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“Prevenire è meglio che curare” entra in vigore il nuovo codice della protezione civile

EMMA MUSCO

 

13/04/2018

 

Il D.lgs. 2 gennaio 2018 n.1, attuativo della Legge Delega 30/2017, introduce il nuovo Codice della Protezione Civile. Il testo, entrato in vigore il 6 febbraio, ha un obiettivo molto chiaro: rafforzare e semplificare un sistema considerato un’eccellenza anche all’estero e migliorarne la catena di comando e controllo in caso d’emergenza.

Il corpus normativo di riforma, composto da 50 articoli, sostituisce così la vecchia legge del ’92 di istituzione della PC più volte novellata, ponendo l’accento, in particolar modo, sulla previsione, prevenzionee mitigazione dei rischi, nonché sulla pianificazione e gestione delle emergenze e al loro superamento.

 

Il provvedimento è frutto di un percorso di elaborazione e condivisione condotto con impegno insieme alle Regioni, ai Comuni, alle Province e alle Amministrazioni centrali che operano nel Servizio nazionale della protezione civile, arricchito dai contributi delle Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato. Quest’ultimo, a seguito richiesta della Presidenza del Consiglio, ha espresso un parere preventivo favorevole sullo schema di decreto legislativo esprimendo, al contempo, numerose osservazioni,di cui alcune meritano di essere analizzate.  Tra queste, però, poche hanno trovato seguito in sede di riesame ed approvazione del decreto definitivo da parte del governo, come si evince dal confronto tra lo stesso decreto e il parere.

 

Il testo originario dello schema di decreto in esame, disponeva il “raccordo” tra il Prefetto e il Presidente della giunta regionale; all’esito della conferenza unificata, è stata prevista, invece, “l’intesa”.
I giudici di palazzo Spada– pur consapevoli della delicatezza dei rapporti con le autorità regionali – esprimono la loro contrarietà sull’obbligo di raggiungere in ogni caso, “nell’immediatezza dell’evento” una “intesa con il Presidente della giunta regionale” per poter “assumere … la direzione unitaria di tutti i servizi di emergenza da attivare a livello provinciale”. Infatti, nell’immediatezza dell’evento, l’interesse pubblico primario da perseguire è quello della tempestività e dell’efficacia dell’intervento che implica una assoluta celerità delle decisioni e, pertanto, una “linea di comando” chiara e univoca, che consenta di assumere, comunque, anche in assenza di “intesa”, scelte tempestive. Fra l’altro, il testo proposto dalla Conferenza unificata non chiarisce le modalità con cui l’“intesa” possa essere raggiunta e documentata in tempi brevissimi imposti dalle emergenze; né cosa accada in caso di impossibilità, per qualsiasi ragione, di pervenire all’intesa stessa. Tale incertezza normativa rischia di condurre ad incertezze operative inammissibili di fronte ad eventi gravi come quelli oggetto della normativa in esame.
Ad avviso della Sezione, quindi, è necessario ripristinare il testo originario dello schema del decreto.

 

È bene ricordare che il Consiglio dei Ministri ha recepito questo parere andando così a modificare lo schema approvato dalla Conferenza all’art. 9 lett. b) del decreto definitivo. Infatti, possiamo constatare che, il Prefetto “assume, nell’immediatezza dell’evento in raccordo con il Presidente della giunta regionale e coordinandosi con la struttura regionale di protezione civile, la direzione unitaria di tutti i servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, curando l’attuazione del piano provinciale di protezione civile, redatto in conformità agli articoli 11, comma 1, lettera b) e 18, coordinandoli con gli interventi messi in atto dai comuni interessati, sulla base del relativo piano di protezione civile, anche al fine di garantire l’immediata attivazione degli interventi di primo soccorso alla popolazione”.

 

La Sezione, inoltre, ritiene che sia necessario un monitoraggio apposito di quanto fatto e quanto programmato in materia di prevenzione, introducendo una disposizione ad hoc (un possibile art. 22bis) per rendere effettivi e verificare, ex post, i risultati dell’attività di prevenzione, anche (e soprattutto) con riferimento all’attività di pianificazione di cui all’art. 18.
Solo così- sottolinea- si diminuirà il rischio di trovarsi di fronte a “sciagure che potevano essere evitate”. Di tale attività, pure disciplinata dal Capo III del decreto legislativo in oggetto, il testo si limita a prevedere un generico monitoraggio che dovrebbe essere disciplinato da una “direttiva da adottarsi ai sensi dell’articolo 15”. Tale rinvio ad un emanando provvedimento amministrativo non sembra assicurare una piena attuazione di queste fondamentali misure, per cui si raccomanda di introdurre qualche previsione già nel testo in esame, con un articolo ad hoc relativo non soltanto all’attività di pianificazione (che pure è di primaria importanza) ma a tutta l’attività di previsione e prevenzione di cui al Capo III.  Di tutto questo, tuttavia, non si trova riscontro nel decreto definitivo.

 

L’art. 24, comma 3, del decreto in vigore, prevede che la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non possa superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi.
Per il Consiglio di Stato, tali tempistiche apparivano eccessive: lo stesso, quindi, ha suggerito di rimodulare i tempi, riducendo l’estensione della possibile proroga a non più di sei mesi e prevedendo la necessità di una dettagliata motivazione sulle ragioni che hanno reso necessaria la proroga anche per evidenziare eventuali responsabilità come si evince, tuttavia, dal testo del decreto, tali suggerimenti non hanno avuto seguito.

Le novità introdotte dal Codice sono dunque molte e consistenti.  Ad esempio, il Dipartimento non potrà più organizzare grandi eventi, ma solo “assicurare il supporto limitatamente ad aspetti di natura organizzativa e di assistenza alla popolazione” (art. 16).

 

Un’altra novità importante è la “dichiarazione dello stato di mobilitazione generale ” introdotta con l’articolo 23. Il sistema potrà infatti operare, senza la dichiarazione dello stato d’emergenza, sia in previsione dell’evento – supportando le autorità locali – sia nell’immediatezza del fatto, riducendo così l’impatto dei fenomeni sul territorio.

Non sarà più necessario, quindi, avere una stima dei danni per la dichiarazione, stabilendo così un primo stanziamento che consente di intervenire nell’immediato e successivamente procedere alla conta analitica dei danni.

 

Due punti fondamentali sono poi stati inseriti all’articolo 28. Il primo prevede “l’esclusione” da qualsiasi misura “volta a superare lo stato di emergenza” per tutti quegli “edifici abusivi danneggiati o distrutti” da terremoti, alluvioni o calamità naturali. Mentre, il secondo, è un chiaro incentivo ai cittadini, affinché assicurino contro le calamità le proprie attività produttive e le proprie abitazioni.

Chi sarà munito di assicurazione, infatti, avrà diritto al rimborso della differenza tra l’indennizzo assicurativo e il reale valore del bene, e di “un’ulteriore somma pari ai premi assicurativi versati” nei cinque anni precedenti”. Un’ulteriore innovazione riguarda anche il coinvolgimento della cittadinanza: si prevede, infatti, la partecipazione dei cittadini, in forma singola o associata, al processo di elaborazione della pianificazione di protezione civile, in correlazione alle esigenze di diffusione della conoscenza di tali strumenti e della relativa informazione. Di conseguenza, il decreto regolamenta le attività di volontariato organizzato, definendo in maniera chiara i gruppi comunali di protezione civile e introducendo la responsabilità del cittadino rispetto alle indicazioni date dalle autorità di protezione civile ai diversi livelli.

 

Le novità sono molte ma hanno tutte lo stesso minimo comun denominatore: la previsione e la prevenzione.

Come è noto, in passato si è spesso preferito rincorrere l’emergenza piuttosto che evitarla.  E, se sulla base delle conoscenze attuali circa le modalità di generazione dei terremoti, ancora oggi, non è possibile fare predizioni, la tempestività e l’efficacia dell’intervento risultano essere strumenti di fondamentale importanza.

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