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Project Financing: un’opportunità colta solo parzialmente

 

 

Il project financing (finanza di progetto) è uno strumento finanziario introdotto nel nostro ordinamento con la legge Merloni-ter del 1998 al fine di consentire e favorire la partecipazione di investitori privati nella realizzazione di un’opera o di un servizio pubblico: presuppone un finanziamento a lungo termine, tramite l’impiego di capitali privati, concepito per realizzare le infrastrutture necessarie per la collettività, anche in periodi in cui la Pubblica Amministrazione non dispone delle risorse sufficienti per affrontare l’investimento.

In particolare, la finanza di progetto prevede la concessione di un finanziamento in favore di un operatore economico privato, il quale, dopo aver curato la progettazione di una determinata iniziativa, avrà il compito di realizzare e gestire la stessa al fine di ottenere un cash flow in grado di recuperare perlomeno l’investimento sostenuto. Il project financing potrebbe, pertanto, rivelarsi estremamente utile in una situazione macroeconomica come quella italiana nella quale è sempre più arduo dar vita a nuove infrastrutture interamente finanziate dal settore pubblico e, allo stesso tempo, creando le opere pubbliche necessarie alla comunità e generando nuove opportunità per le imprese domestiche, anche in termini occupazionali, potrebbe rappresentare uno strumento idoneo per permettere al nostro paese di risollevarsi dalla crisi congiunturale che ne ha frenato l’economia nell’ultimo decennio.

Sebbene per conseguire tale obiettivo e per valutarne gli effettivi benefici occorrano tempi piuttosto lunghi, già dalle prime analisi effettuate negli anni successivi alla sua introduzione, è emerso che il project financing in Italia non ha, tuttavia, registrato lo stessa diffusione raggiunta dagli altri paesi, nonostante lo strumento in sé abbia tutte le potenzialità per comportarne i medesimi risultati. La normativa italiana sulla finanza di progetto, anche a fronte delle molteplici riforme intervenute in materia tese a semplificarne il ricorso, infatti, non ha nulla da invidiare alla normativa europea. Tale istituto, però, concepito prevalentemente per consentire la realizzazione di grandi opere, se all’estero è di fatto impiegato in tale prospettiva, in Italia viene sfruttato per lo più per eseguire progetti di modeste dimensioni che potrebbero, a ben vedere, essere realizzati anche con forme di finanziamento tradizionali.

Volendo ricercare un’ulteriore causa che ha contribuito a determinare il differente successo dell’istituto nell’ambito nazionale rispetto al più ampio scenario europeo, risulta necessario sottolineare la differente propensione delle banche nella concessione dei finanziamenti. Difatti, se all’estero queste erogano più facilmente finanziamenti ai privati, incentivando così l’utilizzo della finanza di progetto, in Italia, al contrario, sono piuttosto refrattarie a partecipare a questa tipologia di iniziative: di norma le banche italiane concedono finanziamenti prettamente sulla base di garanzie reali con la conseguente sicurezza di potersi rifare sul capitale e/o sul patrimonio dei soggetti qualora l’iniziativa dovesse fallire. In un’ottica come quella sottesa al project financing, invece, in cui il finanziamento avviene nei confronti di un’infrastruttura ancora non esistente e in cui vi è una netta separazione giuridica ed economica tra il patrimonio del soggetto privato e quello della società di progetto che gestisce l’investimento (separazione garantita dal c.d. principio del ring fence), le banche non risultano incentivate a finanziare un’attività i cui ritorni economici si realizzerebbero solamente nel medio-lungo termine. Considerata, inoltre, l’assoluta centralità che le stesse rivestono all’interno della procedura, nonché il notevole impatto che hanno sulle sorti dei progetti, oltre a non aver incoraggiato il ricorso a tale istituto, ne hanno di fatto decretato una diffusione del tutto marginale al cospetto delle principali nazioni europee.

In realtà, nonostante la differenza culturale poc’anzi menzionata, anche in Italia nel corso degli ultimi anni si è registrata una notevole crescita del mercato del Partenariato Pubblico Privato. Tale incremento ha di fatto mascherato la reale situazione: per quanto sulla base dei dati che annualmente diffonde l’Ance sia possibile sottolineare una propensione della Pubblica Amministrazione a ricorrere a tali strumenti, documentata da un aumento della pubblicazione dei bandi di gara, emerge, altresì, che la percentuale delle procedure che giungono all’aggiudicazione e di quelle che arrivano al closing finanziario è notevolmente inferiore. Il ricorso a tali strumenti alternativi, pertanto, a causa delle grandi difficoltà riscontrate è rimasto per lo più un elenco di buone intenzioni che non ha trovato una concreta attuazione.

La mancata aggiudicazione e il relativo insuccesso dell’operazione, generalmente possono discendere dalla pubblicazione di bandi di gara che, di frequente, risultano lacunosi e, di conseguenza, inadatti a scongiurare incertezze e rischi di contenzioso, i quali, la maggior parte delle volte derivano proprio da clausole contrattuali non definite chiaramente. In tale ottica, nel tentativo di ridurre i casi di contenzioso che si verificano per un’errata definizione delle condizioni contrattuali e dei rischi connessi al progetto, il gruppo di lavoro sulla standardizzazione dei contratti nelle operazioni di Partenariato Pubblico Privato, promosso e coordinato dall’Ance, ha predisposto delle linee guida per offrire a tutti i soggetti coinvolti in un’operazione di project financing una schematizzazione degli elementi principali che il contratto deve, necessariamente, contenere per facilitare la redazione delle convenzioni.

Le motivazioni che possono comportare il fallimento di un’operazione da realizzarsi con lo strumento della finanza di progetto non si esauriscono in quelle sinora citate: sovente, i tempi intercorrenti tra la fase iniziale della programmazione e la successiva aggiudicazione, possono diminuire considerevolmente gli incentivi a partecipare alle gare e, in aggiunta, anche nel caso in cui tale interesse non dovesse venir meno, difficoltà di finanziamento o un ridimensionamento del cash flow inizialmente ipotizzato possono, allo stesso modo, determinare l’insuccesso dell’operazione. È necessario sottolineare, infatti, come il punto focale di ogni operazione di finanza di progetto risieda proprio nel conseguimento di flussi di cassa adeguati in grado di consentire il recupero dei finanziamenti erogati e la remunerazione degli investitori coinvolti nella realizzazione e gestione dell’iniziativa.

In molti casi, infine, l’insuccesso dell’iniziativa deriva da azioni od omissioni della stessa amministrazione. La pubblica amministrazione, infatti, non dispone sempre delle competenze necessarie per avvalersi di tale strumento in modo efficiente: manca una preparazione generale, una formazione nei confronti delle esperienze di Partenariato Pubblico Privato che, di conseguenza, la portano a organizzare dei programmi poco attendibili, spesso carenti di sostenibilità economico-finanziaria e che, pertanto, la rendono incapace di gestire al meglio tutto il procedimento connesso alla realizzazione dell’iniziativa. Ad esempio, spesso accade che la procedura sia attivata dall’amministrazione nonostante l’esistenza di condizioni sospensive, quali la necessità di ottenere delle autorizzazioni o delle procedure ablatorie che non dipendono dall’amministrazione concedente. Altrettanto frequenti sono i casi in cui la pubblica amministrazione procede con l’iniziativa nonostante la consapevolezza o dell’impossibilità di sostenere il finanziamento o dell’eventualità che si verifichi un impedimento nel procedimento di aggiudicazione: qualora dovesse verificarsi una di queste cause ostative, infatti, se inevitabilmente l’iniziativa si dovesse arenare, la responsabilità principale andrà ricercata nel difetto di programmazione da parte della Pubblica Amministrazione che ha preferito attivarsi ugualmente, indicendo la gara, senza considerare che, già dall’inizio, il progetto aveva poche chances di arrivare a conclusione.

In primo luogo, pertanto, risulta evidente che l’impiego e, conseguentemente, lo sviluppo della finanza di progetto non ha avuto nel nostro paese l’incremento desiderato e, in secondo luogo, che le cause che ne hanno determinato e continuano a frenarne la diffusione sono molteplici e di varia natura. Tuttavia, coscienti delle potenzialità insite nell’istituto stesso, si auspica che in futuro le sorti di questo strumento possano invece mutare contribuendo, in tal modo, alla ripresa del nostro paese e favorendo, peraltro, quella crescita e quel processo di modernizzazione ormai indispensabile per eguagliare i livelli infrastrutturali raggiunti dagli altri paesi dell’Unione Europea. Se il rischio dei vari contenziosi che si possono instaurare a causa di contratti lacunosi e inadeguati può essere ridotto tramite la standardizzazione dei contratti, un altro punto di partenza potrebbe, tra l’altro, consistere proprio in un’attenta formazione della Pubblica Amministrazione, soggetto dal quale, la maggior parte delle volte, dipendono le sorti delle iniziative.

 

Michela Sabatini

 

 

 

Riferimenti essenziali

 

Ance, Il mercato del project financing in Italia, dicembre 2013.

Ance, Il project financing in Italia: l’indagine Ance sulla realizzazione delle opere, EDILSTAMPA S.r.l., Roma, Ottobre, 2012.

Cresme Europa Servizi, Dieci anni di partenariato pubblico privato in Italia, 2012.

Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, L’accordo di partenariato pubblico privato 2010-2014-Italia, sezione 1.A.

Sambri S.M., Vol. 3, Project financing: la finanza di progetto per la realizzazione di opere pubbliche, in Trattato di diritto dell’economia, Padova, CEDAM, 2013.

 

 

 

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