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Piani Nazionali di Assegnazione (Pna) e disomogeneità del sistema: un cambio di strategia a partire dal 2013

di Fatima Maria Pizzati

16/10/16

Ispirato al meccanismo enunciato per la prima volta dall’art 17 del Protocollo di Kyoto, l’European Union Emission Trading Scheme (EU ETS) si basa sul meccanismo di cap&trade attraverso cui il sistema comunitario impone un tetto massimo di emissioni di biossido di carbonio. La Direttiva 2003/87/CE ha posti in capo ai singoli Stati Membri il compito di determinare i caps tramite il c.d Piano Nazionale di Assegnazione (Pna) nel quale sono indicate le aziende sottoposte all’ETS e il quantitativo di quote a ciascuna assegnato per il periodo di riferimento. Nella redazione del Pna gli Stati Membri sono tenuti a seguire le indicazioni riportate nell’Allegato III (art 9) della Direttiva, notificandolo alla Commissione Europea almeno 18 mesi prima dell’inizio del successivo periodo di riferimento. La necessità di conoscere il Pna con largo anticipo rispetto alla sua entrata in vigore risponde all’esigenza, avvertita preminentemente dalle imprese, di consapevolezza del quantitativo di quote loro assegnate in modo da valutare le strategie aziendali da attuare (investire in nuove tecnologie oppure sopportare il costo di ulteriori quote sul mercato). Nei tre mesi successivi alla presentazione del Pna la Commissione potrà decidere di approvare il piano o rinviarlo allo Stato Membro con osservazioni e sottolineando la necessità di apportare modifiche. Solo con l’approvazione definitiva della Commissione il Pna diventa efficace e vincolante per gli Stati Membri i quali possono procedere all’assegnazione delle quote ai singoli impianti nei limiti del tetto fissato per ciascuno di essi dal Pna stesso. L’assegnazione avviene su base annuale e, in particolare, la Direttiva stabilisce che, per il primo periodo di riferimento, almeno il 95% delle quote sia assegnato a titolo gratuito con la previsione che la percentuale scenda al 90% a partire dal 2008. Inoltre, l’assegnazione delle quote potrà avvenire con il ricorso al metodo dell’asta dal 2013 sebbene questo metodo sia già stato usato prima di questa data da alcuni Stati membri come Danimarca, Slovenia, Gran Bretagna, Lituania e Irlanda. Le quote vengono contabilizzate su registri istituiti da ogni Stato Membro e collegati telematicamente al Community Indipendent Transaction Log (CITL), registro centrale su cui sono aperti i conti delle parti ( i conti deposito di ogni paese) mentre sui registri nazionali vi sono i conti deposito dei singoli gestori. Sia  i  singoli  registri  nazionali  che quello  centrale  sono  gestiti  da  un proprio amministratore cui spetta effettuare le operazioni di deposito delle quote entro il 28 febbraio di  ciascun  anno. L’assegnazione avviene  secondo  un  meccanismo  a  cascata:  dal  registro  europeo centrale  a  quello  dei singoli  Stati  membri  per  poi  arrivare  sui  conti  di  ciascun  impianto. Nello specifico, l’amministratore del Citl una volta approvato il Pna riceve una  comunicazione  della Commissione contente il numero delle quote da registrare. L’amministratore del Registro Nazionale trasferisce, poi, le  quote sui  conti  deposito  dei  gestori secondo  i  quantitativi  assegnati  a  ciascun  impianto  dal  proprio  Pna. Entro  il  28  febbraio  di  ogni  anno,  dunque,  ciascun  impianto  vede registrato sul proprio conto deposito del gestore il numero di quote assegnate. Il sistema di gestione delle quote è improntato ad una forte flessibilità; le quote di emissione non devono,  infatti,  corrispondere  in  tempo  reale  alle  emissioni  effettivamente  avvenute:  solo  a  fine anno scatta  l’obbligo  di  consegna  all’amministrazione  di  quote  pari  ai  quantitativi  effettivamente emessi,  per  cui,  solo  a  tale  data,  si  procederà  ad  una  valutazione  circa  l’equivalenza  tra  quote  di emissione riconsegnate all’amministrazione e emissioni effettivamente rilasciate.

Il sistema dei Piani Nazionali di Assegnazione delineato nella Direttiva 2003/97/CE ha subito un profondo mutamento in seguito alla Direttiva ET 2009/29/29. Il legislatore comunitario è intervenuto guidato dall’obiettivo prioritario di rafforzare, estendere e migliorare il funzionamento di scambio di quote di emissione in modo da garantire stabilità, prevedibilità e accrescere la fiducia degli operatori nel sistema. Al cospetto di tali rinnovate esigenze, accanto ad altre modifiche, la Direttiva ha determinato l’eliminazione dei Piani Nazionali di Assegnazione da parte degli Stati Membri e ha stabilito che, a partire dal Primo Gennaio 2013, il quantitativo massimo di quote di emissione venga fissato dalla Commissione Europea con una riduzione progressima del cap comunitario dell’1,74% all’anno al fine di rendere possibile una riduzione delle emissioni complessive del 21% entro il 2020. La sostituzione dei tetti nazionali con un unico cap comunitario è stata seguita dalla centralizzazione della contabilizzazione delle quote che, a partire dal terzo periodo, vengono annotate in un registro comunitario e non più all’interno dei registri nazionali.

L’eliminazione dei Piani Nazionali di Assegnazione rappresente il risultato di una serie di complessità che hanno trovato terreno fertile nelle numerose disomogeneità delle regole di assegnazione e nelle disparità di trattamento che hanno permesso ad alcuni Stati Membri di favorire le proprie industrie.

In prima battuta, si può notare come già i primi elementi di criticità del sistema siano emersi a causa dell’adozione con ritardo del Pna per il quinquiennio 2008-2012 da parte di  Stati Membri quali Repubblica Ceca, Danimarca, Italia, Austria, Ungheria, Spagna e Portogallo, successivamente destinatari della procedura di infrazione ad opera della Commissione europea.

Tuttavia, l’inidoneità del Piano Nazionale di Assegnazione al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni che l’Unione Europea si pone risulta consacrata da un’ampia giurisprudenza all’interno della quale emergono i numerosi contrasti tra Stati Membri e Commissione europea così come tra le imprese operanti in diversi settori interessati dal Pna. E’ importante evidenziare come, prima della Direttiva del 2009, la Commissione può solo controllare e verificare l’applicazione corretta dei criteri indicati nell’allegato III della Direttiva ETS circa la corretta adozione del Piano da parte degli Stati Membri per cui essa non ha il potere di stabilire il quantitativo complessivo delle quote stesse senza curarsi dei Piani Nazionali di Assegnazione elaborati dagli Stati. Non sorprende come questa sia la motivazione utilizzata dalla Bulgaria allo scopo di accusare la Commissione di aver travalicato i poteri conferitigli dalla Direttiva ETS. Nel caso di specie, la Commissione ha sostituito il metodo utilizzato dalla Bulgaria per l’elaborazione del proprio Pna, nonostante la sua conformità ai criteri indicati nell’allegato III, con un metodo differente e non conforme alla valutazione economica bulgara.

Inoltre, si rintracciano non pochi casi in cui a essere lesi sono i criteri individuati all’interno dell’Allegato III per la redazione dei Pna come, ad esempio, la necessità di garantire la parità di trattamento dei nuovi entrati senza determinare la creazione di categorie particolari e, soprattutto, la garanzia del piano di non operare discriminazioni tra imprese e settori per favorire indebitamente talute imprese o attività di cui più società francesi del settore siderurgico e dell’alluminio hanno lamentato la lesione.

A causa dello scarso livello di omogeneità tra i paesi membri e i trattamenti preferenziali accordati discrezionalmente da ciascuno Stato ai propri operatori industriali dal 2013, con l’avvio della terza fase dell’EU ETS, i PNA sono stati sostituiti dalla cosiddette Misure Nazionali di Attuazione (National Implementing Measures – NIMs) che, sulla base di un tetto alle emissioni predefinito a livello europeo e a criteri armonizzati di assegnazione delle quote basati su parametri di riferimento (benchmark), determinano il quantitativo di quote da assegnare a titolo gratuito a ciascun operatore nell’Unione europea. Le NIMs sono preparate dalle Autorità nazionali competenti dei singoli Stati membri con riferimento agli impianti sul proprio territorio, ma in base a regole armonizzate a livello europeo e a parametri di riferimento di emissioni per tonnellate di prodotto orientati all’efficienza.

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