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LE ORDINANZE CONTINGIBILI E URGENTI NELL’EMERGENZA COVID 19

26 aprile 2020

ANGELICA PIZZINI

A seguito del diffondersi dell’emergenza relativa al COVID-19, si è assistito all’iniziale emanazione di alcune ordinanze da parte del Ministero della Salute e da parte di altre autorità competenti (sindaci, presidenti di giunte regionali, ecc.).

Suddette ordinanze, rientranti nella definizione di “ordinanze contingibili e urgenti”, hanno rappresentato una delle prime efficaci risposte al diffondersi del virus. 

Esse sono uno strumento atipico che l’amministrazione nei suoi vari gradi può adottare per far fronte a situazioni di eccezionale emergenza e sono caratterizzate dai presupposti della contingibilità, della necessità e dell’urgenza. 

Il quadro normativo di riferimento si compone di alcuni articoli di legge che rappresentano i fondamenti del diritto emergenziale in materia sanitaria e che forniscono i limiti (espressi in termini ampi) entro i quali tali poteri possono essere esercitati. 

Il riferimento è anzitutto all’articolo 32 della Legge 833/1978 che dispone circa le funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria il quale sancisce  il potere del Ministro della Salute di emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di igiene e sanità pubblica con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o a parte di esso, riconoscendo quindi la possibilità di graduare i poteri riconosciuti in funzione della maggiore o minore estensione dell’emergenza.

L’articolo prosegue prevedendo che per le stesse materie è prevista l’emanazione di analoghe ordinanze del Presidente della giunta regionale e del Sindaco, qualora l’emergenza abbia contorni più ristretti.

In chiusura, l’articolo si preoccupa di prevedere dei limiti nei confronti dei poteri riconosciuti al Ministro, ai sindaci e alle giunte.

Vengono stabilite infatti due limitazioni: una inerente alle attività di istituto delle forze armate che, nel quadro delle suddette misure sanitarie, ricadono sotto la responsabilità delle competenti autorità.

L’altra, relativa alla salvaguardia dei poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell’ordine pubblico. 

La seconda norma da prendere in considerazione è l’articolo 117 del Decreto Legislativo n. 112/1998.

In questo articolo, rubricato “Interventi d’urgenza” si stabilisce anzitutto che per gli interventi a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco quale rappresentante della comunità locale.

L’articolo prosegue però indicando che negli altri casi (nei quali gli interventi d’urgenza presentino caratteri che esulano da una dimensione meramente locale) l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali. 

Infine, qualora l’emergenza interessi il territorio di più comuni, è previsto il potere per ogni sindaco di adottare  le  misure necessarie, potere che ha però carattere temporale e che quindi potrà esercitarsi solo fino a quando non intervengano i soggetti qualificati dalla norma come competenti (Stato o regioni).

Le ordinanze contingibili e urgenti e in particolare quelle del Ministro della Salute dovrebbero costituire il principale strumento del diritto emergenziale, soprattutto con riferimento alla particolare natura dell’emergenza attuale; ciò proprio a fronte della loro capacità di rendersi strumenti flessibili in grado di mettere in campo soluzioni efficaci in tempi relativamente brevi.

Questo impianto normativo (e di conseguenza i poteri del Ministro della Salute in materia di ordinanze) è stato però prima marginalizzato e poi quasi completamente sostituito da un impianto ad hoc, di nuova creazione, che ha esaltato sempre di più la centralità del governo, in particolare del Presidente del Consiglio, arrivando addirittura a riconoscere in capo allo stesso inediti (e forse ridondanti) poteri di ordinanza (D.L. 6/2020), attribuendo un ruolo di estrema marginalità al Parlamento e moltiplicando gli atti da esso adottati a discapito degli atti che invece erano già stati espressamente previsti per far fronte alle emergenze sanitarie.

Questi nuovi poteri però, al contrario di quelli  previsti in capo al Ministro della Salute dalla normativa precedente, non sono puntualmente disciplinati e presentano limiti talmente ampi e contorni talmente sfumati da richiedere continue modifiche, rettifiche e cambiamenti che di volta in volta vengono adottati con vari strumenti (DPCM e Decreti Legge) andando ad aggiungere ulteriore confusione ad un quadro normativo già di per sé caotico, proprio perché creato ignorando volutamente i poteri già esistenti in materia di emergenze sanitarie.

Qualche correzione è intervenuta a dare un po’ di chiarezza (si pensi al D.L. 9/2020 che ha finalmente posto un limite all’adozione di ordinanze contingibili e urgenti da parte dei sindaci) ma tali interventi se da un lato hanno fatto maggiore luce su alcuni aspetti, dall’altro hanno contribuito ad aumentare il disordine e hanno reso ancora più difficile per il cittadino capire quale condotta adottare per tenersi al riparo dalle possibili sanzioni. 

Guardando ai recenti impieghi dei poteri di ordinanza (in particolare, quelli del Ministro della Salute) il problema sembra porsi in termini di “sufficienza” dello strumento.

La risposta fornita dal Governo a tale problema è stata di carattere negativo: di disciplinare nuovamente le situazioni già prese in considerazione dalle varie ordinanze e, grazie alla creazione di un parallelo sistema di normazione, si è ridotto quasi a zero l’ambito di operatività dei poteri preesistenti.

La farraginosità dell’nuovo impianto viene poi ulteriormente aumentata da un fenomeno di “sopravvivenza” più o meno definita delle Ordinanze del Ministro della Salute.

I contenuti di queste non sempre vengono riprodotti all’interno dei vari atti di volta in volta adottati (e quando il loro contenuto viene riprodotto tale operazione viene svolta in maniera rapsodica) ma si nota invece una scelta da parte di tali atti di sancire la vigenza (a volte provvisoria) delle statuizioni delle ordinanze.

In tal modo però si rischia di sovrapporre due norme che disciplinano in maniera più o meno coerente (molto spesso, meno) la stessa situazione, aumentando quindi le difficoltà per il singolo cittadino che, nel capire concretamente quali siano le limitazioni che gli vengono imposte, si troverà di fronte ad una riproduzione parziale (e non troppo accurata) accompagnata da una dichiarazione di vigenza delle precedenti ordinanze.

Questo nuovo assetto ha finito per soppiantare completamente quello precedente, tanto che l’ultima ordinanza del Ministro della Salute risale al 3 Aprile e da allora il ministero ha continuato a  regolamentare la situazione con strumenti “minori” (comunicati e note).

La ragione di queste scelte potrebbe forse ritrovarsi nella volontà del Governo e del Presidente del Consiglio di utilizzare strumenti più “istituzionali” agli occhi dei cittadini, che possano in qualche modo assicurare una funzione di maggiore coordinamento e dare un senso di unità nella situazione di emergenza. Il risultato però finisce per essere esattamente opposto a quello sperato ed ad oggi questo sistema parallelo rischia di apportare più danni che benefici e di aggravare una situazione di per sé già fortemente conflittuale.

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