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Stadio di Pisa: la variante, che ha bloccato la moschea, rischia di bloccare la ristrutturazione dell’impianto?

Antonio Triglia

26/03/2021

Tra le recenti vicende aventi ad oggetto l’ammodernamento degli stadi è singolare e merita un approfondimento l’iter intrapreso dall’amministrazione comunale di Pisa per la riqualificazione dello Stadio Comunale ed il caso giurisprudenziale che ne è scaturito, che ha visto il coinvolgimento di contrapposti interessi di alto rilievo costituzionale.

Il percorso di ammodernamento dell’Arena Garibaldi-Stadio Romeo Anconetani prende vita dalla proposta di studio di fattibilità, presentata il 30/10/2017 dalla Società DEA Capital, per la riqualificazione e valorizzazione dello stadio di Pisa, secondo quanto previsto dalla normativadell’art.1 co.304 della L. 147/2013;

Nonostante in passato il comune avesse pensato di costruire un nuovo Stadio nela zona denominata Ospedaletto, l’attuale indirizzo prevede la valorizzazione dell’area sulla quale sorge lo storico impianto che ospita gli incontri del Pisa Calcio dall’inizio del XX secolo.

Infatti, l’Arena è stata ritenuta più adatta per accogliere una struttura che, in conformità all’idea dello stadio moderno, dovrà svolgere non solo la canonica funzione sportive, ma avrà anche funzioni commerciali e artistiche, che coinvolgeranno i cittadini (del quartiere e dell’intera città). Lo Stadio sorge a circa 200 m dalla celebre Piazza dei Miracoli e l’idea del Comune è di renderlo facilmente raggiungibile anche con percorsi pedonali.

Inoltre, come accaduto anche a Bergamo con la ristrutturazione dell’ex “Atleti azzurri d’Italia”, all’intervento sullo stadio si accompagnerà un rinnovamento dell’intera area che verrà dotata di servizi, come parcheggi e spazi per il tempo libero, di cui oggi è carente.

Il Progetto presentato dalla Società Dea Capital, dopo un lungo iter approvato in Conferenza Servizi, prevede il trasferimento in capo a un Fondo comune di Investimento Immobiliare, promosso e partecipato dal Comune di Pisa, della proprietà o del diritto di superficie dello Stadio Arena Garibaldi, con contestuale cessione a favore del Comune di quote del Fondo e con necessità di selezionare, tramite procedura a evidenza pubblica, la Società di Gestione del Risparmio, così come previsto dall’art.33 co.2° del D.L. 98/2011 in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare.

Al fine di permettere l’alienazione de qua è stato necessario l’inserimento dello stadio comunale nell’elenco dei beni comunali di cui al “piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari”, effettuato con la delibera del Consiglio Comunale n. 17 del 19/04/2018.

Il nuovo impianto sportivo avrà una capienza di 18.000 posti a sedere tutti al coperto, separati in 4 settori, con mantenimento e riqualificazione della tribuna principale esistente e realizzazione ex novo dell’altra tribuna e delle curve.

Il progetto prevede altresì il rifacimento dell’intera zona su cui sorge l’Arena Garibaldi, per cui l’amministrazione comunale ha dovuto procedere ad una variante sia al Piano Strutturale e sia al Regolamento Urbanistico, i principali documenti con cui si esplica a livello comunale la pianificazione urbanistica nella Regione Toscana (procedure e modalità previste dalla L.R. 65/14).

Proprio quest’ultimo procedimento, avente ad oggetto la modifica dei documenti urbanistici, ha determinato un nuovo contenzioso tra il Comune di Pisa e l’associazione culturale islamica cittadina.

Il Comune di Pisa aveva già provato a modificare la destinazione dell’area di proprietà della Comunità islamica cittadina, che avrebbe dovuto ospitare la futura Moschea, sottraendo la destinazione a edifici di culto e ponendo quella di realizzazione di parcheggi pubblici e a verde pubblico, con conseguente apposizione del vincolo preordinato all’esproprio. Ciò aveva comportato il sorgere di un contenzioso tra le stesse parti e in seguito l’amministrazione aveva interrotto il procedimento.

Successivamente la nuova amministrazione, guidata dal Sindaco leghista Conti, ha inserito, nel contesto della più ampia variante finalizzata alla riqualificazione dello stadio cittadino, la modifica della destinazione d’uso dell’area di proprietà della Comunità islamica di Pisa per la realizzazione della Moschea.

Pertanto, l’associazione culturale Islamica ha proposto ricorso al Tar Toscana per impugnare la delibera del Consiglio Comunale n. 38/2019, con la quale il Comune di Pisa ha adottato la variante al Piano strutturale e contestuale variante al regolamento urbanistico, che prevedeva la soppressione della scheda 10.1 Porta a Lucca Enel con cui all’area di proprietà dell’Associazione culturale islamica era stata impressa la destinazione a parcheggi pubblici e a verde pubblico.

Per cui, come emerge da alcune osservazioni del Tar, l’area della associazione Culturale islamica era stata già precedentemente “presa di mira” dall’amministrazione Pisana, la quale ha “manifestato con atti formali la volontà di impedire la realizzazione della Moschea”, avendo emesso diniego di permesso di costruire l’edificio di culto e avendo già provato in un autonomo e precedente procedimento finalizzato all’adozione di una variante allo strumento urbanistico comunale a modificare la destinazione dell’area in oggetto.

Secondo il Collegio nel caso di specie il Comune non ha legittimamente esercitato la propria potestà di modificare la pianificazione del proprio territorio, poichè il corretto esercizio dell’ampia discrezionalità che in questo contest le è attribuito passa per una comparazione di tutti gli interessi coinvolti, ed invece l’amministrazione Pisana non aveva operato un raffronto tra gli interessi implicati dall’azione amministrativa e un interesse molto particolare, quale quello dell’associazione ricorrente, in quanto espressamente tutelato dall’art. 8 e dall’art. 19 della Costituzione.

Infatti, l’associazione è portatrice dell’interesse alla costruzione di un edificio, che sarebbe l’unico nel Comune di Pisa destinato ad accogliere il culto di quanti pratichino la religione islamica, oggi molto diffusa anche in Italia.

Per cui il Tar ha messo in evidenza come la modifica della destinazione dell’area incidesse eccessivamente sull’aspettativa maturata dall’associazione, che certamente proprio in virtù della previgente disciplina urbanistica che destinava il terreno alla realizzazione di luoghi di culto, ne aveva acquistato la proprietà. Tale aspettativa è qualificata “in termini ben più pregnanti di quanto non sia l’aspettativa del proprietario che intende ottenere il massimo vantaggio patrimoniale dall’utilizzo del suo immobile”, in quanto indirizzata a realizzare un diritto fondamentale dell’individuo espressamente tutelato dalla Costituzione, ma anche dalle richiamate Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dalla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.

Tale circostanza è stata, nel caso di specie, trascurata dalle determinazioni del Comune. Infatti, nonostante siano presenti nel Comune altre aree destinate ad edifici di culto, e quindi l’interesse a edificare un luogo ove praticare pubblicamente e collettivamente la religione musulmana non fosse definitivamente e in assoluto compresso, quest’ultimo veniva comunque ostacolato fortemente, frustrando il percorso avviato dall’associazione culturale con l’acquisto del terreno e con l’avvio del procedimento per ottenere il necessario permesso di costruzione.

Pertanto, la deliberazione del Consiglio impugnata rendeva estremamente difficile la soddisfazione del predetto interesse, e ciò senza che l’amministrazione avesse prodotto lo sforzo di motivare la propria scelta specificamente indicando la presenza di un interesse pubblico prevalente che potesse giustificare le gravi difficoltà provocate agli interessi della Comunità Islamica.

Il Collegio sembra aver seguito quanto affermato recentemente dal Consiglio di Stato, in merito all’obbligo di motivazione delle scelte pianificatori, le quali richiedono una motivazione più o meno ampia, in relazione al fatto che si tratti di previsioni concernenti uno strumento di pianificazione generale ovvero un’area determinata o quando incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative di un soggetto pubblico o private (Consiglio di Stato Sez. IV n. 4707 del 11 ottobre 2017).

Pertanto, la suddetta deliberazione è stata annullata dalla sentenza del Tar del 13 maggio 2020.

Tuttavia, il percorso intrapreso dall’amministrazione Pisana verso la ristrutturazione dello Stadio dovrebbe proseguire senza rallentamenti poiché la Variante adottata, come ha chiarito il Sindaco Conti, dovrebbe restare efficace in tutte le sue parti eccezion fatta per quella relativa all’area della Moschea.

Infatti, l’annullamento potrebbe incidere in parte qua. A dare rassicurazioni in tal senso è la giurisprudenza amministrativa registrata in caso di annullamento dei piani urbanistici, relativamente ai quali in genere si ha la caducazione integrale in caso di vizi procedimentali che si estendono a tutta l’attività amministrativa posta in essere nel procedimento di formazione del piano, mentre, in presenza di vizi di carattere “sostanziale”, non incidendo sul procedimento di formazione del piano, relativi alla pianificazione di una singola area, l’annullamento è soltanto parziale.

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