuovi prodotti chimici. Per i prodotti chimici esistenti, le società sono tenute a comunicare immediatamente all’EPA le nuove informazioni inedite su sostanze chimiche che hanno rischi potenziali, ma non hanno alcun obbligo.

3) informazioni sulla quantità produttiva

Il REACH impone alle aziende chimiche di presentare la loro registrazione annuale con le informazioni sulla quantità complessiva di produzione o importazione di una sostanza chimica in tonnellate per anno in un fascicolo tecnico e riferire immediatamente se si verificano cambiamenti significativi nella quantità.

Il TSCA prevede che le aziende chimiche debbano fornire una stima triennale all’EPA del volume totale di nuove sostanze chimiche prodotte.

Non é presente ad oggi nessuno studio dettagliato comparativo dei livelli di protezione della salute umana, dell’ambiente e dei consumatori nel settore delle sostanze chimiche dei due partner transatlantici.

La risoluzione del Parlamento Europeo di luglio 2015 che contiene la proposta del testo del “TTIP” sul tema delle sostanze chimiche si propone semplicemente di migliorare la collaborazione tra le autorità di regolamentazione e lo scambio di informazioni tra le due potenze economiche, senza che vi sia un reale intento di instaurare una cooperazione regolatoria. Bisogna tenere conto che, già ad oggi, vi è il commercio delle sostanze chimiche tra i due partner, ma, la duplicazione dei costi per la registrazione e la valutazione dei rischi risulta sicuramente una barriera al libero scambio. In realtà, quindi, il TTIP può risultare uno strumento idoneo a favorire l’abbattimento di tali costi ed un miglioramento delle esistenti regolamentazioni, attraverso l’elaborazione di migliori principi regolatori poiché se è vero che IL TSCA non contiene una regolamentazione dettagliata degli obblighi informativi e della valutazione del rischio di danno, il REACH risulta essere eccessivamente statico e produttivo di costi e oneri burocratici troppo rigidi.

Diverse sono le soluzioni proposte dalla dottrina per ottenere una convergenza dei sistemi di regolazione. Una via potrebbe essere quella del “riconoscimento asimmetrico opzionale” per cui viene data la possibilità alle singole parti “regolate”, cioè alle industrie chimiche, la scelta di aderire con riguardo al singolo prodotto chimico al sistema regolatorio più rigoroso di uno dei due partner evitando così la duplicazione dei costi nell’altro paese.

Per esempio un’industria decide di vendere un pesticida negli USA già riconosciuto ed autorizzato in base al REACH in Europa. Naturalmente se l’industria opta di essere sottoposta alle regole del REACH anche se più stringenti, automaticamente evita i costi di riconoscimento in base al TSCA essendogli applicata la regolamentazione europea anche nel mercato americano. Tale sistema asimmetrico sarà tanto più efficace quando i costi di duplicazione delle regolazioni sono più alti mentre i costi marginali derivanti dall’applicazione di regolazioni più stringenti sono più bassi.

Un’altra possibilità potrebbe essere quella di istituire un pannello di esperti con il compito di elaborare valutazioni e dati sul rendimento effettivo dei due sistemi di regolazione e su possibili compatibilità per cercare di equiparare dove sia possibile le procedure di registrazione, autorizzazione e restrizione.

In definitiva pur essendo vero che le differenze tra Unione Europea e USA nella regolazione del settore chimico sono notevoli e che l’armonizzazione potrebbe comportare un indebolimento del sistema europeo che sicuramente appare più “severo” dall’altra parte la TTIP sembra l’unica vera sede per un allineamento di regole in un settore del mercato così fondamentale.

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