Lab-IP

NEMO TENETUR SE DETEGERE E ATTIVITA’ DI VIGILANZA: VERSO IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO A NON AUTO-INCRIMINARSI?

photo of an old movie projector

Roberto Macchia

11/12/2019

Si può obbligare il soggetto destinatario di un accertamento da parte della Consob a sottoporsi ad audizione personale davanti all’authority che lo accusa?

Questa domanda è alla base del rinvio disposto recentemente dalla Corte Costituzionale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea relativamente al tema del rapporto tra i poteri di accertamento e di indagine delle autorità di vigilanza, da un lato, e del principio di derivazione penale nemo tenetur se detegere, dall’altro.

Per comprendere a pieno la questione occorre svolgere alcune considerazioni.

In materia di abusi di mercato alla Consob sono attribuiti rilevanti poteri di detection e di indagine: ai sensi dell’art. 187-octies, co. 1 TUF, infatti, “la Consob è l’autorità nazionale competente ai sensi dell’art. 22 del Regolamento (UE) n. 596/2014, relativo agli abusi di mercato”. In particolare, tale disposizione conferisce all’authority specifici poteri per  condurre gli accertamenti necessari: la Consob può, nei confronti di “chiunque possa essere informato sui fatti”, richiedere informazioni, dati, documenti; può procedere ad audizione personale; può richiedere le registrazioni telefoniche riguardanti gli ordini relativi a specifiche transazioni finanziarie; può procedere ad ispezioni e perquisizioni; può accedere al sistema informativo dell’anagrafe tributaria con le procedure previste per le Pubbliche Amministrazioni. Inoltre, il comma 6 le conferisce il potere, in via cautelare, di ordinare la cessazione – temporanea o permanente – di qualunque comportamento a rischio, e di adottare le misure idonee ad assicurare al pubblico di essere informato riguardo alla correzione di informazioni false precedentemente diffuse.

L’attività di vigilanza e di indagine della Consob è, inoltre, tutelata da uno specifico sistema sanzionatorio. difatti, la mancata ottemperanza alle richieste della Consob (nonché della Banca d’Italia) costituisce, anzitutto, un illecito amministrativo punito con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa, per una persona fisica, tra euro diecimila e cinque milioni (art. 187-quinquiesdecies del d.lgs.58/1998 – T.U.F.). Accanto alla fattispecie amministrativa l’ordinamento contempla, altresì, quella penale, prevedendo, all’art. 2638 c.c. e all’art. 170-bis TUF, il reato di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza.

D’altro canto, tuttavia, anche il diritto a non autoincriminarsi, meglio conosciuto con il brocardo latino nemo tenetur se detegere, trova rilevanti fondamenti sia a livello nazionale che sovranazionale (art. 24, co. 2, Cost., nonché art. 47 CDFUE, art. 6 CEDU e art. 14 PIDCP).

Di conseguenza, un soggetto che sia destinatario dell’attività di vigilanza delle authorities suddette potrebbe trovarsi a dover scegliere tra, da un lato, la necessità di difendersi non auto-incriminandosi, e, dall’altro, quella di ottemperare a richieste delle autorità.

Nel caso portato all’attenzione delle corti un soggetto – sanzionato dalla Consob per aver differito immotivatamente la data dell’audizione in fase di indagini su un caso di abuso di mercato – ha proposto ricorso, dapprima alla Corte d’Appello e successivamente dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando l’illegittimità costituzionale dell’art. 187-quinquiesdecies TUF per contrasto con gli artt. 3, 24, 111, 117 Cost., nonché con l’art. 6 CEDU.

Il ricorrente ha, in primo luogo, ritenuto che la norma in esame sia illegittima in quanto, per la sua formulazione, non consentirebbe di escludere dall’ambito di operatività della fattispecie il soggetto che non ottemperi alle richieste dell’Autorità aventi ad oggetto condotte di abuso di mercato allo stesso contestate nell’ambito di un procedimento amministrativo. In secondo luogo, l’illegittimità discenderebbe dal contrasto con il diritto ad un equo processo e all’effettivo esercizio del diritto di difesa, diritti che si estrinsecano a loro volta nel diritto al silenzio e nel diritto a non autoincriminarsi, a seguito dell’imposizione, al soggetto indagato, di un obbligo di collaborazione. 

Tali diritti sarebbero, ad avviso del ricorrente, applicabili anche alla fase che precede l’avvio formale di un procedimento sanzionatorio.

La Suprema Corte, ritenendo rilevante la questione, ha sollevato d’ufficio la questione di legittimità costituzionale in relazione ad ulteriori parametri, quali l’art. 117 Cost. in relazione all’art. 14 PIDCP e agli artt. 11 e 117 Cost. in relazione all’art 47 CDFUE. 

La non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente viene argomentata richiamando tanto principi nazionali quanto sovranazionali.

Per quanto attiene al diritto di difesa (artt. 24 e 111 Cost.) la Cassazione evidenzia come “il diritto di non collaborare alla propria incolpazione deve ritenersi un corollario del diritto di difesa” e sottolinea la portata dell’art 187-quinquiesdecies TUF, che sanziona chi non adempie agli obblighi di collaborare con la Consob all’esercizio delle proprie funzioni di vigilanza. La Corte reputa, inoltre, estensibile all’attività della Consob la garanzia di cui all’art. 24 Cost. per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo il possibile pregiudizio che la collaborazione con la Consob può recare all’interessato in un possibile parallelo procedimento penale; in secondo luogo, la natura sostanzialmente penale delle sanzioni comminate per l’illecito ex art. 187-bis TUF.

L’eventuale accertamento delle violazioni commesse in materia di abuso di informazioni privilegiate da parte della Consob è infatti “potenzialmente prodromico all’instaurazione di un procedimento penale per il delitto di cui all’art. 184 TUF”, dal momento che l’art. 187-decies TUF impone all’Autorità di trasmettere al pubblico ministero la documentazione raccolta, nel caso in cui dovesse risultare qualche elemento da cui è possibile desumere l’esistenza di un reato. Considerato inoltre il sottile limite che divide le fattispecie di illecito amministrativo (art. 187-bis TUF) ed illecito penale (art. 184 TUF), il procedimento davanti alla Consob spesso può essere considerato come fisiologicamente preposto all’instaurazione di un procedimento penale. La natura sostanzialmente penale delle sanzioni comminate per l’illecito di cui all’art. 187-bis TUF richiede poi di estendere le garanzie riconosciute in sede penale anche in tale procedimento, così da tutelare, già ex ante, la posizione del soggetto indagato dall’Autorità: tale soluzione sembra essere tra l’altro in linea con la disposizione dettata dall’art. 220 disp. att. c.p.p. laddove prevede che “quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”.  

Con riferimento alla garanzia del giusto processo (art. 111 Cost.), la Cassazione rileva un possibile contrasto con il principio della parità delle parti, con il quale si ritiene incompatibile il dovere del soggetto sottoposto ad accertamento di collaborare con la Consob; la stessa considerazione può essere mossa nella prospettiva convenzionale del diritto all’equo processo (art. 6 CEDU). 

Le questioni di legittimità sollevate d’ufficio dalla Corte attengono agli artt. 11 e 117 Cost., in relazione agli artt. 14, co.3, lett. G) PIDCP e 47 CDFUE.

L’art. 14 PIDCP afferma il principio “nemo tenetur se detegere” – riconoscendo quindi in capo ad ogni individuo accusato di un reato il diritto a non essere costretto a deporre contro sé stesso o a confessarsi colpevole – del quale la Corte afferma una possibile estensione analogica.

Infine, l’ultimo profilo di contrasto riguarda gli artt. 11 e 117 Cost. in relazione all’art. 47 CDFUE, che riconoscerebbe il diritto a non autoincriminarsi. La Corte evidenzia la rilevanza comunitaria della questione, sottolineando come la portata comunitaria del principio “nemo tenetur se detegere” non risulti facilmente compatibile con quelle disposizioni che impongono agli Stati Membri di attribuire alle autorità di vigilanza che operano nel settore degli abusi di mercato poteri e strumenti idonei a garantire l’efficacia della loro azione (ci si riferisce in particolar modo all’art 14, comma 3, dir. 2003/6/CE che prevede “sanzioni da applicare per l’omessa collaborazione alle indagini” da parte delle autorità stesse).

Nel caso in esame la Corte intravede un’ipotesi di “c.d. doppia pregiudizialità”, dal momento che l’art. 187-quinquiesdecies TUF è oggetto di dubbi di legittimità costituzionale sia in riferimento a diritti costituzionalmente garantiti sia in riferimento a diritti garantiti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE. Per la Corte sono dunque possibili due percorsi alternativi: disapplicare la disposizione in contrasto con il diritto UE, previo un eventuale rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, per assicurarsi della correttezza della disapplicazione del diritto nazionale; o sollevare questione di legittimità costituzionale[.

La Corte costituzionale ha sospeso il proprio giudizio e ha promosso, con ordinanza n. 117/2019, un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE, relativamente al tema delle sanzioni amministrative aventi natura penale e della rilevanza, nel procedimento per la loro applicazione, del principio “nemo tenetur se detegere”. In particolare, i giudici costituzionali hanno chiesto alla Corte di Lussemburgo di chiarire se le disposizioni di cui all’art. 14, par.3, dir. 2003/6/CE e all’art. 30, par. 1, lett. B), reg. UE n. 596/2014 possano essere interpretate nel senso che consentono allo Stato Membro di non sanzionare chi si rifiuti di rispondere a domande dell’autorità competente dalle quali possa emergere la sua responsabilità per un illecito punito con sanzioni penali o con sanzioni amministrative di natura “punitiva”. Inoltre, per il caso di risposta negativa, la Corte costituzionale ha posto la questione di validità di quelle stesse disposizioni europee per contrasto con gli artt. 47 e 48 CDFUE.

La Corte di Giustizia dovrà quindi chiarire se il diritto a non autoincriminarsi valga anche davanti alla Consob per gli illeciti di sua competenza, e dunque se per il diritto comunitario chi è sospettato di aver posto in essere una condotta di market abuse abbia il diritto di non rispondere alle domande della Consob nell’ambito della sua attività di vigilanza sui mercati finanziari.

Questo rinvio si inserisce in quel “filone” giurisprudenziale – che ha preso avvio con il noto caso Grande Stevens – volto ad estendere il più possibile le garanzie tipiche del processo penale ai procedimenti amministrativi sanzionatori dinanzi alle Autorità di Vigilanza, in particolar modo quando gli stessi siano preordinati all’applicazione di sanzioni aventi una c.d. coloration penale.


[1] A tal proposito, assume particolare rilevanza la sentenza della Corte Costituzionale 269/2017, che ha affermato come la stessa Corte di Giustizia abbia ammesso, in caso di situazioni di doppia pregiudizialità, la possibilità di adire la Corte costituzionale nazionale, purché venga garantita ai giudici ordinari la possibilità di sottoporre alla Corte di Giustizia qualunque questione pregiudiziale a loro giudizio necessaria, e la libertà di disapplicare la disposizione legislativa che abbia pure superato il vaglio di costituzionalità, nel caso in cui la ritengano, per altre ragioni, contraria al diritto dell’UE. In linea con questi orientamenti la Corte ha ritenuto che “laddove una legge sia oggetto di dubbi di legittimità tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE in ambito di rilevanza comunitaria, debba essere sollevata questione di legittimità costituzionale, fatto salvo il ricorso al rinvio pregiudiziale per la questione di interpretazione o di invalidità del diritto dell’Unione, ai sensi dell’art. 267 TFUE” (Corte Costituzionale 269/2017).

FacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmailFacebooktwitterredditpinterestlinkedintumblrmail